mercoledì 26 dicembre 2018

Analisi Comparativa: TAT VIENE DALLA TRANSILVANIA - di Ag Apolloni

 (tradotto in italiano da Brunilda Ternova)        

Sulla novella “Grande è la sciagura del peccato” (alb. “E madhe është gjëma e mëkatit”), molti studiosi che hanno scritto al riguardo dopo gli anni novanta hanno cercato a tutti i costi la sua invariante. A questo proposito, tutte le ricerche hanno lasciato a desiderare, visto che a nessuno è venuto in mente di confrontare Tat Tanushi dell’Illiria con il conte Dracula della Transilvania.


AG APOLLONI


La famosa novella conosciuta con il titolo "Grande è la sciagura del peccato" e il sottotitolo "Tat Tanushi di Bubushtima" di Mitrush Kuteli è stata scritta nel 1947, esattamente 100 anni dopo la nascita dello scrittore irlandese Bram Stoker (1847), il quale cinquant’anni prima di Kuteli aveva trattato l’archetipo di Tat Tanushi nel suo romanzo “Dracula” (1897). L’opera di Kuteli è stata pubblicata per la prima volta nel 1993, anno in cui venne proiettato anche il film “Dracula” del regista Francis Ford Coppola, basato sul romanzo di Stoker. La novella di Kuteli fecce clamore nella letteratura albanese mentre il film di Coppola invase le sale cinematografiche mondiali e si aggiudicò diversi premi prestigiosi, tra cui tre premi Oscar.


Nelle ricerche intertestuali che sono state fatte a partire da Plasari, i critici di Kuteli hanno insistito sull’indagine della genesi di Tat Tanushi, cercando di vedere qualcosa nella “Apocalisse di Giovanni”, qualcos’altro nella “Canzone delle Canzoni”, in seguito nella “Genesi”, “Libro di Giobbe”, “Il Vangelo secondo Matteo”, ecc. L’invariante è stata cercata solamente nella Bibbia e, naturalmente, non è sufficiente, in quanto occorreva in primo luogo ricercarla nel folclore romeno, precisamente nel mito del Conte Dracula.

Ciò non significa che l’opera di Kuteli non ha una risonanza biblica, ma che l’eco è molto esplicito e che può essere visto anche da coloro che non sono specialisti di letteratura. L’obiettivo del ricercatore è di trovare quello che non riesce ad essere visto dal lettore comune.

Kuteli ci dà i riferimenti biblici in modo da coprire le proprie tracce, poiché, più che dai frammenti biblici che appaiono come citazioni, egli ha tratto dal mito romeno di Dracula, a prescindere dal  “chiarimento” che ci dà nelle note insistendo sul fatto che questo è un mito albanese "Elaborato dopo aver ascoltato due leggende albanesi sentite a Pogradec”.

Qui non si tratta di  Pogradec! Kuteli fa del suo meglio per non mostrare la fonte e questo suo sforzo di camuffare Dracula, ha confuso i ricercatori – i quali si sono dati da fare dietro la bibbia e il folclore albanese per trovare i legami intertestuali. La madre della novella di Kuteli è Dracula, mentre gli intertesti biblici sono dei torrenti che si inseriscono nel flusso della narrazione. 

Di conseguenza, tutte queste ricerche dell’invariante lasciano molto a desiderare, se si tralascia di prendere in considerazione l’archetipo.


Dracula – diavolo o drago

 È noto che Mitrush Kuteli studiò a Bucarest, in Romania, dove inizio a lavorare alla raccolta del folklore. Oltre agli studi di economia, si interessò in particolar modo al folclore rumeno. La figura più celebre era proprio il conte Dracula, il quale ha anche una realtà storica e proviene dalla Transilvania (parte centrale della Romania).

Il nome ‘Dracula’ deriva dalla fratellanza segreta ‘Ordine del Drago’, fondata da Sigismondo di Lussemburgo (re d’Ungheria, Croazia e Boemia, noto diversamente come il Santo Re della Romania) per sostenere il cristianesimo e per proteggere il re nella lotta contro i turchi ottomani.

Vlad II, padre di Vlad III, nel 1431 si era distinto nella lotta contro i turchi, quindi aveva vinto il titolo di Dracula e come sovrano di Valacchia aveva inciso nella moneta il simbolo del drago. La parola ‘Dracula’ aveva il significato di “Figlio del Drago”, ma Vlad III era così sanguinario che, più tardi, si ipotizzò che il nome di Dracula derivasse dalla parola ‘Diavolo’, etimo che supporta anche Stoker. Così, il Dracula che conosciamo oggi è proprio Vlad III, che durante i sei anni di governo (1456-1462) aveva ucciso e impalato circa quarantamila europei “inutili per l’umanità”, e oltre cento mila musulmani turchi. Omicidi commessi con la motivazione di proteggere la patria, e soprattutto il cristianesimo.

I romeni stentavano a credere alla sua morte, perché credevano che un uomo malvagio non potesse  morire. Quindi, è da qui che abbiamo il mito di Dracula. Troviamo, inoltre, nel folclore romeno che Dracula amava moltissimo la moglie Elisabetta, così dopo la sua morte smise di credere in Dio e venne per questo trasformato in un “vampiro”.

Kuteli, da esperto di folklore, di certo conosceva questa “narrazione”, poiché essa emerge come la madre della novella di Tat. Naturalmente è molto probabile che  Kuteli sia tornato in Albania insieme a Dracula.


Dracula e Tat


Kuteli ha portato Dracula in Albania. Questa dichiarazione è il risultato dell’approccio comparativo. Il rapporto intertestuale tra Dracula della Transilvania e Tat dell’Illiria è inevitabile. Si può dire senza tema di smentita che Tat Tanushi è semplicemente un Dracula ri-contestualizzato, albanesizzato e ritoccato. Diamo un’occhiata ad una serie di punti d’incontro per esserne convinti.

1. Tat è servo devoto di Cristo, così come Dracula, il quale fa tutte le guerre per proteggere la religione cristiana;
2. Tat ama alla follia Noemi, portandola dalla “Galilea di Judea” ad Apollonia, così come Dracula aveva portato Elisabetta dall’Ungheria alla Romania;
3. Noemi è molto bella, perciò Tat gli mette il nome Kalie (gr. Kalos - bellezza). Allo stesso modo Elisabetta “era bella come il sole”;

4. La morte di Kalie fu il motivo per cui Tat smise di obbedire al Signore. La morte di Elisabetta divenne motivo anche per Dracula di non obbedire più a Dio;

5. Dopo il peccato di disobbedienza, Dio condanna Tat con la vita, cioè lo rende immortale. Allo stesso modo agisce con Dracula, rendendolo immortale (Vampiro);
6. Tat vaga nel mondo e nei secoli, ma non riesce a trovare pace da nessuna parte. Anche Dracula vaga dappertutto per secoli, ma non riesce a trovare pace in nessun luogo;

7. Dopo qualche secolo, Tat si pente e muore nella chiesa in cui aveva peccato. Anche Dracula, in alcune versioni, muore (lo uccidono), trova quindi la pace nella chiesa dove aveva peccato. Non solo, il racconto autobiografico dei secoli di vita di questi personaggi e le modalità delle loro morti, sono elementi altrettanto compatibili tra di loro.


Ecco come Kuteli ci descrive lo stupore di coloro che ascoltano la storia di Tat:

“Monsignor Nikanori continuò a parlare: - Lo strano caso di Anania lo ha scritto in un libro il grande metropolita Pamfili, che dorme con Dio oggi e duecento anni fa. Il suo libro lo trovi…/ Tat Tanushi disse: - Ho sentito il metropolita Panfili, in una messa alla santa chiesa di San Simone, dove c’è la vite che emerge dalla sua tomba. Infatti la sua parola era saggia e la sua voce era gentile. / - Lo hai letto ma non sentito figlio mio. Lui è morto prima che tu nascesti.”


Mentre Stoker scrive: “Abbiamo parlato a lungo. Io e il conte. Gli ho fatto qualche domanda sulla storia della Transilvania e l’argomento lo ha attratto. Mi ha colpito il fatto che parlava riguardo tanti eventi che erano accaduti molto tempo fa, secoli e secoli fa come se lui fosse stato lì e li avesse visti con i suoi occhi, di persona”.


Anche la morte di queste due figure immortali è simile. Una volta liberati dalla maledizione, Tat e Dracula muoiono e diventano polvere. Kuteli descrive così la morte di Tat: “Poi, lentamente Tat Tanushi si sciolse davanti agli occhi di tutti riducendosi ad un pugno di cenere d’innanzi alla porta santa”.

Allo stesso modo Stoker aveva descritto la morte di Dracula: “Miracolo! Davanti ai nostri occhi, il corpo del Conte Dracula divenne polvere e cenere. Ma io sono sicuro, di aver visto un’espressione di pace sul suo volto”.
Non si deve escludere la possibilità che Kuteli, oltre al folklore romeno, abbia conosciuto anche il lavoro di Bram Stoker, il quale aveva visitato il castello di Dracula in Romania prima di scrivere quel “Dracula” che trovò tanta diffusione nel resto del mondo.

E per sfuggire al modello di Stoker, che inserisce Dracula nella Londra del XIX secolo, Kuteli riporta il suo Dracula diversi secoli addietro.


Il Signore o la moglie

La novella di Kuteli e il romanzo di Stoker sono due “storie d’amore”. Libri di letteratura con una morale religiosa. Nella novella di Kuteli ciò risalta anche dal titolo. “Grande è la sciagura del peccato” è una formulazione di retorica religiosa che è essenzialmente l’imposizione della morale. Il titolo si articola come una constatazione e avverte che tutto ciò che verrà detto nella novella sarà la prova della formulazione assiomatica posta in calce al testo. Tutto il testo della novella funziona come espansione illustrativa del titolo. Grande è la sciagura del peccato!

Se non siete d’accordo, afferma ipoteticamente l’autore, leggete questo libro, dove  viene preso ad esempio il sacerdote ortodosso illiro, Tat Tanushi, poiché tramite esso si dà la prova del peccato, al seguito della sua grande sventura.


La logica della retorica religiosa impone che le constatazioni etiche vengano provate davanti all’auditorium (ascoltatori o lettori), e vengano impresse nel cuore e nella mente attraverso esempi, il che significa che l’idea viene sciolta nella figura.
Dracula, come uomo reale, era vissuto nel XV secolo e fu spietato contro i turchi. Il Dracula del mito romeno viene descritto come un uomo che ha amato Dio, ma non tanto quanto amava la moglie. Il Dracula di Bram Stoker è solo un vampiro che vive succhiando il sangue delle donne cui mordeva il collo. Così, Bram Stoker non dà una motivazione per la trasformazione del Dracula-uomo in Dracula-vampiro, occupandosi solamente delle conseguenze e dimenticando le cause. Questa cosa non succede al Dracula del film di Coppola, dove l’amore di Dracula non viene mostrato solamente nel prologo ma anche durante tutto il corso del film poiché la preda che insegue assomiglia alla moglie.

Pertanto, “Dracula” del 1993 è la versione migliore della storia del Conte Dracula. Pur descritto come un essere che non si riflette nello specchio e non fa ombra sulla terra, possiamo dire che al momento della sua uscita abbia trovato riflesso nella letteratura albanese e abbia fatto da ombra a molti personaggi di questa letteratura.

In definitiva si può dire che Tat è il volto di Dracula al di là del vetro dello specchio. Entrambi sono credenti devoti, che amano il Signore e la moglie. Il loro amore è orizzontale (in relazione con la moglie) e verticale (in relazione con Dio). A Dio non piace sopportare la parità con la moglie e perde (per qualche secolo) l’amore di questi credenti, dal momento che essi amano molto di più le loro donne. Tat e Dracula credono di più nell’amore che in Dio.

giovedì 4 ottobre 2018

Il Piccolo-Pensiero dell’Uomo Produttivo (racconto)


Il Piccolo-Pensiero dell’Uomo Produttivo
(racconto) 
 
Gli attori sono dentro ognuno di noi. Uno si chiama “Ideale” (d’ora in poi “I”), ed è la parte idealista e spirituale che elabora gli impulsi emotivi che risuonano al nostro interno sotto determinati stimoli sociali. L’altro si chiama Cattivo Senso Pratico – spesso Comune Senso Pratico – (d’ora in poi “CSP”), ed è la parte opportunista che pensa ad acquisire le posizioni più facilmente difendibili nei vari ambiti dell’agire sociale.
Discutono sempre – sempre con rispetto, quasi a distanza – dentro ciascuno di noi su temi quali famiglia, studi e formazione, informazione, lavoro, diritti civili, società ed economia, politica, senso delle istituzioni. In realtà, sarebbe bene che I e CSP si guardassero bene in faccia e che arrivassero ad ammettere ciascuno i propri limiti. Il premio è qui e là contemporaneamente: quella soluzione per la propria vita che per ora sfugge (“visti i tempi…”, direbbe I).


I: Ecco. Torno a casa stanco e putrefatto. Un’altra giornata di lavoro. Ho fatto questo, ho detto quello. Sinceramente ho in odio molti dei miei colleghi, e li ritengo ignoranti. Sarò anche una come tutti, ma è una questione di mesi, forse anni… Insomma, merito di più, non sono poi una qualunque e ignorante e che diamine… Tutti viscidi dietro i loro superiori. E che cosa sprigionano mai i loro neuroni tutto il giorno, tutti i giorni?… Modi diversi di fregare l’altro.

CSP: Statti buono. Hai uno stipendio? Hai i contributi pagati? Puoi addirittura scherzare con i capi. Di che ti lamenti. E poi essere un impiegato non è poi così male di questi tempi. Se guardi a come se la passano molti altri. Tu ti puoi permettere molti prodotti in comode rate, persino un monolocale. E non prendertela se sono “solo” 60 mq. Pensa a questo: “E gli altri? Quelli che stanno peggio di me?”.

I: Faccio un lavoro molto al di sotto delle mie possibilità. Sono molto più creativo, ma il sistema non è fatto perché io mi inserisca nelle dinamiche di una azienda in termini creativi. Per questo nutro dai tempi della laurea un sottile senso di alienazione, dapprima strisciante e poi sempre più parte della mia spina dorsale, sempre più un rumore di fondo delle mie giornate.

CSP: Forse sei tu che non reggi bene il gioco. Forse non vuoi integrarti e preferisci l’autocommiserazione. Preferisci dare 70 e poi lamentarti se le persone non riconoscono in te una persona che dà 100. Preferisci essere vittima, piuttosto che esporti veramente. Il sistema c’è e ci sei dentro. Tu sei solo meno consapevole e degli altri e preferisci un alibi alla dura fatica della competizione. Tu non desideri emergere come risorsa preziosa all’azienda, ti lamenti come se fosse colpa degli altri.

I: Sto cercando di reggere. Di fare di necessità virtù. Di convincermi che in fondo le persone che mi circondano ogni giorno hanno aspetti interiori interessanti che varrebbe la pena di indagare. Insomma, ci ho provato. Ma l’essere umano non è nato per strisciare sotto altri esseri umani. Cosa mi interessa di più? Il mio compagno, i miei figli, i rapporti con le persone a cui voglio bene. Una vita sana e regolare, una vita dove non ho bisogno di stordirmi per non pensare a quanto mi hanno fatto lavorare oggi. Mi hanno fatto fare cose inutili. Sono un essere che trascura un sano rapporto con sé, con gli altri, con la natura, con lo sport, per fare cose inutili. Intendo dire “socialmente” inutili, al di là del fatto che possano piacere o meno. Come si può definire il “marketing” dei beni di consumo  un’attività socialmente utile? Per non parlare dei retroscena in merito alla “produzione”. Viene massicciamente sfruttato il lavoro in aree “delicate” dal punto di vista dei diritti dei minori e dei lavoratori (quali Vietnam, Cambogia, Cina). E qui, in questa società, nessuno si è mai chiesto a voce alta nulla di nulla. Producono, dicono. Che cosa dire della sostenibilità ecologica delle loro scelte industriali o di quelle dei loro partners? Qui non si dice nulla di nulla, nessuno sa. Nessuno vuole dire. Di sicuro i prodotti semilavorati devono percorrere mezzo globo prima di terminare il loro ciclo produttivo ed entrare negli scaffali dell’altra metà del globo. Idem, la stessa cosa si può dire per il traffico degli esseri umani: “bestiame” di compra-vendita per arricchire le transnazionali e le pseudo ONG!

CSP: Tu scherzi e fai anche un po’ il furbo. Buona questa retorica. Conosco persone che hanno lavorato seriamente in contesti come il tuo. Hanno praticato con costanza una attività motoria e coltivato altri interessi. Ad esempio: la lettura. Tu con la scusa che sei stanca ed alienata hai persino smesso di leggere i libri, interi scaffali in casa tua di romanzi che sai bene quanto ti hanno segnato. E ora, così d’un tratto, hai smesso di andare in libreria. Hai smesso di frequentare sale da concerto. Hai smesso di vivere la vita intensa di quando eri giovane e studentessa. Che ti succede? Non starai invecchiando? Cosa dici al tuo prossimo quando lo trascuri: colpa dell’alienazione dell’uomo moderno?

I: Occorre fare qualcosa. So che occorre reagire. So che non potrei ottenere alcun cambiamento se continuassi con questa routine. Occorre che esca un po’ fuori dal mio Io. Che mi guardi dall’alto e mi riconosca per quello che sono ora.

CSP: Seeh. Certo. Esci un po’ da te stessa, ma poi rientra mi raccomando. Perché fuori fa freddo. E poi senza busta-paga non si va proprio da nessuna parte. La vedi quella fiat che sta qui sotto, quella “bella” punto di una volta? Ce l’hai ancora per gentile concessione della tua azienda. Sai no, il bollo auto, l’rc auto, le revisioni?

I: È necessario che come me la pensino un mucchio di altre persone. Ho un certo slancio verso il prossimo. Mi piacerebbe… Anzi forse è l’unica strada…

CSP: Con i “mi piacerebbe” e i “forse magari” non si va da nessuna parte. Ma non l’hai ancora capito? Sono cose che ti insegnano da piccoli. Ci sono altre priorità nella tua vita, e rassegnati serenamente al fatto che non tutto quello che fai, che dici, che vuoi, può derivare unicamente da te stesso. Nel tuo stato attuale. Devi prima crescere molto. E poi, non vedi, le persone intorno a te pensano di meno e producono di più A quest’ora avresti già maturato un’altra mezz’ora buona di straordinario…!

I: Sì. Occorre essere una rete. Ora sai che faccio? Mollo questo lavoro. Lo mollo sì. Devo agire, ho pensato abbastanza. E poi, posso farcela. Sono anni che fatico dietro i computer e voglio seguire certe mie idee che hanno certi risvolti pratici. Mi potrò mantenere.  Ecco, sono già più viva.

CSP: Non sottovalutare quello a cui andrai incontro.

I: Passata questa mia prima fase, che so di non potere condividere con nessuno, mi rivolgerò a loro. A questi giovani confusi. Senza più contatto con la propria vera natura. Senza più dubbi e senza più idee. Senza più ideali, forse. E dirò loro: “licenziatevi, facciamo tutti quanti qualcosa insieme”.

CSP: Seeh. Certo. E loro cosa ti aspetti che ti dicano. Tu come ti mantieni?  Loro, come ti aspetti che si dovrebbero mantenere?

I: Se scomponiamo la questione in tanti piccoli passi. Insomma, io ho delle idee fattibili. Poi, certo, se anche qualcun altro si unisse a questo sentire e ne facesse un progetto e un processo più organico… Titolo: nuova imprenditoria giovanile. Che significa? Primo: trovare i finanziatori. Possono essere i fondi comunitari, le iniziative regionali, possono essere le iniziative private. Il primo passo è quello di fondare una fabbrica che costruisce dei progetti approvabili e finanziabili da almeno una di queste due forze. A questo lavorerebbero commercialisti e avvocati, oltre ad insiders della pubblica amministrazione, che sposano volontaristicamente le ragioni di questa iniziativa. Una rete di giovani a livello nazionale, organizzata in sotto-unità territoriali fino al livello comunale. Con una discreta massa critica sarebbe possibile unire insieme le persone che sposano uno stesso progetto. Dotarle degli strumenti necessari al fund raising. Metterne in pista le idee in modo che possano creare impresa. Con una discreta massa critica, si farebbero vivi anche i capitalisti di ventura. Quelli che decenni fa negli usa finanziavano giovani promesse dell’informatica e delle tecnologie applicate. Da quell’onda crebbe la silicon valley e si confermò reale il cosiddetto “sogno americano”. Con una discreta massa critica, il processo raggiungerebbe presto una visibilità e una capacità di attrarre tali da divenire il nuovo efficiente modello imprenditoriale. Gli effetti benefici si vedrebbero anche nella ricerca, a cui questa nuova imprenditoria attingerebbe slegando parte di questo potenziale di progresso dalle attuali mani delle corporations. Le idee potrebbero essere incentivate a prescindere dall’immediato ritorno economico, risponderebbero ai reali bisogni tecnici e tecnologici della società e molte sarebbero focalizzate sulle ecotecniche e sulle ecotecnologie. Auspicabile davvero sarebbe anche un ritorno alla produzione agraria in un’ottica antica e consorziale, di rispetto dei tempi e delle risorse, di trasparenza assoluta e di filiera più che corta, direi “diretta”. In questa società ideale c’è posto per tutti, immigrati certamente compresi. Il primo passo, però, lo dobbiamo fare tutti insieme.

CSP: Ah, dunque! Ricapitolando tu vorresti fondare un nuovo sistema economico, così. Dal basso. Certo, certo. E puoi contare solo sul tuo tempo libero. E poi, certo, fai affidamento sulla rete, la rete delle reti: internet. Perché, giustamente, sai che la rete è l’organismo cognitivo più adattabile e più efficiente, in tutti i campi. Ma pensare di applicare questo modello ovunque è un bel sogno. E quanto tempo varrebbe la pena di spenderci sopra? Ci hai pensato? Quante idee, molto meno bizzarre della tua, vengono abbandonate per presa definitiva di coscienza sulla loro reale impossibilità?

I: Posso contare anche su un bel mucchio di movimenti di giovani come me, movimenti di cui non mi va di fare il nome qui, che iniziano ad essere presenti in contesti politici territoriali in maniera molto attiva. Occorre farsi conoscere da tutte queste forze che condividono almeno il 50% dei nostri ideali sociali.

CSP: Per ora in quanti siete a pensarla così?

I: Per ora… solo io. Ma è chiaro, le cose hanno un inizio, oltre che uno svolgimento e una fine!

CSP: Hai pensato da dove partire? Del resto pensare, solo quello, è il tuo forte, no?

I: Per ora so che occorre uscire da questo guscio informatico. Occorre fondare dei gruppi d’incontro (non so chiamarli diversamente, con essi intendo banalmente dei punti fisici in cui riunirsi). Occorre ancora vagliare tutte le possibilità organicamente, legandole allo specifico territorio (comunale, provinciale, regionale, nazionale…). Occorre trovare soci specialisti in ambito commerciale e legale, assimilare gli infiltrati, rubare i burocrati insomma dalle mani del sistema per farne collaboratori disinteressati. Con essi occorre fondare piani d’azione sostenibili alla luce di quello che si può creare il prima possibile e nei modi più semplici possibili. È chiaro che all’inizio lo sforzo sarà maggiore e i finanziamenti saranno davvero troppo difficili e dosati…

CSP: Beh, ora che fai, ti limiti in un bieco realismo? Guarda che il realista qui sono io?

I: Infatti, Comune Senso Pratico! Di te ne ho abbastanza!


giovedì 26 luglio 2018

È uscito in vendita il mio primo libro di poesie in lingua italiana.


My first book of poems in Italian language has been released for sale. /
Ka dale ne shitje permbledhja e pare me poezite e mia ne gjuhen italiane
 https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/poesia/420417/the-shape-of-you-2/

mercoledì 14 febbraio 2018

"Albanian woman in costume" - german postcard, year unknown. Serial nr. 16365


"Albanian woman in costume" - german postcard, year unknown. Serial nr. 16365. ///
"Grua shqiptare në kostum" - kartolinë gjermane, vit i panjohur, nr. i serisë 16365.
Source/ Burimi: http://www.akpool.de/ansichtskarten/26533806-kuenstler-ansichtskarte-postkarte-albanerin-in-tracht-portrait-kopftuch


mercoledì 7 febbraio 2018

“Shqiptarët në Pianiano” - nga Elettra Angelucci



“Shqiptarët në Pianiano” -  nga Elettra Angelucci
-          përktheu nga italishtja në shqip Brunilda Ternova  -

Në dokumentet e "Archivio Camerale dello Stato di Castro", të ruajtura në Arkivin e Shtetit të Viterbo, gjejmë informacione interesante mbi emigracionin e një grupi familjesh shqiptare. Në fakt, në prill të vitit 1756 disa familje nga Shkodra, (1) për t'i shpëtuar persekutimit fetar islamik, zbarkojnë në Ankona duke kërkuar strehim në Shtetetin Papnor. Papa Benedikti XIV, pasi u siguroi atyre të ardhura nga Arka e Shtetit Apostolik për gjithçka që kishin nevojë, u dha strehë në Canino (provinca e Viterbos në krahinën e Lazio-s, Itali) si dhe urdhëroi Thesarmbajtësin e  Përgjithshëm të Dhomës së Përndritur Apostolike që t’u vinte në dispozicion ushqim e shtëpi dhe tu caktonte krerëve të familjeve toka ekzistuese në territorin e Pianianos (krahina e Lazio-s). Kështjella e Pianianos kishte qënë pjesë e Dukatit të Castro dhe Ronciglione Dei Farnese e pas shkatërrimit të Castros i kishte kaluar në pronësi R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica (shqip: Dhoma e Përndritur Apostolike ishte organ financiar i sistemit administrativ papnor që merrej me qeverinë dhe në administrimin e drejtësisë).  

Falë Benediktit të XIV në 28 nëntor 1729 (2), me kërkesë të banorëve të Pianianos dhe atyre të Celleres, Kështjella ishte bashkuar me Komunitetin e Cellere. Megjithatë, për shkak të faktit se zona ishte e pashëndetshme dhe kultivimi i tokës kishte vështirësi, në pak vite u shpopullua dhe shtëpitë po shkonin drejt rrënimit. Dhënia e tokave dhe Kështjellës së Pianianos shqiptarëve dukej se ishte zgjidhja më e mirë për të zgjidhur një problem të dyfishtë: për të parandaluar shkatërrimin total të Pianianos dhe t’u jipte shkodranëve shtëpi dhe mjete për të jetuar.  Megjithatë, dispozitat papale nuk u zbatuan menjëherë dhe shqiptarët mbetën në Canino. Duke filluar nga 28 Nëntori i të njëjtit vit, çdo anëtari të familjeve shqiptare i’u caktuan pesë  monedha “baiocco në ditë për jetesë, ndërsa R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica paguante bukëpjekësin e Caninos rreth 29 monedha “scudo” dhe 7 monedha “baiocco për bukën që ai u kishte dhënë që nga momenti i mbërritjes së tyre (3).
Së fundi u vendos që ti caktohet kolonisë shqiptare Kështjella e Pianianos dhe dy pronat që i përkisnin R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica të quajtura "Banditella" dhe "Sterpaglie" të përpjestuar në këtë mënyrë: tre të katërtat njësi monetare për çdo mashkull dhe një çerek për çdo grua dhe djalë. Thesarmbajtësi i Përgjithshëm i atëhershëm, kardinali Niccolò Perelli, në një letër të tij të datës 13 prill 1757, i dha dispozita Zotëruesit të Përgjithshëm të Shtetit në Castro dhe Ronciglione, kontit Niccolò Soderini, që të procedonte me ndarjen e terrenit (4). Arëmatësi Agostino Primavera u ngarkua me detyrën për të hartuar një hartë topografike të dy pronave (5) dhe më 29 nëntor, noteri i Dhomës së Tregtisë Filippo Boncompagni përpiloi aktin me të cilin konti Soderini, në emër të R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica u akordonte me qera të përhershme krerëve të familjeve shqiptare, tokën, veglat e  punës dhe bagëtinë: "Në emër të Dhomës së Përndritur Apostolike i është dhënë dhe dhuruar krerëve të familjeve, 42 buaj parmende, 32 lopë rrace, 20 plugje, 74 sëpata, 70 kiza, 70 shatërkaz dhe 128 kazma siç u përmend më lart ... si dhe tre gomerë me samar dhe një pelë.” (6)

Me sa duket, shqiptarët hasën pengesa të mëdha në atdheun e tyre të ri, si për shtëpitë që ishin  gërmadha ashtu edhe për punimin e tokave të dhëna me qera të përhershme e të cilat ishin kryesisht të pyllëzuara dhe me driza. Edhe vështirësitë e integrimit në një kontekst të ndryshëm social nga ai i tyre dhe të kuptuarit e një gjuhe të panjohur ( “Drejtori" i kolonisë, Don Stefano Remani, vepronte si përkthyes) kontribuan shumë në dekurajimin e tyre aq sa më 28 nëntor 1760 të gjitha familjet shqiptare u nisën për në Napoli, duke braktisur Pianianon. Qiramarrësit, duke i konsideruar të deklasuara koncesionet e bëra për Shkodranët, nxituan të rifitonin posedimet e tokave dhe, kur familjet shqiptare - duke përjashtuar ato të Simone Gionit, Primo Cola dhe Michele Zadrima që mbetën në zonën e Napolit - u rikthyen në Pianiano, lindën grindje që vazhduan për shumë vite.


Në vitin 1768 Kështjella e Pianianos ishte sërisht në gjendje të rrënuar.  Thesarmbajtësi i Përgjithshëm, kardinali Braschi, meqënse ishte i mendimit se pashëndetshmëria e zonës varej nga gjendja e shkatërrimit dhe braktisjes në të cilën gjendej ai vend, lëshoi një dekret (7) i cili u dha pronarëve tre muaj kohë për të sistemuar shtëpitë; pas këtyre 3 muajve  R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica do të rifitonte të drejtën e posedimin dhe do t’ua jipte me qera të përhershme atyre që do bënin kërkesë, duke i’u dhënë përparësi shqiptarëve.

Giulio Raimondo Cencini, ekspert me profesionin e gjeometrit, u ngarkua me detyrën që të hartonte një hartë të Kështjellës së Pianianos (8), në bazë të së cilës më 4 nëntor 1768 Francesco Maria Pieri, zotërues i Montefiascone dhe Këshilltar i Përgjithshëm i Shtetit të Kastros, t’u jepte me qera të përhershme shtëpitë shkodranëve që nga ana e tyre angazhoheshin për t'i restauruar dhe banuar brenda dy vjetësh, përndryshe shtëpitë përsëri do të ishin në posedim të R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica (9).

Në vitin 1770 u erdhi fundi grindjeve për posedimin e pasurive të "Banditella" dhe "Sterpaglie" dhe më 1 shtator u përpilua akti i pajtimit në të cilin u vendos se familjet shqiptare do të rimerrnin pasuritë që u ishin dhënë me qera të përhershme në vitin 1757.

 Një vit më pas, Arëmatësi Angelo Sani hartoi një plan të ri për të dyja terrenet dhe për pronën e quajtur "Il Cerqueto" dhe sipërfaqa totale prej 135 njësi monetare dhe 8 shinik, i’u caktua sërisht krerëve të familjeve (10).  Meqënse që nga viti 1757 disa familje ishin zhdukur, ndërkohë familje të tjera kishin ardhur më pas, me një akt të noterit Domenico Dolci u bë një ndarje e re, duke ruajtur kushtet dhe marrëveshjet e përpiluara në vitin 1757 (11).
Dukej se më në fund kolonia shqiptare e Pianianos kishte zgjidhur të gjitha problemet e saj. Por në të vërtetë konfliktet vazhduan, si me banorët e Cellere, me të cilët përbënin një distrikt kështjellor të vetëm me interesa të përbashkëta dhe të njëjtën qera të përhershme (12), ashtu edhe me pronarët e tokave fqinje për shkak të thyerjeve të vazhdueshme të kufinjëve dhe mosmarrëveshjeve mbi pronësinë. Ka pasur edhe shumë grindje brenda kolonisë shqiptare, veçanërisht në mesin e familjeve kryesore, Sterbini dhe Mida. Këta të fundit ishin trashëgimtarët e don Stefano Remani, i cili kishte qënë "drejtori" i parë i kolonisë shqiptare ndaj dhe pasardhësit kishin pretendime të mëdha përkundrejtë bashkatdhetarëve të tyre (13). Në fakt, këto dy familje, në sajë të qerave të ndryshme të shtëpive dhe tokave të marra gjatë viteve nga R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica, kishin rritur ndjeshëm pronësitë e tyre dhe tani mund të konsideroheshin familje të pasura (14).
Në ngjarjet e kolonisë shqiptare, një rol shumë të rëndësishëm luajtën priftërinjtë "Drejtor" të famullisë:  duke nisur nga i pari don Stefano Remani  - i cili i udhëhoqi në udhëtimin e tyre duke vepruar si ndërmjetës me R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica e si përkthyes i shqiptarëve të parë që mbërritën në Shtetin Papnor, e duke vazhduar me të dytin don Simone Sterbini  - i cili mori për bashkatdhetarët e tij  ndarje të tjera terrenesh nga R.C.A.: Reverenda Camera Apostolica (15), e duke e mbyllur me kryepriftin Michelangelo Calmet – i cili që prej vitit 1795, bëri shumë udhëtime në Romë për të mbrojtur koloninë shqiptare dhe për t'u kujdesur për interesat e tyre sidomos për çështjet gjyqsore që kishin vazhdimisht “duke falur mjetet e mia (financiare) prej gjysmë mijë monedhash “scudo” e më shumë...” (16).  Michelangelo Calmet, i cili u bë peshkop i Ripatransone, do të zëvendësohet në rolin e Drejtorit të përkohëshëm të kolonisë shqiptare, nga i vëllai Giuseppe Calmet. Pas vdekjes së këtij të fundit në vitin 1844, Stefano Sterbini - nipi i tij - dhe Ludovico Orti - trashëgimtari i tij fiduciar - së bashku me Giovanni Masini dhe Antonio Pala, aplikuan në Kongregacionin e Shenjtë të Propagandës për ta pasuar në atë post (17). Por tani në Pianiano kolonia shqiptare ishte pothuaj zhdukur fare dhe egzistonin vetem tre familje - Mida, Micheli dhe Codelli - të cilat përbënin një bërthamë të vogël me njëzet njerëz. Të gjitha familjet e tjera ose ishin zhdukur ose ishin trasferuar ose ishin përzier në lidhje farefisnore me banorët e Ischia, të Cellere dhe të fshatrave të tjera fqinje.


Shënime
1) Familje shqiptare të pranishme në Pianiano nga viti 1756 (mbiemrat në kllapa tregojnë variacionet e vërejtura në dokumentet e ndryshme që kanë të bëjnë me shqiptarët): Cola, Micheli, Colitzi (Collizzi, Colizi), Lescagni, Lugolitzi (Logorozzi, Logrezzi, Logorizzi) , Natali, Mida, Covacci, Pali, Gioni, Halla (Ala), Gioca, di Marco, Cabasci, Brenca, Ghega (Ellega), Carucci, Zanga, Ghini (Gini), Milani, Zadrima (Xadrima), Calmet, Sterbini, Calemesi (Calamesi, Calmesi), Codelli, Remani.
2) Archivio Camerale Stato di Castro (A.C.S.C.) - Seria I Aktet e qirasë etj. - b. 12, faza. 2 (kopja e një qeraje nga prona "Chiovano" për familjen Sterbini).
3) A.C.S.C. - Seria IX - Letra të njerëzve të ndryshëm - B. 172 c. 28.
4) A.C.S.C. - Seria IX - Letra të njerëzve të ndryshëm - b. 172 c. 28. Në mënyrë që të dy parcelat e tokës të ishin në pronësi tërësisht të familjeve Shkodrane, Andrea Marianit,  trashëgimtarëve Querciola dhe Vincenzo Febeit - që posedonin respektivisht 4 shinik, 2 shinik dhe 6 shinik -, u  është dhënë në këmbim një sipërfaqe përkatëse e tokës në një vend tjetër.
5) A.C.S.C. - Seria XI - Harta topografike - harta n. 7.
6) A.C.S.C. - Sereie I - Dokumente mbi qeratë - prot. 7 c. 28.
7) A.C.S.C. - Seria IX - Letra të njerëzve të ndryshëm - b. 172 c. 81. Edikti është i datës 21 prill 1768.
8) A.C.S.C. - Seria IX - Letra të njerëzve të ndryshëm - b. 172 c. 81.
9) A.C.S.C. - Seria I - Dokumente mbi qeratë - prot. 7 c. 81.
10) A.C.S.C. - Seria XI - Harta topografike - harta n. 5.
11) A.C.S.C. - Seria I - Dokumente mbi qeratë - prot. 7 c. 81. R.C.A. duke pasur pronësine dhe sundimin e drejtpërdrejtë u dha shqiptarëve prona me qera të përhershme; qeraja  vjetore për çdo parcelë terreni ishte një shinik me grurë. Në rast të vdekjes së kryefamiljarëve, trashëgimtarët mund të marrin përsipër qeranë e përhershme, ndërsa në rastin e zhdukjes së familjes duke mos lënë trashëgimtarë pronat u rikthehen R.C.A. që parashikonte një ndarje të re midis shqiptarëve. Sidoqoftë toka nuk mund të shitej ose te falej.
12) A.C.S.C. : Seria III - Kadastri - voI. 53 c. 7. Në vitin 1780, R.C.A. posedonte «... Në territorin e Pianianos një mulli për të bluar grurin për banorët e Cellares dhe të Piananos me një gur mulliri».
13) A.C.S.c. - Seria VIII – Letra të Thesarmbajtësit të Përgjithshëm - b. 162 dosje 6.
14) A.C.S.C. - Seria I - Dokumente mbi qeratë - prot. 7 c. 96; b. 12 faza.
15) A.C.S.C. - Seria I - Dokumente mbi qeratë - prot. 11 c. 33. Në vitin 1792 vendi i quajtur "Le Coste di Monte Maria", që ndodhej nën Kalanë e Pianianos, u nda midis shqiptarëve. Eksperti Angelo Qualeatti u emërua për të përgatitur hartat.  
16) A.C.S.C. - Seria IX - Letra të njerëzve të ndryshëm - n. 206 dosje.
17) Delegacioni Apostolik i Viterbo - Seria II Pjesa II - zarfi 263 Titulli XXI rubrika 4.