Estratto dal libro “Sugli elementi in comune nell’epica albanese -
arbëreshë e quella serbo-croata”
(traduzione di Brunilda Ternova)
La tradizione serba non possiede
canti popolari di eroi propriamente detti. Lo strumento musicale Liuto (alb.
Lahuta) è noto in Serbia grazie ai cantori erranti stranieri ciechi e non, che
vagavano su e giù per guadagnarsi da vivere, e i serbi consapevoli di non avere
esattamente una propria Epica, ronzarono intorno ad essi. Le canzoni epiche dei
cantori ciechi non erano apprezzate dalla gente e nemmeno dagli autori
serbo-croati che nei loro confronti si esprimevano con parole di disprezzo.
Questi cantori ciechi non erano realmente dei veri rapsodi di professione, ma
si sono occupati di questo lavoro solo per necessità. Tra di essi avevano una
certa abilità Filip Visnjić e un uomo cieco di nome Qorr Hysa, il primo
proveniva dall’Erzegovina e il secondo dalla Bosnia. (N.d.T. ‘Qorr’ in lingua
albanese vuol dire ‘cieco’)
Tuttavia, il distretto della
città serba di Uzhice e in parte la regione di Jadri nella Serbia occidentale
sono popolati da emigrati della Erzegovina, Bosnia e Montenegro, i quali hanno
canti epici con il Liuto, il che dimostra ancora meglio che la Serbia propriamente detta
non è una zona di cultura Epica.
L’aspetto strano è che,
nonostante la Serbia
non possieda il folk epico con il Liuto, nessuno degli autori serbo-croati
riesce ad ammettere che non ne sono i possessori. Anche Vuk Karadzic, a questo
punto balbetta e non riesce a pronunciare la parola “non abbiamo un folk epico”, ma gira intorno alla questione senza
nemmeno affermare come stanno le cose. In una conversazione con A. Dozen nel
1857, Vuk gli conferma questo: “Oggi
solo in Bosnia-Erzegovina, in Montenegro e nelle regioni montane della Serbia
meridionale esiste una specie di preferenza per il canto eroico ...” [August
Dozen: La poesie populaire serbe, Paris, 1859, p. 3.]. Quindi, come si vede, la Serbia viene “inclusa”
nella dichiarazione di Karadzic tanto per dire che le regioni montuose del sud
- Kosovo odierno - hanno tendenze epiche. Vale a dire che la Serbia propriamente detta
non l’adopera e questo aspetto non viene dichiarato in modo esplicito.
Osservando i tre volumi dei canti
di Vuk Karadzic non esiste nemmeno un singolo canto che provenga dai villaggi e
dai contadini serbi, il che significa che la Serbia non è mai stata l’area del Liuto e quindi
nemmeno l’area dei canti eroici. Abbiamo poi due asserzioni chiare: quella di
M. Ibrovaci che dice “Questa poesia così ricca e così diversificata è comparsa
improvvisamente nel 1814”,
e quella di Vuk Karadzic che afferma “le canzoni epiche ci sono oggi solo in
Bosnia, Erzegovina e Montenegro”. Considerando ad literam le affermazioni di questi due autori, si evince che
questa poesia apparve nel 1814
in quei stessi luoghi dove rimasero anche nel 1857, ma
dove la Serbia
stessa non risultava. Dal 1814 fino al 1857 sono solo 43 anni, un periodo
troppo breve per la nascita, lo sviluppo e la morte di una poesia popolare.
Tanta fretta non dimostrarono nemmeno i bugarstice (influenza musicale bulgara
sulla musica popolare serba), che malgrado tutto lasciarono alcune canzoni,
mentre i deseterci non lasciarono nessuna influenza in Serbia. Vuk Karadzic,
avendo dei problemi fisici camminava con le stampelle e difficilmente poteva
viaggiare recandosi personalmente nei luoghi serbo croati per raccogliere le
canzoni popolari, ad eccezione di Karlovac, Serm e la Croazia - ovviamente
sempre seduto su un trono a chiamare davanti a sé quei rapsodi che gli
segnalavano. Questo difetto fisico costrinse Vuk Karadzic a creare una rete di
corrispondenti in tutta la
Croazia, Bosnia, Montenegro, ecc, per raccogliere e gestire i
canti che gli venivano recapitati a Vienna, dove aveva stabilito la sua
famiglia. La rete di corrispondenti era composta da capi dei villaggi, vescovi,
sacerdoti, commercianti, insegnanti, generali, ecc, persone per così dire
‘istruite’ per quell’epoca.
Nella Serbia del 1822, Vuk
raccolse quattro canti da un vecchio errante di Kolashin, e altri quattro da un certo Angelico Vukovici
dal Kosova, il quale cantò a Vuk tre canzoni piccole con contenuti della
provincia croata e una canzone autobiografica; vale a dire nessun canto
autentico serbo. Milivoje V. Knezevic nella sua relazione che riguardava il
Liuto d’Acero, tenutasi nel VII congresso del folclore a Ohrid del 1960, ex-
Jugoslavia, disse: “La Serbia
nel senso stretto della parola, fuoriuscì dalla zona epica insieme con altre
regioni del territorio serbo-croato, e con il declino della cultura
patriarcale, l’estensione geografica del liuto vene concentrata in Montenegro,
in Bosnia-Erzegovina e nella Zagora della Dalmazia”. [Mil. V. Knezevic:
"Gusle javorove" VII Congresso di folklore Jugoslavo a Ohrid 1960, p.
348 .]
Quindi, nemmeno questo autore ci
dice se in Serbia sia mai esistita oppure no una cultura del canto Epico con il
Liuto. L’Autore si aggrappa al filo dell’ambiguità per lasciar recepire che un
tempo in Serbia esisteva il canto epico degli eroi, ma ora non c’è più poiché
lo ha fatto sparire la scomparsa della vita patriarcale. (?) Ma una tale
pretesa sarebbe stata appropriata nel caso in cui nel passato in Serbia ci
fossero state effettuate raccolti di canti epici. Dichiarare che si è persa la
cultura epica dal momento che è scomparsa la vita patriarcale non è una
giustificazione valida, poiché se osservassimo la Croazia e la Bosnia vedremmo che i canti
epici hanno avuto una loro continuità.
Gli sforzi di questi autori per
convincerci che in Serbia siano esistiti un tempo i canti epici e che adesso
non esistano più non si presentano come un lavoro serio e responsabile.
Vogliono forzatamente far apparire la
Serbia come una zona epica, come fosse una montagna che nel
passato ha avuto una foresta mentre adesso non ce l’ha più perché è stata
disboscata. Senza darci esempi di canti serbi raccolti nei villaggi serbi e da
cantori propriamente serbi in una certa data e anno, con quale coraggio si dice
che la Serbia
fu una zona epica mentre adesso non lo sarebbe più?
In allegato riportiamo un elenco di opere e di cantori rapsodi di Vuk
Karadzic, per dare la possibilità al
nostro lettore di capire che nella Serbia propriamente detta non ci sono e non
ci sono mai stati cantori serbi di canti
accompagnati dal Liuto.
L’Ordine dei cantanti e delle canzoni di Vuk Karadzic.
Nome e Cognome / Di dove è / Dove si incontrò con Vuk Karadzic / Quanti
canzoni ha dato /
Teshan Podrugoviq / Erzegovina /
Karlovac / Errante / 22
Filip Visnjić / Bosnia / Serm /
Mendicante cieco / 13
Starac Milija / Erzegovina /
Serbia / Errante / 4
Starac Rashko / Erzegovina /
Serbia / Errante / 10
Stojai (ladro) / Erzegovina /
Serbia / Prigioniero/ 3
Gjuro Cernagorac / Montenegro /
Belgrado / Mendicante anziana / 6
Gaj Balaqi / Lika / Serbia /
Soldato / 7
L’anziana Zhivana /? / Zemun /
Mendicante cieca / 6
Angelico Vukovici / Kosova /
Serbia / Emigrante / 4
Commerciante anonimo / Bosnia /
Karlovac / Emigrante/ 3
donna Mehanxhiq / Croazia / Zemun
/ Guardia / 3
Due montenegrini / Montenegro/
Serbia /Viaggiatori di passaggio/ 2
Anonimi
Un contadino anonimo / Serbia /
Serbia / Agricoltore / 3
Stefania Plaka /? / Serbia /
Mendicante cieca / 4
Un certo Rov / Serbia / Serbia /
Proprietario / 3
Pavlo Iriq / Uzhica / Serbia /
Proprietario / 6
Vaso Popovic /Croazia / tramite
corrispondenza / Proprietario / 16
Commerciante anonimo / Bosnia /
Serbia / Commerciante / 8
Anziana anonima/? / Serbia /? / 1
Ivan Beriq /? / materiale inviato
tramite corrispondenza /? / 1
Urosh Voliq /? /? /?
Montenegrino anonimo / Montenegro
/ Serbia /? / 1 *
Primo – Come si può vedere
nell’area serba non ci risulta nessun cantore rapsodo, ma ci sono solo degli
individui erranti.
Secondo – I canti sono stati
raccolti da persone eterogenee: 29 canzoni da mendicanti ciechi; 36 da erranti
senza un indirizzo; 6 canzoni da pellegrini diversi; 9 canzoni da servi che non
si sa di dove siano; 4 canzoni che provengono da un kosovaro e che non hanno
alcun collegamento né con il Kosova e nemmeno con la Serbia. Lo stesso vale
anche per i canti bosniaci di Kosta Hermani, che sono stati raccolti lontano
dal luogo di origine, - come l’acqua che viene raccolta lontano dalla fonte del
ruscello, direttamente dal fango.
In questo lavoro scientifico ci basiamo
su un principio fondamentale: là dove suona il liuto è presente anche il
decasillabo (ma là dove è presente il decasillabo non deve essere presente
anche il liuto). L’etnografico russo P. Rovinski che è stato in Serbia, in
Montenegro e Kosovo nel 1860, scrive nella sua opera ”Cernagorije” II pagina 23: “da su gusle u Serbiji malo
ponzate” che in italiano vorrebbe dire
“Il liuto in Serbia è poco conosciuto” [Murko: Gjurmët, 19].
Gli autori serbo-croati
dichiarano che il Sandzak di Novi Pazar costituisce un ‘insieme epico’,
(ibidem) e questo onore lo fanno a loro stessi e non agli altri - visto che il
Novi Pazar è stato l’epicentro dello stato prima del 1280, cioè prima che
l’epicentro monarchico, religioso e politico serbo convogliasse da Rascia in Kosova;
e per non catalogare questo centro antico
dicono che oggi esso forma un ‘insieme epico’. Anche se di questo
“insieme epico” non si conosce nessun canto, tanto nella raccolta di Vuk quanto
in quelle di M. Parry e di A. B. Lord. Facciamo riferimento agli ortodossi
serbi o ai musulmani del Novi Pazar - vale a dire alla popolazione che parla
slavo come lingua madre -, poiché anche gli albanesi parlano il serbo come
seconda lingua, cantano molti canti con
liuto dando vita così ad un “insieme epico”, e questo viene dimostrato in
particolare nei due volumi del canto epico dei due autori americani.
Se fosse vero che i serbi avevano
nella loro tradizione i canti epici, allora gli emigranti serbi dell’ Ungheria
lo avrebbero dimostrato prendendo queste canzoni con sé in terra straniera,
così come fece la popolazione albanese che emigrò in Italia - in Calabria, in
Sicilia e altrove. In questo modo, anche se avessero perso queste canzoni in
Serbia, le avrebbero mantenute in vita in emigrazione in Ungheria.
Sia per quanto riguarda gli altri
slavi del sud che per i serbi, si impone una domanda fondamentale: come mai
queste popolazioni non formarono un epica popolare durante le guerre sanguinose
combattute contro i Franchi, i Bizantini e gli altri nemici? Comprendiamo i
croati che furono quasi sempre sotto il giogo ungherese, ma non i serbi che
riuscirono a vincere nelle loro guerre raggiungendo una certa indipendenza da
Bisanzio dal 1196 fino al 1398, - anno in cui dopo la guerra del Kosova la
persero nuovamente a causa dell’Impero Ottomano. Come è possibile che i serbi
abbiano fatto una lunga lotta contro Bisanzio per molti secoli, senza aver
creato nessun canto epico per ricordare le loro gesta? Noi pensiamo che ci
siano, ma non sussistono in nessun caso. I serbi, tuttavia, sono un caso
atipico.
Il primo ostacolo è stato il
clero ortodosso che era sia serbo che Bizantino. In pratica Bisanzio non fu
solo una scelta politica per i serbi, ma fu anche la loro metropoli religiosa.
Per il rapsodo serbo sarebbe stato difficile cantare contro Bisanzio, poiché i
sacerdoti lo avrebbero ucciso subito.
Il secondo ostacolo fu la
mancanza di una linea epica, perché gli slavi in generale non furono capaci
di assimilarla. Addirittura quando non potevano essere costituiti in liberi
versi, i canti non furono registrati e conseguentemente persi. L’esistenza di
canti in liberi versi nella popolazione ceca è una casualità, poiché qualcuno
si impegnò a registrarle, ma questo succede raramente e non si verificò con i
serbi. Supponendo che fosse stata presente nei serbi ma che la collezione fu
persa e mai trovata, ciò dimostrerebbe solo l’esistenza della prosa ritmica. Ma
l’Epica popolare non rimane in piedi solamente con la prosa ritmica, essa
necessita di una metrica regolare. Il cantore serbo ha avuto la possibilità di
prendere in prestito questa metrica dal popolo albanese, con il quale viveva in
simbiosi e/o come vicino di frontiera, ma con una grande differenza: il popolo
albanese cantava contro i re e i nemici serbi, dunque la sua canzone era, per i
serbi, da evitare a tutti i costi. Anzi doveva essere maledetta due volte: la
prima volta, perché la chiesa ortodossa serba non l’avrebbe mai accettata data
la lesa
maestatis contro i re serbi; la seconda perché gli albanesi erano oppressi
e venivano disprezzati per la loro arcaica eredità culturale.
Sono molte le ragioni oggettive
che non diedero agli albanesi la possibilità di formare il loro Stato durante i
secoli VIII, IX, X, XI mentre gli slavi, in particolar modo i serbi, diligentemente
tramite guerre sanguinose riuscirono a creare il loro. Le cause principali sono
state esattamente la doppia oppressione e la penetrazione nelle fila degli
albanesi dell’elemento serbo. In merito alla situazione degli albanesi, i quali si trovavano tra
l’'incudine e il martello, tra l’oppressione bizantina e quella serba, sono
state spese parole anche dagli stessi autori slavi. L’autore croato Milan
Shuflai dice: “Oppressi dai greci a sud, e moltissimo dai serbi a nord, gli
aristocratici albanesi si sono rivolti agli Angiò a Durazzo e Napoli” [Dr.Milan
Shuflai: Serbi e Albanesi (prospetto medievale), con l’introduzione di
St.Stanojeviq, professore presso Università di Belgrado. Tradotto da Zef Fekeçi
e Karl Gurakuqi, Tirana 1926, p.59.]
Questi due occupanti, che erano
in conflitto tra di loro ma solidali contro gli albanesi, non davano a
quest’ultimi tempo e spazio neanche per respirare. Questa ostilità diventava
ancora più aggressiva vedendo che gli albanesi si coalizzavano con l’occidente,
sorreggendo le loro speranze principali nelle rivolte. Forse alla fine di una
di esse arrivavano a creare un nucleo militare stabile all’origine dello Stato.
Ma le insurrezioni albanesi, come dalla narrazione di Ataliati (1043) o come
accennato dai fratelli Dhimitër e Bogoje Suma (1331) contro Stefan Dusan,
causavano grandi stragi senza creare un nucleo statale, rimandando più in là le
speranze in uno Stato. Un popolo che ha uno Stato è un popolo che ha una
capitale, una amministrazione nazionale e locale, un capo, un esercito,
l’organizzazione della propria cultura, delle leggi e tribunali, ecc.
Condizioni necessarie per vivere collettivamente con diritti e doveri equi e
dignitosi. Un popolo senza uno Stato è come una carrozzeria senza motore
buttata per terra che chiunque può squartare e saccheggiare. In una nazione
senza Stato regnano gli interessi, vincono i più forti, la violenza, la
vendetta, ecc. aspetti questi che diventando principi fanno sì che il nemico
esterno penetri facilmente. In aggiunta, una nazione senza Stato è disprezzata
ed è calpestata dagli altri, sentendosi essa stessa debole e umile.
Il popolo albanese seppe creare
una comunità militare sotto la guida di Scanderbeg, tale da sfidare un intero
impero potente, come quello ottomano, resistendo molto meglio e più a lungo
rispetto ai vicini balcanici - che
fruivano di una organizzazione statale. Questa nazione, la popolazione
albanese, non si e incamminata durante la storia come una folla sparpagliata,
ma ha esercitato una efficiente organizzazione tribale interna, con in testa i
suoi nobili e le casate - che non era altro che uno stato in miniatura che
aveva le sue leggi, i suoi tribunali, il suo mondo culturale, i suoi confini
politici, i suoi alleati e l’esercito per affrontare il comune nemico esterno
per il bene di tutta la nazione.
Anche nei suoi momenti più
critici la popolazione albanese non è mai stata una massa amorfa, si presentava
piuttosto come una unità pronta a raccogliere un esercito come quello del re
illirico Bato, Skanderbeg o della Lega Albanese di Prizren, ecc. Per le loro
qualità virili e pagane gli albanesi sono stati temuti dai loro nemici, così
come ci spiega anche Vincenzo Dorsa: “Dice Byron: Non vi è un Popolo più odiato e temuto dai suoi
vicini come gli Albanesi … i greci a malapena li considerano cristiani, e lo
stesso i turchi a malapena li considerano musulmani. Per quanto io ho potuto
constatare altro non devo loro che degli elogi…” [Vincenzo Dorsa: Su gli
Albanesi, ricerche e pensieri, Napoli, 1847, fq. 138-139.]
Durante lo Stato medievale serbo,
il Liuto - essendo uno strumento senza rilevanza, primitivo e appartenente ad
un popolo snobbato che lo utilizzava contro gli stessi re serbi – non fu
trasmesso ai serbi e non fu adottato da quest’ultimi. Inoltre i serbi stessi in
quel momento particolare della storia non avevano di cosa cantare con questo
strumento musicale - visto che loro stessi erano degli aggressori e
antagonisti. Durante il dominio turco il Liuto ai serbi non serviva poiché
essendo dei raja (schiavi liberi) a loro servivano piuttosto strumenti
lavorativi come il piccone e le pale per lavorare la terra. I serbi presero già
pronto il Liuto da terzi, dai cantori presi a prestito, in ugual modo di come i
bosniaci oggi si trovano ad avere al loro interno il bilinguismo del Novipazar.
I cantori prestati non sono proprio stranieri, ma sono popolazioni bosniache,
montenegrine e hercegovine.
Se gli autori serbi dicono che
“Il valore morale del Liuto si osserva quando si dice che il Liuto liberò la Serbia dai turchi, …”
[MURKO, Tragom, pagina 196 ], si deve tener presente il cantore cieco Filippo
Vishnjiq; Quest’ultimo si incamminò dalla Bosnia verso la Serbia nel 1809 e cantò il
primo canto della liberazione serba “L’inizio della rivolta contro i dahis”
(N.d.T, i dahis erano leader dei giannizzeri), così come molte altre canzoni
che furono le prime conosciute dai serbi sul loro suolo. Come è ben noto le
rivolte serbe iniziarono nel 1804 con l’aiuto della Russia, raggiungendo
l’autonomia nel 1817. L’aiuto del Liuto in questo caso è a dir poco eccessivo.
Ringraziamo la signora Esmeralda Tyli – nipote dell’autore – per aver
autorizzato la traduzione e la pubblicazione di questo materiale.
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