domenica 25 dicembre 2011

Intervista con l’esegeta biblico Mauro Biglino


di Brunilda Ternova
I libri religiosi, una inesauribile fonte per gli studiosi, sono giunti ai giorni nostri dopo moltissime modifiche, varie ricostruzioni e molteplici traduzioni. Sono tante le ricerche nell’arco dei secoli e a livello mondiale che hanno cercato di ricostruire con metodo scientifico la miriade di avvenimenti descritti in essi, offrendoci così delle alternative alla versione imperante che è stata imposta a partire da un determinato momento storico. Una buona parte degli elementi delle religioni - ereditati dai nostri antenati per la maggior parte in forma orale - nonostante vari adattamenti e modifiche hanno conservato una certa riconoscibilità. Attraverso le varie testimonianze tramandateci nei testi sacri e non, si può intuire un background unitario religioso che fa emergere due possibili paradigmi interpretativi: quello teologico e quello scientifico. 

Prof. Mauro Biglino, oltre ad essere un esegeta biblico, è curatore di prodotti multimediali di carattere storico, culturale e didattico per importanti case editrici italiane, collaboratore di riviste, studioso di storia delle religioni, traduttore di ebraico antico per conto delle Edizioni San Paolo. Da  30 anni si occupa dei cosiddetti testi sacri e da più di 10 anni di Massoneria. Secondo lo studioso la Genesi, nel significato letterale dei termini ebraici, racconta la formazione dell’uomo attraverso un intervento di ingegneria genetica, una ricorrenza sbalorditiva questa che troviamo nelle religioni di tutto il mondo. Biglino nel suo lavoro di traduzione letterale dell’antico testamento è una vera e propria rivelazione in questo ambito ribaltando le versioni ufficiali. Tra i suoi libri ricordiamo: “Resurrezione reincarnazione. Favole consolatorie o realtà?”(Infinito Records, 2009), “Chiesa romana cattolica e massoneria. Realmente così diverse?” (Infinito Records, 2009), “Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia” (Uno Editori, 2010), “Il Dio Alieno della Bibbia” (Uno Editori, 2011), ecc.

Brunilda Ternova: Gli argomenti sono vastissimi e ovviamente non si possono affrontare in pieno in una singola intervista, però cerchiamo di aiutare il lettore a comprendere meglio la prospettiva del suo lavoro. In primis, cosa ha scatenato l’idea di intraprendere questo percorso e quando è scaturita?

Mauro Biglino: Dall’età del liceo mi interesso di storia delle religioni e molti anni fa ho deciso di studiare l’ebraico per avere accesso diretto alle fonti della più importante religione occidentale, quella in cui sono cresciuto. Ho iniziato a tradurre per conto mio fino a che  le Ed San Paolo sono venute in contatto con le mie traduzioni, le hanno giudicate molto positivamente e mi hanno affidato l’incarico di tradurre letteralmente vari libri dell’Antico Testamento: fino ad ora ne ho tradotti 23 e loro ne hanno pubblicati 17 nella collana della  Bibbia Ebraica Interlineare.
Effettuando le traduzioni “letterali” mi sono accorto che il codice ebraico presentava  temi e contenuti che avevano valenze e significati diversi da quelli normalmente trasmessi dalla catechesi ed allora, dopo 10 anni di lavoro, ho deciso di iniziare a raccontare ciò che veramente colgo in quei testi. Di qui sono nati i libri che lei ha citato nella presentazione; libri che contengono una storia diversa che non implica necessariamente un giudizio sull’esistenza o meno di Dio, questo aspetto attiene infatti alla fede individuale che è e deve rimanere indiscutibile nella sua natura di scelta personale.

Brunilda Ternova: Nell’opera di traduzione alla base dei suoi lavori lei si è avvalso del Codex Leningradensis (codice masoretico di Leningrado). Vogliamo spiegare al lettore di cosa si tratta e perché è così importante?

Mauro Biglino: Si tratta della versione ebraica del testo biblico realizzata su pergamena, datata 1008, elaborata dai masoreti (custodi della tradizione) della scuola di Tiberiade: uno dei gruppi che stavano provvedendo alla edizione definitiva della Bibbia ebraica. Dal momento che il testo originario della Bibbia era scritto con una successione continua ed ininterrotta di consonanti, il loro lavoro consisteva nell’identificare le singole parole e nell’inserire i suoni delle vocali per dare loro il significato definitivo. Il Codex Leningradensis è importante perché è il codice antico universalmente accettato come canonico dalle chiese; è quindi il testo ufficiale da cui sono ricavate le Bibbie che possediamo e la cui traduzione è ovviamente condizionata dal pensiero teologico che si è sviluppato nei secoli attraverso elaborazioni continue e non pochi contrasti tra le varie correnti di pensiero.

Brunilda Ternova: Quali sono gli approcci e le tecniche con i quali si accosta comunemente all’attività di traduttore dell’antico ebraico?

Mauro Biglino: Mi approccio con le tecniche che ho appreso negli anni di traduzione professionale. Mi avvalgo di vari dizionari di ebraico e aramaico biblici pubblicati negli USA e in Israele, curati anche dai Rabbini, per poter risalire al significato originario delle singole radici ebraiche delle parole la cui area semantica sappiamo essere molto ampia e complessa. Ho scelto di rimanere fedele alle indicazioni di uno dei massimi esegeti ebrei, Rashi de Toyes, il quale diceva che alle parole della Bibbia di possono attribuire molti significati diversi ma ce n’è uno che “non possono non avere” ed è quello letterale (peshàt). Io cerco di attenermi a questo perché negli anni è maturata in me la sensazione che sia quello che veramente contiene la storia che gli autori biblici hanno voluto tramandare.  Una sensazione che si va via trasformando in convinzione soprattutto nel momento in cui il significato letterale trova rispondenze e parallelismi molto significativi nei racconti che ci sono stati lasciati dai popoli di tutti i continenti.

Brunilda Ternova: Ci può fornire qualche esempio pratico di traduzione letterale del testo biblico evidenziandone le difficoltà?

Mauro Biglino: Prendiamo come esempio il termine [nefilìm] sul quale da anni diversi docenti stanno disputando senza giungere ad una conclusione soddisfacente. Secondo i famosissimo autore Z. Sitchin il termine deriva dal verbo [nafàl]  e significa  “coloro che sono caduti” ma sappiamo che esiste una notevole differenza semantica tra “cadere” e “scendere, venire giù”: il verbo “scendere” porta chiaramente in sé il carattere dell’intenzionalità, che non risulta invece presente nell’atto del “cadere”, un’azione che normalmente si subisce. Proprio su questo aspetto pone l’accento Michael Heiser della Wisconsin University. Egli sostiene  che [nephilìm] non deriva da [nafàl] perché la sua vocalizzazione differisce dalle usuali derivazioni di tale radice e, di conseguenza, non gli può essere attribuita l’intenzionalità insita nello “scendere”.
Nella questione interviene il docente universitario Ronald S. Hendel – Università di Berkley – che documenta come l’uso del verbo [nafàl] con il significato di “cadere” sia presente in atri punti nella Bibbia e afferma che [nephilìm] rappresenta la forma “qatil” del verbo, che può essere vista quindi come il passivo aggettivale della radice [nafàl] con il significato di “cadere”: in sintesi si tratterebbe di una sorta di aggettivo coniugato.
Per contro, lo studioso cita un passo del capitolo 32 di Ezechiele in cui il verbo [nafàl] indica con chiarezza una discesa volontaria operata da guerrieri. Non pare dunque una forzatura estendere il significato di [nephilìm] e attribuirgli, come per [yaràd], sia il valore di un “cadere involontario” sia quello di uno “scendere in modo intenzionale”.
Come si vede la filologia comporta questioni non da poco. In questo specifico caso io nel mio libro ho proposto una soluzione alternativa derivante dal significato aramaico del termine.
Nel libro “Il Dio Alieno Della Bibbia” ho anche evidenziato le difficoltà relative al termine Elohìm, dando conto di come il suo significato sia più facilmente deducibile dal contesto piuttosto che dalla pura analisi filologica.
 
Brunilda Ternova: Le divinità arrivano puntualmente dal cielo e spesso su “carri fiammeggianti” compiendo azioni abbastanza inspiegabili per gli esseri umani e le popolazioni dell’antichità. Persino i poemi Omerici sono costellati di riferimento a tecnologie volanti che anche oggi facciamo fatica a comprendere. Come se li spiega?

Mauro Biglino: La spiegazione risiede a mio avviso nel fatto che, come già ho avuto modo di accennare,  tutti i racconti di tutti i popoli di ogni continente rimandano alla tessa storia: individui venuti dal cielo che hanno “fatto” l’uomo; gli hanno dato civiltà, lingua, cultura ed hanno anche combattuto tra di loro per il dominio sui vari territori del pianeta. Tutti ci raccontano delle macchine volanti e dunque ritengo che non si possa più fingere che si tratti di favole o miti: bisognerà cominciare  a pensare che si tratta di storie vere narrate con gli strumenti culturali, concettuali e linguistici di cui disponevano gli autori dei testi antichi. Avevano la necessità di raccontare ai loro lettori degli eventi che erano di ordine diverso rispetto alla normalità, fenomeni che trascendevano le loro conoscenze e le possibilità di comprensione. Sappiamo per esempio che tutto ciò che era inerente al volo non poteva che essere definito con la terminologia propria del mondo degli uccelli; tutto ciò che emetteva una qualche forma di energia visibile era definito ardente o infuocato; gli improvvisi getti o riflessi di luce erano necessariamente lampi; ogni rombo, frastuono o rumore prodotto da un qualunque mezzo veniva identificato con il tuono o con il suono prodotto da grandi masse di acqua; ogni strumento di osservazione, magari di forma tondeggiante, era evidentemente un occhio. In ogni caso, fatte salve le differenze linguistiche, siamo di fronte a racconti coerenti e paralleli di cui abbiamo testimonianza presso i popoli di tutto il pianeta: Sumeri, Ebrei, Indu, Greci, Maya, Aztechi, Celti, Hopi, Cinesi, Giapponesi, Zulu, Dogon, Maori…

Brunilda Ternova: Lei sostiene che al tempo dell’uscita di Mosè dall’Egitto, non esistesse l’ebraico quanto piuttosto l’egiziano antico, l’amorreo, l’aramaico o qualche altra lingua. Su quali fonti si basa e si argomenta questa tesi? A quando risalgono le prime prove dell’esistenza della lingua ebraica?

Mauro Biglino: Le fonti sono accademiche e sono costituite in particolare dagli studi del dipartimento di filologia semitica dell’Università La Sapienza di Roma, specificatamente dai lavori pubblicati dai docenti  Prof. Giovanni Garbini (anche membro dell’Accademia dei Lincei) e Prof. Olivier Durand secondo i quali “l’ebraico non è la lingua originaria delle tribù israelitiche… e si è formato verosimilmente verso il X sec. A.C.” (Introduzione alle lingue semitiche, Ed. Paideia) . Sappiamo che l’uscita di Mosè dall’Egitto viene collocata  dai vari studiosi in un periodo che varia dal XVI al XIII sec. a.C., pertanto la lingua sua e di coloro che l’hanno seguito non poteva ovviamente essere l’ebraico che si è sviluppato come elaborazione di un dialetto sudfenicio e le cui prime documentazioni epigrafiche appartengono all’VIII sec. a.C.. Dal momento che quelle genti sono uscite dall’Egitto l’ipotesi più verosimile porterebbe a pensare che parlassero la lingua di quella nazione.

Brunilda Ternova: Attraverso una fedele ricostruzione dell’originale biblico, ha scritto una serie di libri che parlano della teoria degli antichi astronauti. Ci può illustrare i temi che in ciascuno in questi libri vengono approfonditi?

Mauro Biglino: In sintesi posso dire che in questi primi lavori ho scelto di affrontare alcuni dei temi principali che costituiscono il nocciolo delle origini di quel nucleo di pensiero religioso che ha dato origine a tre importanti religioni: giudaismo, islam e cristianesimo.
La natura di Yahwèh, il suo agire, le macchine volanti con cui si muovevano lui e i suoi colleghi Elohìm che, come lui, erano esseri mortali (lo dice la Bibbia stessa); le esperienze che vari profeti hanno avuto con queste macchine volanti; la tecnologia e i sistemi di comunicazione radio che usavano; l’arca dell’alleanza; la formazione dell’uomo attraverso un intervento di ingegneria genetica; la vera natura degli angeli e dei cherubini in particolare, che non erano neppure individui ma oggetti tecnologici; la vicenda di Adamo ed Eva  e la non esistenza del peccato originale; la questione dei giganti; la figura di Satana e Lucifero… insomma tutti quei contenuti che la tradizione religiosa ha trasformato e spiritualizzato allo scopo di affermare e diffondere il  pensiero monoteista che non esisteva nell’Antico Testamento: a quest’ultimo tema particolarmente significativo ho dedicato uno specifico capitolo.

Brunilda Ternova: Questi argomenti sono assolutamente sconcertanti per le persone religiose e che credono ciecamente nelle scritture. Che ne pensa delle reazioni che hanno sortito e continuano a suscitare?

Mauro Biglino: Capisco che i temi possono essere sconcertanti; so bene che non è facile affermare che nell’Antico Testamento non esiste il monoteismo, che Satana è una invenzione teologica, che il nome Jahwèh non significa Dio, che gli Elohim insieme con gli Anunnaki e i Nephilim rappresentano la stessa cosa, che gli esseri umani sono il frutto di ingegneria genetica, che i Cherubini siano in realtà da intendersi non come “grado delle gerarchie angeliche” bensì come “macchine volanti”, e così via...
Penso tuttavia che una persona dotata di fede “vera” non dovrebbe farsi scalfire da ciò che scrivo. Per l’uomo di fede infatti l’Intervento degli Elohim con tutto ciò che ha determinato potrebbe essere ricompreso nel disegno provvidenziale di  quel Dio nel quale crede; gli Elohim sarebbero anche essi figlio dello stesso Dio creatore; il loro agire sarebbe frutto della sua volontà e la Bibbia rimarrebbe comunque, pur con i contenuti così rivisti, il libro che Dio ha voluto per rivelare all’uomo la sua presenza nella storia.

Brunilda Ternova: Quale è secondo lei la novità più profonda dei suoi ultimi lavori a livello filologico, teologico e scientifico?

Mauro Biglino: Non saprei dare una risposta precisa indicando questo o quel contenuto, pertanto penso di potere segnalare come elemento innovativo l’intera visone di insieme che offre una immagine totalmente diversa della struttura biblica e dei suoi contenuti. Un quadro complessivo che si presenta come coerente nel suo evidenziare che gli autori biblici, con ogni probabilità, ci hanno voluto raccontato degli eventi precisi, una sorta di cronaca che è stato poi assorbita e distorta dal pensiero teologico. La vera novità sta proprio in questa nuova visione di quel testo che io provo a leggere e a presentare al lettore  come se fosse uno dei tanti testi di storia redatti dall’uomo e che, come tutti gli altri che possediamo, è stato scritto da autori che hanno naturalmente utilizzato le categorie culturali, concettuali e linguistiche del tempo in cui vivevano.

Brunilda Ternova: La distorta lettura tradizionale dei testi religiosi ha formato i contenuti psichici e gli archetipi del nostro inconscio collettivo e personale, fino a solidificarli. Qual è il cambiamento verso cui  dobbiamo aprirci come individui e come società umana?

Mauro Biglino: Mi rifaccio a quanti detto nella risposta precedente per precisare che il cambiamento consiste nell’acquisire l’apertura mentale necessaria ad approcciarsi a quel testo “sacro” in un modo nuovo, più libero, svincolato dai condizionamenti dei dogmatismo che da secoli ne condizionano la lettura e la comprensione. Si tratta insomma di avere la disponibilità a percorrere una via diversa e a seguire ipotesi alternative che prevedono la possibilità di studiare la Bibbia con la stessa mentalità con cui studiamo i testi “sacri” di altre religioni. Capisco che non è facile ma so altrettanto bene che è possibile: sono moltissimi oramai quelli che lo stanno facendo.

Brunilda Ternova: A livello personale e intimo come si è posto di fronte alle conseguenze delle idee che stanno emergendo dalla sua lettura?

Mauro Biglino: Penso  e spero che siano liberatorie perché sono fermamente convinto che quando l’uomo si pone delle domande e applica la categoria dell’analisi a tutto ciò che ascolta, compie un grande passo verso la conoscenza. La categoria del dubbio è fondamentale per ogni individuo dotato di ragione e va naturalmente applicata anche a ciò che io dico e scrivo perché io non sono un possessore di verità ma solo un individuo che studia e coltiva seriamente la sua profonda curiosità. Non a caso nei libri pubblico i versetti ebraici e le mie traduzioni: così facendo fornisco a tutti la possibilità di verificare (o far verificare) ciò che dico e soprattutto metto seriamente e volontariamente in discussione ogni mia ipotesi.

Brunilda Ternova: Ringraziandola per il tempo che ci ha dedicato e augurandole buon lavoro, le chiedo di quale tematica si occuperà nella sua prossima opera.

Mauro Biglino: Proseguo con l’analisi dell’Antico testamento.
Sono io che ringrazio Lei per l’attenzione prestata al mio lavoro e porgo un cordialissimo saluto ai lettori.

(23.12.2011)

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