mercoledì 5 maggio 2010

LA MORTE DEL LETTORE - Analisi sul racconto più breve del mondo.

di Ag APOLLONI


(Traduzione in lingua italiana di Brunilda Ternova ©)

Quaranta anni fa Roland Barthes, leggendo “Sarrasine” di Balzac annunciò la morte dell’autore nella letteratura: “il prezzo della nascita del lettore non può essere che la morte dell’Autore”. Ma, se siamo d’accordo con il poststrutturalista Jacques Derrida, il quale sostiene che non vi è nulla al di fuori del testo, conveniamo che è il lettore ad essere morto. Diventiamo parte di questa processione funebre analizzando la storia più corta del mondo!


Il modo epico della narrazione, dalle origini fino ad oggi, ha prodotto di solito delle opere voluminose. Di solito nelle opere epiche vengono narrati grandi eventi e lunghe storie. Tali sono, ad esempio, i poemi epici di Omero, le saghe scandinave, il romanzo “Guerra e pace”. La novella, essendo una forma piccola e semplice rispetto al romanzo, in genere non confonde le linee della narrazione e si concentra su un personaggio o sulla storia di un personaggio. Mentre il racconto, essendo una forma più piccola rispetto alla novella, come è noto, non rappresenta una lunga storia, ma un momento culminante del protagonista o semplicemente illustra un’idea interessante in poche pagine. Ma all’interno del racconto è stata prodotta una forma ancora più breve. Questa forma è il miniracconto (racconto breve).

Uno dei grandi maestri dei piccoli racconti è lo scrittore del Guatemala, Augusto Monterroso (1921-2003), il quale per la sua maestria di scrittura si è aggiudicato grandi titoli nazionali e internazionali. Conosciuto come uno scrittore che si è opposto alla dittatura di Jorge Ubicos, dopo la caduta della dittatura, ha ricoperto cariche politiche. Ma, soprattutto, è conosciuto come l’autore del racconto più corto al mondo, “Il Dinosauro”, definito da Mario Vargas Llosa “il racconto più corto e il migliore del mondo”.

L’Universo narrativo in una frase

Il racconto “Il Dinosauro” (“El dinosaurio”), pubblicato in “Obras completas (y otros cuentos)”, nel 1959, è un racconto costruito su una sola frase: “Cuando despertó, el dinosaurio todavía estaba allí”. Questo racconto è stato tradotto così in lingua inglese: “When [s]he awoke, the dinosaur was still there”, mentre in lingua albanese sembrerebbe così: “Kur ai (ajo) u zgjua, Dinosauri ishte ende aty” (ita. “Quando lui (lei) si svegliò, il dinosauro era ancora lì”) o più brevemente (per evitare il genere come nell’originale): “Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì”.
Così tutto il testo (in originale) contiene quarantadue (42) caratteri, che formano una frase indicativa, che si divide con una virgola e finisce, naturalmente, con un punto. Il modo indicativo di questo racconto è, infatti, “l’unico modo narrativo” (G. Genette), in generale.
Anche se troppo corto, questo racconto ha tutti gli elementi narrativi per trasmettere un messaggio artistico.
Prendendo in prestito la terminologia (e la classificazione) di Gérard Genette, per prima cosa possiamo identificarlo con ciò che Platone chiamava modo narrativo puro, dal momento che qui parla il narratore senza dare la parola ai personaggi. Poi il submodale: narrazione in terza persona (eterodiegetico – il soggetto che parla non si implica negli eventi per i quali parla). Appartiene altrettanto al racconto del genere. E’ classificabile nel sottogenere del racconto fantastico. Di conseguenza, il focalizzatore (l’occhio narrativo) è esterno (esteriore), vede a distanza e da una prospettiva neutrale.
Il vocalizzatore (lo propongo come termine che riguarda il sintagma “voce narrante”) è una voce narrante sconosciuta. Cioè questo testo è una narrazione (diegesi), e non un “racconto” (mimesi).
Egli racconta (ingl.: telling) a proposito del passato e non fa vedere (ingl.: showing) nulla del presente. Il vocalizzatore si indirizza alle orecchie e non agli occhi. Proprio la combinazione tra il focalizzatore con il vocalizzatore presenta la situazione narrativa.
Ne “Il Dinosauro” abbiamo due caratteri opposti che possiamo dividere in positivo e negativo. Visto che il mondo è antropocentrico siamo inclini a considerare positivo (protagonista) l’essere umano (maschio o femmina non si capisce, ma non ha importanza) che si risveglia, mentre negativo (antagonista) chiamiamo il dinosauro che “era ancora lì”.
Appare evidente che il tempo dell’evento sia il passato (quando si svegliò, era), e che lo spazio (lì) resti indefinito per il lettore. Non vediamo l’intera storia, ma solo una scena (qualcuno si sta svegliando e un dinosauro è ancora là!). Tuttavia, questa scena dimostra che siamo nel bel mezzo di una trama (qualcosa è successo prima, qualcosa succederà in seguito!) e fa presagire una azione (o l’uomo tenterà di fuggire, o di scontrarsi, o, infine, di riconciliarsi con il Dinosauro).

Quindi, se ci riferiamo alla scena di Claude Bremond, in questo miniracconto abbiamo una eventualità che non rivela se ci sarà il passaggio all’azione o meno.
In realtà, l’unica parola che muove la prosa (che mostra l’azione) è il verbo “despertó” (si svegliò) il quale anche se nasconde il genere (chi si sveglia?), e addirittura la specie (possiamo solo supporre che chi si sveglia sia un essere umano!), non nasconde ciò che è essenziale: l’azione.
Solo se lo vediamo nel suo contesto, capiamo che questo verbo ha portato il dramma e avverte del rischio. L’addormentato, così come i morti, non riconosce il rischio. Ma quando lui “si sveglia”, immediatamente si confronta con il rischio. Il primo messaggio che deriva da questo racconto può essere: “la vita è una sfida”, o “svegliarsi vuol dire affrontare dei rischi”. L’altro messaggio potrebbe essere: “se non agisci (dormi), il male non scompare (è ancora lì)”. Ma la “différance” di Derrida ci avverte che “quello che l’autore ha scritto” (il testo) e “ciò che l’autore voleva dire” (il messaggio) non si sovrappongono, perciò cercare il messaggio esatto che voleva dare l’autore è uno spreco di tempo.
Il dinosauro taglia il risveglio subito dopo la virgola e, con tutto il terrore che rappresenta, si trova nel bel mezzo della frase (del racconto). Anche se nel passato è stato un essere reale, lui dà al racconto la dimensione fantastica, poiché l’immaginazione che abbiamo di lui supera i limiti dell’animale comune. Così, mentre prima della virgola avevamo il protagonista, dopo la virgola abbiamo l’antagonista. Diciamo antagonista perché riteniamo che il dinosauro possa mangiare “l’essere umano”, e non viceversa. Vale a dire, il lettore istintivamente si posiziona nel lato del “debole”, o dal lato della sua specie. In seguito, dopo il nome “dinosauro”, con il verbo “era” si annota e si distingue il passato seguito dall’avverbio “ancora”, il che dimostra che il dinosauro è vivo e davanti alla faccia del protagonista. Se si rimuovesse l’avverbio non avremmo alcun argomento per sapere se il dinosauro è vivo o morto. Ma lui “era ancora lì”, il che significa che non era andato via. Mentre l’avverbio di luogo (lì) è il modo migliore per distinguere il narratore dal lettore. L’uditore, oppure il lettore fittizio (narratario), sa dov’è quel posto ecco perchè il narratore dice semplicemente “lì”. Così, l'autore ha creato un mondo narrativo (di finzione), ha chiuso la porta per non far entrare nessun essere reale, poi ha inghiottito la chiave ed è morto.



Il testo viene letto anche quando non lo leggiamo

A differenza del positivismo francese che studiava l’autore per comprendere il testo, Roland Barthes “ ha ucciso” l’autore per lasciare il testo ai lettori. Questo parere venne assolutizzato dai “ricezionisti” (H.R. Jauss, W. Iser, S. Fish , ecc.), e Umberto Eco lo rese più sottile introducendo il Lettore Modello – prodotto simultaneamente al testo – con cui il lettore si proietta nella testa dell’autore.

Ma, dal momento che l’autore viene ucciso e viene lasciato in vita il lettore, resta inteso che l’interpretazione del testo avviene di sfuggita. Il raccoglimento nel testo viene fatto solo quando vengono dichiarati morti sia l’autore che il lettore. Questa doppia morte condiziona la piena vita del testo, perché “non c’è nulla al di fuori del testo” (il n’y a pas de hors texte), diceva Derrida negando alla parola la possibilità della rappresentazione del riferimento. In questo caso, “non c’è nulla al di fuori del testo” significa “né l’autore, né il lettore, né mondo reale”.
Il testo narrativo è un mondo di finzione, dove non può entrare nessun essere reale. Nel testo ci sono eventi, personaggi e altri elementi narrativi. L’autore non si rivolge al lettore, ma il narratore al narratario. Così, la vita del testo dovrebbe essere la morte del lettore.
Con i termini narratore (narrateur) e narratario (narrataire), anche se non lo dice in modo deciso, Genette si oppone al concetto di Barthes uccidendo “il futuro” del testo (il lettore). Secondo lui, i narratore e il narratario sono esseri di finzione all’interno del racconto. Come tali, possono comunicare tra di loro.
Il concetto del narratario rovescia il concetto del lettore e promuove il mondo intratestuale (all’interno del testo), cioè il mondo fittizio che ha chiuso la porta ad ogni essere reale. Questo non vuol dire che è stata respinta l’opinione che “i testi parlano gli uni agli altri” (U. Eco), ma si insiste sulla tesi che il racconto può leggere se stesso. Il testo può dialogare con altri testi, ma il fittizio non ha ragione per aprire le porte davanti alla realtà. Il testo, appena si produce non serve più né all’autore e nemmeno al lettore. Il testo legge sé stesso – questa è l’'utopia che gli scrittori hanno cercato fin dall’inizio!
Ecco dove trovano “Il dinosauro” di Monterroso, che non ti prende più di tre secondi di lettura, tutti quelli che sono pigri a leggere. Ma, forse, presupponendo che ci sono lettori che non hanno voglia di perdere anche quei secondi di lettura, l’autore inventa il narratario per salvare la sua narrazione. L’avverbio “lì” del racconto di Monterroso dichiara morto il lettore.

Attenzione! Il dinosauro che è seduto di fronte al “Protagonista” sta masticando qualcosa. Non stupitevi se l’edizione delle notizie iniziasse con questa notizia: “Con rammarico vi informiamo che il Dinosauro ha mangiato il lettore!”