venerdì 24 luglio 2009

Intervista con Artan Shabani all'apertura della Biennale di Praga

Scritto da Arsim Kajtazi (Tradotto in italiano da Brunilda Ternova)


Il 14 Maggio 2009 ha avuto inizio la Quarta Edizione della Biennale di Praga (Prague Biennale) - che si sta affermando nella scena internazionale dell'arte contemporanea. Ma non solo, quest'anno tra i partecipanti partecipa anche un gruppo dei nostri artisti, nella sezione dedicata " Albania&Kosovo".

Arsim Kajtazi - Signor Shabani, ormai ci troviamo vicino all’apertura della Biennale di Praga 4, dove Lei in qualità di curatore ha effettuato la selezione dei artisti Albanesi che si presenteranno in questa creativa rassegna internazionale. Ci può dire qualcosa in più riguardo il Suo concetto selettivo e rappresentativo?

Artan Shabani - Il concetto curatoriale sotto il quale ho la fortuna di presentare un gruppo di artisti Albanesi nella Biennale di Praga 4 si intitola “Vecchie notizie dai Balcani”. Questo progetto viene rappresentato da un gruppo di artisti, i quali, anche se appartengono a stili e a stati diversi, hanno in comune il medium della pittura e l’etnia.
La penisola Balcanica è famosa per i clichè che esporta nel mondo da quasi due secoli – che vanno dai conflitti etnici, religiosi, nazionali, di frontiera, linguistici a quelli sui nomi dei santi, passando per l’incendio delle chiese e delle moschee, il trafugare le icone e gli inni del turbofolk – perciò questo progetto con i suoi artisti tenta di mettere in luce lo sforzo giornaliero che la gente dei Balcani intraprende per vivere la loro vita intima in una micro geografia ambulante e non in una metafora imposta dai titoli dei giornali nazionali e internazionali.
Queste rassegne internazionali, persino quella nella Biennale di Venezia dove l’Albania ha avuto varie modeste esperienze di rappresentazione, pongono la questione delicata della piena sostenibilità, soprattutto finanziaria, dell’arte e della cultura anche in riferimento alla partecipazione dello Stato.

Arsim Kajtazi - Quanto viene seriamente compreso del fatto che dobbiamo intendere la nostra arte e la nostra cultura come uno dei valori e dei meccanismi degni di rappresentanza della nostra cultura nello spirito dell’integrazione culturale europea ed internazionale?

Artan Shabani - E’ giusto ed è il caso di dire e di pensare che l’arte ha un impatto immediato grazie al fatto che crea l’immagine di un Paese. Nel caso dei Paesi come l’Albania oppure il Kosova, l’immagine artistica assume un ruolo prioritario proprio perché ciò che abbiamo esportato nel mondo per molti lunghissimi anni sono principalmente le illustrazioni date dai notiziari televisivi e i clichè conflittuali dei quali ho parlato sopra.
L’Arte Albanese e la sua rappresentazione internazionale richiede una seria e speciale attenzione da parte dello Stato, il ruolo del quale mi sembra molto assente in relazione alle aspettative che i professionisti dell’arte hanno nei suoi confronti.
Nel caso della Biennale di Praga, io non ho avuto alcun genere d’aiuto finanziario da parte dello stato e/o da qualche altro sponsor, eccetto il caso isolato della Promenade Gallery di Vlora, la quale si specializza nella promozione degli artisti internazionali in Albania e di quelli albanesi nel mondo.
Nella Biennale di Venezia, l’Albania si è presentata con artisti stimati come Sisley Xhafa, curato da Andi Tepelena, ma anche con altri come Adrian Paci e Anri Sala. Quest’anno io ho avuto la fortuna di essere stato invitato alla Biennale di Venezia grazie al Progetto Krossing con il ciclo Happy Hours con il quale presento il tema della emigrazione e della sensibilità sociale verso questo fenomeno. La maggior parte di queste iniziative rimangono totalmente individuali e non vengono incoraggiate a livello statale. Questo, secondo la mia personale opinione, è un handicap molto importante, soprattutto in attività internazionali di questo calibro, anche solo per il fatto che gli altri artisti concorrenti vengono sostenuti da strutture sofisticate statali cosa che senza dubbio offre a loro un vantaggio competitivo.
Nella sua selezione ci sono 6 artisti, 4 dall’Albania e 2 dal Kosova: (Driton Hajredini (KS); Ervin Hatibi (AL); Dalip Kryeziu (KS); Alfred Mirashi (AL); Alkan Nallbani (AL); Artan Shabani (AL).

Arsim Kajtazi - In questo caso avete prescelto anche due artisti ben conosciuti dal Kosova, Dalip Kryeziun e Driton Hajredinin. Quali aspetti hanno influenzato la sua scelta riguardo questi artisti?
Predominano gli aspetti creativi estetici dell’arte visiva, oppure ci sono anche altri elementi non estetici che vi hanno spinto in questo caso?
I criteri della presentazione sono stati abbastanza rigorosi da elevare la rappresentazione a livello statale? Questa presentazione significa che ci sono anche dimensioni di collaborazione tra i due ministeri della cultura, oppure che in questo caso il concetto artistico si è elevato al di sopra degli impedimenti e della politica culturale?

Artan Shabani - Lo ripeto, mio malgrado, che da parte dei Ministeri della Cultura di tutte e due i Paesi albanesi non ho avuto nessun aiuto né collaborazione per la rappresentazione di questo progetto. Promenade Gallery è stata l’unica struttura di supporto privato, che promuove in un vasto spettro artisti albanesi e tra questi anche i due artisti albanesi delle regioni del Kosova.
Dalip Kryeziu e Driton Hajredini sono due artisti figurativi di talento, i quali, tramite la loro lunga esperienza in Germania, Svizzera, Danimarca e altrove, hanno conquistato una posizione dignitosa nell’arena dell’arte europea. Anche gli artisti albanesi scelti in Albania sono artisti di provata fama nell’arena dell’arte europea e ciascuno di loro presenta le sue spiccate peculiarità in modo che il quadro dell’arte pan-albanese venga presentato con tutto il suo spettro. E’ da sottolineare il contributo dell’artista Ervin Hatibi che il pubblico pan-albanese conosce principalmente come un poeta di talento, ma lo conosce meno come pittore. Personalmente ho fiducia nel lavoro di ciascuno degli artisti e penso di continuare la collaborazione con loro per presentarli anche nei progetti che intendo intraprendere a Copenhagen, New York, Milano e senza dubbio anche a Vlora (Albania).

Arsim Kajtazi - Ha un pensiero estetico e un suo punto di vista riguardo le attuali correnti artistiche albanesi? Nella Biennale di Praga partecipa in qualità di curatore; sarà possibile scomporre concretamente il suo concetto selettivo in ciò che di particolare nell’arte albanese e internazionale in questo caso gli artisti scelti offrono?
Il fatto che ha deciso di presentare anche il suo lavoro artistico vuol dire che vede se stesso nell’ambito di questo mosaico rappresentativo dei valori dell’arte contemporanea albanese che attualmente si sta creando, oppure è l’ineluttabile finalità estetica del suo concetto di curatore?


Artan Shabani - In realtà questa è la prima volta che io curo una rassegna di questo genere nell’arena dell’arte internazionale. Ho curato anche prima altre attività, ma mai di questo livello. Vorrei sottolineare un fatto, che per quello che mi riguarda, è il filo conduttore di tutta questa importante iniziativa. Io prima di tutto sono un artista, precisamente sono un pittore.
La pittura per me non è semplicemente una professione, ma è realmente una passione che mi anima da quando ero un bambino. E’ da più di venti anni che vedo il mondo con gli occhi dell’artista, o meglio, con gli occhi di un pittore. Ho più di venti anni di esperienza nella professione del pittore, pertanto anche il lavoro di gallerista, di collezionista d’arte e di curatore che esercito da qualche anno sono un logico prolungamento della mia passione per la pittura, essendo anche un buon conoscitore del mondo del arte visiva.
Quando scelgo di lavorare con specifici artisti, seleziono la loro arte con l’emozione del pittore, ma anche con l’occhio del professionista che sa distinguere l’arte molto buona da quella meno buona. E’ questa probabilmente la mia nota distintiva in questa importante iniziativa artistica.
Per quello che riguarda l’arte albanese in generale, sinceramente penso che noi veramente abbiamo un arte ottima e degli artisti ottimi. La nostra tradizione della pittura è realmente una scuola della quale non solamente dobbiamo essere orgogliosi, ma dobbiamo anche meditarci su per trarre ispirazione.
Senza dilungarmi troppo, vorrei citare i nomi di Ibrahim Kodra, Zef Shoshi, Omer Kaleshi, ma anche di altri che continuano a onorare l’albanismo nell’arena internazionale dell’arte visiva. Non penso che siano finiti i talenti, ma penso che manchino le strutture adeguate per accompagnare questi talenti in modo tale che prendano a germogliare in tutte le loro forme figurative.

Arsim Kajtazi - Cosa pensa che debbano fare le nostre rispettive istituzioni artistico-cuturali statali, per far si che la nostra cultura venga stimolata, sviluppata e progredita verso livelli internazionali rilevanti?

Artan Shabani - Prima di tutto devono esistere le strutture. In passato, anche se spesso ci riferiamo al passato per i suoi aspetti negativi, malgrado tutto le strutture statali di appoggio all’arte non mancavano. Uno Stato e/o una Nazione per meritare pienamente questa denominazione, dovrebbero collaborare per servire l’arte e viceversa l’arte con essi. Sono ben conosciuti i legami dell’arte con lo Stato e con il potere nel tempo e nello spazio. Per ispirarsi basta che i nostri stati esaminino le strutture statali dei Paesi vicini applicandosi modestamente come loro.
Penso realmente che uno tra i fatti principali che testimonierà l’uscita da questa transizione di vent’anni, estenuante per l’Albania ma anche per il Kosova del dopoguerra, sarà proprio l’impegno serio dello Stato nell’ambito dell’arte. Ovverosia, quando quest’ultimo diventerà pienamente consapevole del reale valore nazionale dell’arte, solamente allora, gli artisti potranno ricoprire il loro ruolo reale nelle nostre società.
Arsim Kajtazi - Che genere di strutture professionali e artistiche si devono plasmare in Albania e in Kosova per riuscire a presentarci degnamente con dei valori creativi contemporanei in tali manifestazioni internazionali?

Artan Shabani - Molte volte ho espresso la mia opinione dicendo che è difficile dare consigli e messaggi ben definiti, poiché i modelli sono ormai risaputi e vengono offerti anche dai nostri vicini che hanno ben capito l’importanza della loro tradizione e della continuità culturale. Non è per niente facile enumerare i vuoti del tuo paese, anche per il fatto che gli albanesi soffrono di carenze vitali rispetto al lusso che l’arte rappresenta a prima vista.
Si deve capire che l’arte non è per niente un lusso, ma è un bisogno reale per la longevità.
Nietzche diceva: “l’arte è l’unica attività metafisica nella quale siamo in obbligo con la vita”. Colui che capisce questo messaggio, soprattutto nel contesto nazionale, non dovrebbe aspettare consigli ma dovrebbe lavorare concretamente per portare avanti questa nobile missione.

http://albanianews.it/interviste/090609-intervista-con-artan-shabani-allapertura-della-biennale-di-praga

Venera Kastrati - Quando la morte si converte in Arte

Scritto da Arjola Hekurani (Tradotto in italiano da Brunilda Ternova)

Lei si interessa da sempre alle situazioni emozionali estreme che muovono l’essere umano, ed ecco perché in una rassegna importante come quella della Biennale di Venezia, ha scelto di presentare se stessa e il suo Paese con una video-istallazione che considera queste emozioni. L’opera dell’artista Venera Kastrati si intitola “I cercatori delle emozioni estreme”, (“Kërkuesit e emocioneve ekstreme”/ “Sensation Seekers”) che nasce come una osservazione delle persone che praticano sport estremi e come analisi psicologica del desiderio e del bisogno di ognuno di oltrepassare ogni limite morale e/o fisico.
Ispiratasi a una storia vera, l’artista narra tramite la sua arte fin dove può arrivare un essere umano per raggiungere uno scopo, e quali mezzi può utilizzare per realizzarlo.
Venera Kastrati partecipa con un gruppo di artisti albanesi alla Biennale di Venezia che è stata aperta il 7 giugno. Robert Aliaj Drago, Artan Shabani, Eliza Hoxha e Klodian Deda sono parte del progetto "Krossing" e rappresentano l’Albania in una delle rassegne internazionali più importanti dell’arte.

Insieme con un gruppo di altri artisti albanesi Lei partecipa alla Biennale di Venezia, in un incontro importante delle belle arti. Come si sente?

E’ una grossa responsabilità. La mia presenza alla rassegna della Biennale "Krossing" è una esibizione in un progetto personale. Attualmente mi trovo alle fasi finali dei preparativi e le emozioni sono fortissime. E’ una cosa meravigliosa vedere il progetto, che fino a ieri era solamente un disegno cartaceo schizzato, diventare realtà.

Come valuta la Biennale di Venezia? Cosa significa per lei questa rassegna?

La Biennale di Venezia è la più antica istituzione internazionale di rassegne artistiche al mondo, e segna la sua prima edizione proprio nell’anno 1895, ma il suo periodo d’oro la Biennale lo raggiunge dopo la Seconda Guerra Mondiale fino al 1968.

Oggi, oltre Venezia si sono aggiunte molte altre rassegne biennali, come per esempio a San Paolo, Johannesburg, Istanbul, Seul, Cuba, per non parlare delle esposizioni a Kassel e Munster.
La Biennale di Venezia rimane in ogni caso un evento importante dove le diverse esperienze si incontrano a un livello istituzionale, e dove si verificano le “nuove tendenze” artistiche.
Possiamo dire che ancora oggi ai giorni nostri che ogni due anni tutto il mondo dell’arte si riunisce in questa bellissima città. "I Giardini", dove si presentano abitualmente gli stand nazionali della Biennale, e “l’Arsenale", altro punto importante aperto nei anni ’80, sono i luoghi principali della rassegna. Ce ne sono anche altri al di fuori di questi spazi che possono avere altre presenze nazionali oppure rassegne laterali ufficiali e quest’anno ammontano a 44.
Una di queste rassegne è il "Krossing" (dove partecipo con il mio ultimo progetto “Sensation Seekers”), il quale si articola in un luogo bellissimo e significativo per la tematica e per l’idea curatoriale della scelta degli artisti. A Forte Marghera, proprio in quella zona strategica che fa da ponte fra Venezia e Mestre, fra terra ferma e laguna, in trasformazione fisica da una machina militare in un spazio pubblico con valori storici particolari. Con il passare del tempo le fortificazioni di Forte Marghera, costruite intorno al 1805 dagli eserciti austriaci e francesi, hanno perso il loro valore militare, appropriandosi di un altro valore: quello del testimone del passato. Una zona di frontiera. Era proprio questo elemento che mi ha incantato per lo sviluppo del mio progetto "Sensation Seekers", realizzato appositamente per la 53-ma Rassegna della Biennale di Venezia.

Come vede questo confrontarsi con artisti da tutto il mondo? E’ questa una crescita della sua creatività artistica?

Certamente anche solo la presenza come visitatore spesso è stimolante e ti carica di nuove energie. Altrettanto la partecipazione personale ti introduce automaticamente nel meccanismo di sperimentazione ed è una esperienza unica nel suo genere.
Come ho già sottolineato prima, l’artista sente la responsabilità più grande nel raffrontarsi con il pubblico e con i mass-media internazionali.

Oltre a se stessa, Lei pensa di rappresentare anche l’Albania in questa rassegna?

E’ il giusto momento in cui la presentazione personale si trasforma anche in una rappresentazione nazionale. Questo mi fa sentire doppiamente carica di emozioni e orgogliosa di aver la possibilità di comunicare con il “mondo” tramite la mia arte.

Perché ha scelto di presentarsi con una video-istallazione?

E’ stato proprio il progetto che mi ha spinto di intraprendere la strada della ricerca di una espressione artistica multimediale. In questa video-istallazione quello che è importante è la comunicazione tramite la fotografia, la ritmica, la musica (quest’ultima con molto virtuosismo e sensibilità è stata realizzata appositamente per "Sensation Seekers" dalla rock band milanese "Circo Fantasma" di Nicola Cereda, cantante, compositore e figura centrale della band).
L’idea è che il pubblico per un attimo dimentichi la presenza dello spazio-tempo e diventi parte integrante dell’istallazione. Così completa il quadro dell’evento, che in realtà non ha un inizio e una fine, ma deve solamente aprire delle possibilità di riflessione e di discussione.

L’opera con la quale si presenta si intitola "Sensation Seekers" cercando di scrutare profondamente nella psicologia umana. Potrebbe fare un’analisi alla sua opera?

"Sensation Seekers", che nella sua forma letterale si traduce in albanese “I cercatori delle emozioni estreme”, nacque come una multi-osservazione delle persone che praticano sport estremi e come un’analisi della proiezione psicologica del desiderio e della necessità di ciascuno di oltrepassare ogni limite, morale e fisico.
La video-istallazione si sviluppa in tre proiezioni. La parte centrale, da dove l’idea prende forma, è stata ricavata da una fonte di informazioni virtuali e reali di una storia degli ultimi tempi accaduta nelle montagne di Aconcagua in Argentina.
E’ il video di un gruppo di alpinisti che praticano questo sport estremo, e della morte tragica della loro guida Federico Campanili.
Invece di pensare a salvare la vita della guida, il quale per ragioni di salute e di difficoltà climatiche incomincia a rassegnarsi, gli alpinisti si focalizzano nell’inseguimento del loro obiettivo che in questo caso occupa il primo posto.

Loro vogliono ad ogni costo raggiungere la cima più alta della montagna Aconcagua in Argentina. Per di più gli alpinisti trattano in modo disumano la Guida del gruppo tirandolo dal collo con una corda. Utilizzano frasi offensive nei suoi confronti, addirittura documentano parzialmente l’accaduto in un video tramite il cellulare. Il gruppo dei alpinisti mostra segni di nervosismo e di panico. La loro meta oltrepassa i limiti della sensibilità umana e il video porta in sé elementi che suscitano indignazione immediata.
Il raggiungimento di un traguardo, i metodi per raggiungerlo e il bisogno di cercare queste emozioni estreme sono i tre elementi chiave del progetto.
Gli altri due video che completano l’installazione sono proprio l’analisi dei due elementi che fanno parte della natura umana, cominciando con la ricerca naturale di queste emozioni estreme nella fase infantile tramite il gioco (in questo caso, l’altalena e il risultato dell’effetto vertiginoso), arrivando fino alle persone che praticano riti ed esperienze religiose (in questo caso la danza dei dervisci) per creare rapporti diretti con le figure divine tramite il vacillare e la perdita o no dell’autocontrollo.

Cosa l’ha ispirato nel realizzazione di questa opera?

Come ho già accennato sopra, il punto di partenza di questo progetto era proprio un video-amatoriale, che testimoniava la morte tragica della guida alpina Federico Campanili, nelle montagne Aconcagua in Argentina e l’analisi psicologica del bisogno umano di cercare emozioni estremi.
Da questo elemento reale, è iniziata la mia ricerca verso gli individui che avevano in comune la ricerca del pericolo, spesso sinonimo del sentire il piacere e il desiderio. La seduzione verso il pericolo deriva dal fatto di aver permesso a se stessi di sentire emozioni forti di vita intensa. La ricerca di queste forti emozioni aggiunge senso alla presenza individuale nel mondo, i colori diventano vividi, il tempo si allarga, pochi secondi vengono percepiti come ore. Il fenomeno di "Sensation Seeking" è una costante ricerca di stimoli nuovi sensoriali, forti e diversi dalla vita di tutti i giorni.
In poche parole, tutti noi siamo rapiti in varia misura dal fattore attrattivo del pericolo e della linea del confine, del vivere “no limits” che cerchiamo in forme di ogni genere.

Nella spiegazione che è stata data alla sua opera si dice che essa è dramma, ambizione, ricerca di fuga dalla realtà e desiderio di sentirsi protagonisti tramite un processo di documentazione piuttosto che di partecipazione. Gli ultimi momenti della vita di un uomo, mentre i compagni restavano indifferenti…Sembra tragico…Ci può raccontare qualcosa in più riguardo questa parte?

Le ricerche psicoanalitiche del fenomeno "Sensation Seeking" spesso premono nella direzione del fattore di bisogno di questi individui di documentare l’esperienza. L’importanza della documentazione del raggiungimento dell’obiettivo è fondamentale, poiché l’uomo è un essere che vive e stimola la sua esistenza nel rapporto con i suoi simili.
Per quello che riguarda gli ultimi momenti della morte tragica della guida nelle montagne Aconcaguas, possiamo dire che l’immagine è così forte e raccapricciante che non c’è bisogno di spiegazioni e di commenti. Ti fa pensare che il limite reale non esiste. L’uomo è predisposto a cercare, ad andare oltre spesso anche rischiando la propria esistenza.

Nel frattempo avete scelto anche una ragazza acrobata che si esibisce all’altalena ed un frammento di danza. Che cosa rappresentano questi elementi?

Infatti, prima avevo già fatto cenno all’argomento del fattore infantile nel "Sensation seeking" e alle sensazioni ricercate dai praticanti religiosi tramite la danza dei dervisci; tutte e due legate dal fenomeno dell’effetto vertiginoso. L’effetto vertiginoso in questo progetto si presenta come l’emozione iniziale e basilare che in un secondo momento, in età più matura, prende un diverso sviluppo nelle forme e nelle dimensioni. Questi sono i cosiddetti “I cercatori delle emozioni estreme”, "Sentation Seekers".

Nella realizzazione di un’opera che cos’è che influisce di più in Lei?

La memoria e l’attualità, il fenomeno della situazione psicologica umana in relazione alla sua collocazione sociale e culturale. Questi sono i punti principali che mi hanno attratto per la realizzazione dell’idea che poi si è sviluppata in diverse forme.

Lei vive e crea in Italia, come si sente lì un artista albanese?

Penso che oggi un artista albanese si trovi in una situazione tale da affrontare ogni genere di difficoltà, come del resto anche un artista italiano. In più, l’artista albanese deve calcolare anche il fatto di essere un “emigrante”, “senza patria”, senza punti di riferimento, con dei vuoti e distacchi dalla passata memoria e con la ricostruzione di una nuova vita, non molto lontano dal fenomeno della distruzione di una casa e la sua ricostruzione. Un fattore questo che conserva in sé difficoltà ma anche positività ed energie nuove.

Oltre alla Biennale di Venezia quali sono i futuri progetti?

Attualmente sono tanti i progetti nei miei piani futuri…ma per il momento preferisco non parlarne.

Fonte: Gazeta Shqip: http://www.gazeta-shqip.com/


http://albanianews.it/interviste/160609-venera-kastrati-quando-la-morte-si-converte-in-arte

Le misure contro gli stranieri, la vergogna dell'Italia .

Scritto da Keti Biçoku (Tradotto per AlbaniaNews da Brunilda Ternova)

L'approvazione definitiva delle misure – apparentemente - sulla sicurezza del paese, che contengono in gran parte restrizioni contro gli stranieri regolari e non, porta solamente al peggioramento della vita degli immigrati. Questo regalo che il governo Berlusconi deve alla Lega Nord, fa ritornare l’Italia anni indietro, resuscitando i fantasmi delle famigerate leggi razziali dell’epoca del fascismo contro gli ebrei. La guerra contro i clandestini, leitmotiv di questa legge, non è altro che retorica necessaria per legittimare la crudeltà contro i stranieri. Agli irregolari vengono negati e calpestati, legalmente, diritti che non hanno niente a che fare con la sicurezza. Eccesso retorico? Affatto, dato che illustri intellettuali italiani si appellano alla cultura democratica europea per impedire l’espansione di questo cattivo seme di intolleranza in Europa.

È stato approvato definitivamente il pacchetto leghista sulla sicurezza. Più tasse e meno diritti per gli immigrati regolari e non regolari. Tante le novità: l’introduzione del reato di clandestinità, il permesso di soggiorno a punti, la tassa per il permesso di soggiorno e il suo rinnovo, la tassa per la richiesta della cittadinanza italiana, le restrizioni nel cambiamento della residenza, l’esibizione del permesso di soggiorno in ogni rapporto con l’amministrazione pubblica, le restrizioni in caso di matrimoni misti tra italiani e stranieri, la permanenza dei clandestini nei CIE (centri di identificazione ed espulsione) fino a sei mesi. Per non parlare della legalizzazione delle ronde di pattugliamento nelle città.

Il Pacchetto approvato dal Senato con il voto di fiducia, entrerà in vigore due settimane dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Non è altro che la legge della Lega contro gli immigrati e per la giustizia fai-da-te e purtroppo non è bastato un anno di dibattito per far cadere l’essenza razzista del Pacchetto Sicurezza. Il centro-destra al potere, sotto l’influenza condizionante della Lega, senza doverlo nascondere tra le righe, è riuscito ad enfatizzare la criminalizzazione dello straniero.

Era il maggio 2008 quando il governo Berlusconi, appena giunto al potere, ha presentato un pacchetto di misure composte da un decreto-legge entrato in vigore immediatamente (che conteneva anche l’aggiunta delle circostanze aggravanti del reato penale commesso da clandestini), tre decreti legislativi riguardanti i ricongiungimenti familiari, l’asilo politico, i cittadini comunitari (quest’ultimo ritirato dopo l’intervento dell’UE), e il progetto legge sul Pacchetto Sicurezza, approvato definitivamente dal Senato il 2 luglio 2009.

C'è voluto un anno di tempo, ma alla fine tutte le misure proposte dalla Lega Nord si sono trasformate in legge: le ronde di pattugliamento, il reato penale di clandestinità, il prolungamento del periodo di permanenza nei centri di identificazione fino a sei mesi, il permesso di soggiorno a punti, la tassa per il permesso di soggiorno e per la richiesta della cittadinanza italiana, l’impossibilità dei clandestini a sposarsi e a registrare i loro figli appena nati nell’ufficio anagrafe, etc.

“Una legge che porterà solamente dolore”, commentano dal Vaticano. Parole pesanti ma che non vengono captate dalle orecchie di Berlusconi. “Non sono al corrente di critiche, non posso rispondere”, così liquida quelli che gli mettono in evidenza la disapprovazione del Vaticano. L’approvazione della legge di sicurezza è senz’altro il regalo che il Primo Ministro fa ai suoi alleati più fedeli. “E’ una legge voluta con forza da parte del Primo Ministro e da tutto il governo, che potrà garantire con mezzi efficaci la sicurezza e la quiete dei cittadini”, spiega Berlusconi in una delle conferenze stampa prima dell’inizio dei lavori del G8.

Ma sembra che la legge piace soltanto alla maggioranza e al governo. Nessun altro, in politica, tra le forze dell’ordine, gli organi della giustizia e la società civile, dà un’opinione positiva sul Pacchetto Sicurezza. Incominciando dall’introduzione del reato di clandestinità che secondo la legge sarà punito con una multa da 5.000 a 10.000 euro e con l’espulsione immediata. Per i giuristi, entrare illegalmente in un Stato è espressione di una condizione individuale, soggettiva, del fatto di essere migrante e non rappresenta un reato lesivo di beni o persone che va perseguitato penalmente. Dall’altro lato, l’inserimento di questo reato penale, combinato alle altre norme, mette in evidenza la crudeltà del Pacchetto Sicurezza nei confronti dei più deboli della società, i quali da oggi in poi rischiano di essere querelati in ogni passo che faranno. L’esibizione obbligatoria del permesso di soggiorno per qualsiasi atto all’ufficio anagrafe, non solo aumenta la possibilità di denunciare i clandestini, ma in primis rende impossibile il rilascio di atti che rientrano tra i diritti umani e dei minori, garantiti da convenzioni internazionali.


Di fronte a qualche piccola concessione, che erano palesemente anticostituzionali anche quando facevano parte del Pacchetto, quali il ritiro della norma sui medici-spie e del divieto dell’iscrizione scolastica degli alunni non regolari, la Lega ha fatto di tutto, riuscendo ad inserire nella legge l’aumento del periodo di permanenza dei non regolari nei centri di identificazione e la legalizzazione delle ronde, i gruppi civili di pattugliamento del territorio. Oggi, dopo l’approvazione definitiva del Pacchetto, possiamo dire senza timore che la nuova legge ci ha fatto tornare nel medioevo, e non solo calpesta i diritti degli immigrati ma aumenta anche l’insicurezza di tutti gli italiani.

La guerra contro la clandestinità, leitmotiv di questa legge, non è altro che retorica necessaria per legittimare la crudeltà contro i stranieri. Agli irregolari vengono negati e calpestati, legalmente, diritti che non hanno niente a che fare con la sicurezza. Dall’altro lato, il permesso di soggiorno a punti, la tassa fino a 200 euro per il suo rinnovo, le difficoltà e la tassa di 200 euro per richiedere la cittadinanza italiana, le restrizioni per il ricongiungimento famigliare, l’inserimento di norme restrittive sull’alloggio e l’iscrizione anagrafica, se verranno attuate, causeranno un’emergenza sociale insostenibile, e testimoniano che anche gli stranieri regolari saranno colpiti dal Pacchetto Sicurezza. Per loro, oltre alle restrizioni dei diritti, in questo periodo di crisi incombe anche la minaccia della perdita del permesso di soggiorno.

“Bota shqiptare” invita tutti i suoi lettori di firmare l’appello degli intellettuali italiani sul sito di Micromega o su Facebook: Camilleri, Tabucchi, Maraini, Fo, Rame, Ovadia, Scaparro, Amelio, Wu Ming: "No alle leggi razziali"


Pubblicato sul periodico Bota Shqiptare nr.217 del 8-21 luglio 2009.
Titolo originale: "Masat kundër të huajve, turp i Italisë": http://www.shqiptariiitalise.com/index.php?option=com_content&task=view&id=2790&Itemid=295


http://albanianews.it/politica/200709-le-misure-contro-gli-stranieri-la-vergogna-dellitalia