venerdì 25 novembre 2011

Lacrime dal sottosuolo - racconto di Brunilda Ternova

“Dai, Gimi, prendi. Dai!” – continuava il padre mentre Agim stringeva il pugno sinistro e volgeva il viso altrove. Nello schermarsi simulava un candido senso di responsabilità che purtroppo in quella circostanza gli era di troppo e che nessuno lì dentro, né Drita, né il padre né egli stesso, riteneva più di tanto adatto alle circostanze.
 “Dai, ti serviranno per pagarti l’affitto,” – ripete insistentemente il padre mentre Agim barcollava intorno alla sedia sempre con le spalle contro il nemico, contro il “Dio” denaro. Alla fine, anche per scongiurare un prolungarsi di quell’imbarazzante minuto, si arrese e mentre con una mano si copriva il volto per non vedere quanti fossero, con l’altra li infilava nascondendoli alla buona dentro la borsa della moglie. Schifato andò in bagno a lavarsi le mani, e stava già piangendo. La mente scrutava ogni fotogramma di vita e non lasciava nulla, nessun pensiero sul passato, sul presente, sulla sua vita attuale, prima di averci pianto sopra. La testa gli ciondolava dal basso e metteva a fuoco sezioni della sua precedente vita dentro quelle mura, insieme al padre. La nuova messa a fuoco non faceva che esaltare il contrasto tra la sua straordinaria infelicità attuale e l’egoismo ignaro e beato dei suoi trascorsi anni universitari. Anni nei quali, in fondo, con il senno di adesso aveva solamente di che godere e felicitarsi.
12 ore al giorno, 5 giorni alla settimana, 4 euro e 30 centesimi ogni ora lavorata. Con questi numeri Agim si era trovato incastrato in un meccanismo dal quale meditava di liberarsene da tempo. Ma i numeri della crisi che si diffondevano erano ancora più foschi e non facevano sperare in una possibilità di scelta di qualcosa di meglio, di qualcosa di meno penalizzante sotto tutti gli aspetti. L’economia era ai ferri corti e il mondo finanziario, del quale da giovane rimase affascinato, si stava consumando pian piano, portandosi sotto il suolo tutti i suoi tecnici macellai e fedeli funzionari leccapiedi.
Tornato a casa, la moglie aprì il cancello automatico e Agim pensò in quel momento che era come tornare ai box. Avere trent’anni era come essere sempre in attesa di una ripartenza meno faticosa e drammatica della precedente. Ma l’attesa consumava il tempo e gli attimi preziosi di vita mantenendoti sempre ai box. Il cancello era verde, come sempre lo era stato, e rumorosamente lento nell’aprirsi. Il viaggio di ritorno era stato in silenzio. Molte altre volte aveva visto accendersi discussioni stanche tra lui e sua moglie, ma in quel ritorno c’era stata una strana armonia di silenzi. Il primo aveva pianto lacrime e con esse letto le pieghe del suolo e dell’asfalto, la seconda aveva scorto nei momenti di silenzio una certa disciplina universale in grado di redimere il chiasso inutile e soffocante di un’intera giornata. E il mondo avrebbe fatto schifo anche all’indomani, perciò godersi anche solo il silenzio diventava un atto di pietas verso se stessi.
Lui stava pensando che forse doveva servire a rispettare di più e più profondamente se stesso, anche a dispetto di quello che intorno a lui tendeva, e sempre lo avrebbe fatto, a disturbarne la placida quiete interiore. Ma il dubbio era che stesse in realtà commiserando la propria incapacità di essere felice e di risultare sereno agli altri, assumendosi una responsabilità che non esisteva: era come se per reazione all’impossibilità di vivere all’altezza delle proprie aspettative stesse compiangendo anche le migliori parti di sé; e migliori rispetto alla media degli altri esseri umani, felici compresi. In un mondo dove solo lui poteva sapere che volesse dire sentire pietà per lui stesso, dacché nessuno gliel’avrebbe più accordata per un po’, rimettere in circolo l’amore per la propria persona leniva a volte le ferite ma non le rimarginava mai.
La moglie amava Agim e Agim adorava lei. C’era un rapporto simbiotico, di mutua dipendenza rivolta alla vita, quando poteva non fermarsi alla sopravvivenza. E questo riempiva per quasi metà il boccale dell’anima frizzante di lui, denso e protetto da tutte le intemperie esterne, almeno finché lei non le subiva a sua volta. Da bravo simbionte, lui viveva delle felicità di lei e anche delle sue tristezze. Nel buio della stanza, accoccolandosi sulla pancia di sua moglie e per non farsi vedere da lei, si asciugava le lacrime cercando di limitarne la possibilità di fuoriuscita.
- “Drit… mi sento come un cane sciolto che ricorda quanto poteva e doveva stare meglio al riparo da tutti, nella casa del padrone,”- disse Agim poco prima di prendere sonno, in un ultimo estremo tentativo di sintesi della sua attuale complessità.
- “Ho sempre ammirato la disinvoltura dei cani sciolti” – sussurro lei – “ma essere un cane smarrito è la cosa più triste che possa succedere nella vita di un cane”.
Quella che non si abitava più, la casa del padrone, quasi fossero trascorsi già dei secoli faceva molta fatica a risorgere nitida alla memoria. Era legato genericamente alla bellezza della natura, ai suoi luoghi condensati in vaghe ma insistenti reminiscenze di una primitiva gioia infantile. Tale bellezza rimaneva sotto i suoi occhi, ma inafferrabile, tutte le volte che strilli e urla di gioia di bambini e adolescenti arrivavano al suo udito da sotto la sua finestra. Cosa ci fosse di nuovo, tale da meritare in qualche maniera di essere vissuto pienamente e tale da guadagnarsi ancora ogni singolo risveglio mattutino dopo l’età d’oro dell’infanzia e dell’adolescenza, rappresentava il rompicapo di ogni sua giornata. Lui non si era mai voluto arrendere allo stato delle cose, al fatto che la vita dovesse essere di sole rinunce, al fatto che il lavoro dovesse essere finalizzato al traguardo della fine del mese, al fatto che la famiglia e l’altruismo non contassero più un cazzo. Colto peraltro impreparato da questa assurda vita, non faceva che rimuginare sul fatto che fino a pochi anni prima nemmeno riteneva possibile cadere anche lui nella fatidica crisi del trentesimo anno.
I governi salvavano le bande dei banchieri dalla bancarotta, aumentando il nuovo grande debito del millennio per tutti. Passando di mano, dalle banche ai governi e dai governi di nuovo alle banche, quei soldi, non facevano che aggravare la sudditanza degli Stati nei confronti delle banche centrali private appesantendone i bilanci e peggiorandone rating e appetibilità sul mercato globale del debito. In questo amaro sistema si stava scavando nel baratro più profondo ad oltranza, e il mondo del lavoro era il primo a scivolare portandosi dietro ogni residuo di buona aspettativa. L’era della scienza, della tecnologia per tutti e dell’informazione distribuita capillarmente alla velocità della luce non bastava più all’ottimismo; la sua epoca stava dimostrando quanto fosse sfuggente il sistema economico moderno di fronte a determinate aspettative di benessere distribuito e pace sociale sotto determinate condizioni di stress finanziario.
Aveva maturato con gli anni e le esperienze una immagine nitida e caustica della vita. Ogni essere umano è un topolino tenuto costantemente d’occhio da un grande onnipotente gatto. Il gatto lascia che durante i primi anni di vita l’uomo abbia la sua illusoria sensazione di libertà e lo lascia libero di esplorare il mondo ben sapendo che tutto quello diventerà un giorno solo nostalgia, rimpianti, bei ricordi. Infatti, trascorsa l’adolescenza, il gatto per puro diletto inizierà a sgambettarlo, di tanto in tanto e del tutto inaspettatamente: questo topolino, così, inizierà a temere per la sua libertà e il suo futuro; invocherà dei e demoni, si scaglierà contro gli altri topolini per assicurarsi il rifugio più sicuro, cercherà ovunque una via di fuga definitiva, vivrà di stress e alla lunga riterrà questa condizione l’unica possibile. In alcuni casi, il gatto uccide accidentalmente il topolino. In molti altri, il topolino muore a seguito di una vita fatta di sgambetti, che sono accidenti, rinunce, lavoro forzato, vedendo infine il lasciarsi andare come l’unico possibile conforto oramai possibile. E così, il grande gatto, che non sente bisogni e non soffre la fame, che non desidera e non spera, che non progetta ma esegue, senza nemmeno volerne graffiare le pance fa però stremare tutti i topolini della Terra, quello prima e quello poi. E lo fa con assoluta indifferenza, o forse con un ghigno beffardo.
Agim sapeva che questi erano solo i primi sgambetti e che da allora la propria intera vita, l’ennesima, sarebbe stata costellata di tutti gli impedimenti immaginabili. La moglie, Drita,  insisteva però con l’idea che molti ce l’avevano fatta a seminare il grande gatto. In molti avevano usato un’astuzia in più della media dei topolini, andandosene in Paesi dove il grande gatto poteva meno, vuoi per una natura più ricca di risorse, vuoi per l’assenza di una vera e propria massa generica di topolini, piuttosto organizzati in piccoli gruppi efficienti e difficili da localizzare, voi per un antico e commovente senso di rispetto verso la comunità e verso il grande gatto.
Il grande gatto teneva d’occhio Agim e Drita, così come aveva fatto da prima e come avrebbe fatto con i loro figli. Se una ragione di vita dopo i trent’anni poteva risiedere nella famiglia e nei figli, bene, questo sentimento illuminante e totalizzante si oscurava al contatto razionale con i rischi che il grande gatto faceva incombere sulle nuove generazioni. I due non se la sentivano ancora di pianificare una discendenza, per quanto desiderata. E questo bruciava soprattutto dentro il cuore di sua moglie.
Fu durante la visione di un corteo di manifestanti, proprio sotto l’ufficio del terzo piano di un edificio in centro città, nel quale lavorava da ben quattro anni e mezzo, che Agim si sentì come risucchiare da un già traboccante senso di estraneità da quel mondo finanziario, da quel mondo lavorativo e da quella società di individui. Fu quel schiacciamento dell’orizzonte della umana comprensione e quel senso di tempo che si ferma drasticamente, senza futuro, che lo investirono durante quell’eterno instante. Fu così che lasciò il lavoro per unirsi al corteo, scese a manifestare e non poté trattenere le lacrime che fluivano ora per un forte desiderio di giustizia sociale, ora per la liberazione di tutte le energie positive represse e nascoste in quegli anni. E marciando convintamente al di là delle suggestioni ideologiche e nostalgiche degli organizzatori della manifestazione, trovava se stesso come individuo distinto dalla folla e dotato ancora di una creatività di pensiero da troppo tempo tarpata sotto i ripetitivi gesti di deferenza, di accondiscendenza al volere altrui e di auto-sabotaggio del proprio senso critico che il lavoro gli imponeva.
Accadrà ancora, magari in altre forme, che il tempo si fermerà ancora per migliaia di vite, centinaia di migliaia, complessivamente forse milioni o forse innumerabili. Poi tale manifestazione della medesima possibilità si accompagnerà, come è tipico, ad una immensa rabbia solo inizialmente esprimibile collettivamente e che finirà troppo presto col lasciare ciascuno accasciato nel proprio autistico senso di inadeguatezza.

giovedì 24 novembre 2011

L'entrevue avec le Dr Albert G. Areddu auteur du livre "Les Origines de la Civilisation Albanais en Sardaigne."

L'entrevue avec le Dr Albert G. Areddu auteur du livre "Les Origines de la Civilisation Albanais en Sardaigne."
Par Brunilda Ternova

Dr Albert G. Areddu est intéressé dans la discipline appelée «langue sarde" pour lequel il a publié des études logudorese étymologique. Apostilles et ajouté à la DEA (1996), et d'autres études gréco-italique Launeddas (2004). Il a publié sur philologie romane à Berkeley, et est recommandé par HJ Wolf sur l'Zeitschrift für Romanische Philologie (2002). Dans son dernier livre «Les origines des Albanais civilisations en Sardaigne", l'auteur poursuit ses recherches aux sources originales de la Sardaigne, et donc un état perspective paleoillirica comme la plus convaincante, basée sur de nombreux éléments de noms de lieux et les lexèmes différents, restée jusqu'à présent inexpliquée
Brunilda Ternova: Tout d'abord le Dr Areddu vous remercions de nous donner l'occasion d'interviewer, créant ainsi la possibilité pour les Albanais du lecteur (en Albanie et dans la diaspora) pour savoir que vous et votre travail scientifique.


Prof Albert G. Areddu: C'est moi qui vous remercie pour l'opportunité qui m'est donnée de parler de mon travail.

Brunilda Ternova: Le dur travail se distingue par son créateur, alors laissez-moi vous demander quelque chose à propos de Lei Qui est le Dr Alberto Areddu, où il était né et où il a grandi.?

Prof Albert G. Areddu: Je suis né à Gênes aux parents sarde, j'ai pris mon diplôme dans la ville ligure, puis je suis transféré à enseigner en Sardaigne, sont actuellement dans le rôle de l'école publique et d'enseigner au lycée.

Brunilda Ternova: Son livre "L'origine albanaise de la civilisation en Sardaigne» est un livre publié en 2007 et traite de sujets intéressants dans les domaines linguistique, ethnographique et historique. Pouvez-vous expliquer ce que signifie ce livre pour vous, qu'est-ce qui vous a incité à entreprendre une étude de ce genre et comment ces études ont été né et s'est développé au cours du temps?

Prof Albert G. Areddu: Eh bien, l'intérêt qui m'a toujours obtenu a été de trouver des explications sur ce que sont les origines des Sardes, qui, étant insulaires d'une ou plusieurs parties doit nécessairement venir, et jusqu'à présent avaient fait plusieurs hypothèses qui ont pris fin pour se supprime uns avec les autres. Depuis quelque temps je croise les recherches étymologiques sur le terrain, j'ai été intéressé par cela: la difficulté était de pouvoir fournir suffisamment de matériau pour soutenir une vie décente à partir du point de vue scientifique, cependant, ceux qui étaient à l'origine des intuitions simples.

Brunilda Ternova: Quelles sont les forces qui ne vous soutiennent votre théorie sur les origines de la civilisation illyrienne en Sardaigne? Et pourquoi d'autres chercheurs ont peur, pas peur de dire, pour traiter ces points de rencontre entre le peuple sarde dans l'histoire ancienne et l'Illyrie?


Prof Albert G. Areddu: C'est une question pertinente. Tout le monde sait que le sujet et dans la toponymie particulière antiquaristico-reconstructive en Sardaigne est contracté, on peut utiliser ce mot sans crainte, quelques savants, qui n'ont aucun intérêt à un non-universitaires peuvent dire des choses qui seraient contraires à leurs hypothèses précédentes ou élaborations. Alors il arriva que la seule revue (largement positif), si loin, est un non-sarde, connue balcanologo Emanuele Banfi, Université de Milan. Sinon, puis une raison pour les gens qui fait l'essai quelques intérêts: depuis plusieurs années il ya une rédaction actuelle sarde, qui a un intérêt dans le spectacle (plutôt que de le prouver) que les anciens Sémites ont été créateurs Paleosardi dans certains cas une civilisation extraordinaire, né près de abiogenetic ... puis ajouter que même les barons illustre université sont issus de ces hypothèses et lire des livres faciles écrit pour ce public a conduit, de sorte que beaucoup de gens pensent que dans les plages de Sardaigne Sardaigne sont descendu du fantôme (dont on ne sait pratiquement à zéro ), et donc il ya rien mais un lien Sardes Saisissez les Etrusques. Comme vous pouvez l'imaginer il ya un babylonienne ou une vie à répondre à toute inexactitude de ces savants Lydian, mais il est là. C'est clair que l'idée ici est de vendre les flacons d'espoir aux gens qui pensent qu'ils en ont besoin, au détriment de la recherche scientifique. Les Sardes, puis de les accuser, sans trop de lumière, l'amour de rouler (et être monté) des hypothèses fortes, qui sont capables de sublimer leur sens ancien d'une certaine infériorité (parce que le sentiment de n'être ni italien), et l'hypothèse-illyrien L'Albanie ne pas attirer les gens d'être la fille d'une minorité. Cependant, en lisant un article de magazine récemment, certains Sardes est bien sûr pour ne pas mentionner à me citer un certain lien avec le monde de la trace du monde paleosardo, cependant, ont vu cela comme liés à la Lydian fantôme zone. Les éléments qui corroborent assez forte ma thèse sont les suivants: l'emplacement de certains lexèmes dans les régions plus conservatrices de la Sardaigne, qui ne sont pas expliqués par le latin et le lieu peut être expliquée par l'albanais, roumain, certains éléments archaïques de balto-slaves , ou le petit (mais pas vraiment quelque chose) que nous connaissons des Illyriens et les Thraces, souvent dans des gloses et des preservatoci mots grecs. Il n'y a pas de données offertes par les sources grecques historiques qui tendent à caractériser l'arrivée d'éléments illyriens en Sardaigne, et non pas une invasion de peuples unis dans les béotiens (qui a parlé du vent) pour marquer un moment important dans la civilisation, puis être exercés personnes culturellement supérieure à celle des insulaires, en particulier dans l'agriculture et dans les types de culture.

Brunilda Ternova: Ce livre est la publication de son troisième auto-financé. Est-ce que semblent naturels et «droit» que ce genre de travaux scientifiques heurte à des difficultés tant pour être publiés et sont donc divulguées par la partie responsable de cela, ou les éditeurs?

Prof Albert G. Areddu: Je vais vous dire que ce n'est malheureusement une pratique plus courante qu'on ne le pense. Aujourd'hui ou un grand éditeur derrière vous, mais pense d'œuvres de plus de trois mille exemplaires au moins la base, ou sinon vous devez utiliser sur la demande de publication plus ou moins déguisée sous forme de publications officielles, pour lequel on travaille dans une hypothèse qui pourrait également être totalement faux, investir du temps et d'argent, à vos risques et périls. Ce que nous ne pouvons pas accepter, c'est que vous arrêtez de publier les gens qui partagent vos intérêts, ce qui est détestable et déshumanisant, mais il n'a pas même se plaindre trop de sens, car il persiste dans cette arrière attitude de silence, parce que les universitaires et les entreprises sont auto- alors si vous aussi permis de les critiquer dans l'essai pour vous, c'est fini.

Brunilda Ternova: Ses théories sont très révolutionnaire, avait un peu de peur que ses idées ont été critiquées par les milieux universitaires et scientifiques?

Prof Albert G. Areddu: Moins révolutionnaire que ce que vous pensez. L'idée d'un élément dans le fait de Sardaigne paleobalcanico n'est pas nouveau: le savant avant tout de la Sardaigne, l'Allemand Max Leopold Wagner avait le visage de 1933 dans un essai dans la revue Revue de Linguistique Romane (qui peut être téléchargé à partir du curieux site Gallica), puis, malheureusement, est tombé dans l'idée de ce qu'on appelle l'école italienne "Méditerranée", qui a vu une énorme présence du pré-indo-européens dans le bassin méditerranéen, et très peu d'éléments indo-européenne. Toutefois, je le répète, peut-être mes propos ont été critiqués, parce que cela signifierait «là» que je vous ai dit en deux ans, l'île de Sardaigne, n'est pas hors tout examen des journaux locaux, des stations de télévision, les magazines et paraccademiche académique, pour me montrer J'ai eu un site Web et d'écrire sur certains blogs. Journalistes (gardez à l'esprit que 90% d'entre eux ne savent pas non plus le grec ou le latin, sans parler albanais) écouter avec l'oreille volets qui disent que leurs référents universitaires, qui ont souvent plus d'un pied dans les maisons d'édition, en sociétés de distribution et de deux, ne possèdent pas les journaux qui sont publiés puissante. Il ya plus à ajouter?

Brunilda Ternova: Qu'est ce que cela représente pour vous ce que signifie la Sardaigne et la Sardaigne désormais être sous la lumière de ce lien Sardo-illyrien (albanais)?

Prof Albert G. Areddu: Cela signifie d'essayer de tracer un itinéraire qui a emporté les éléments de la civilisation dans le peuple l'âge du bronze qui étaient restés à l'arrière scène du néolithique. Il est probable que dans la région de Nuoro, mais les investigations génétiques sont encore au début, vous pouvez trouver un jour des noyaux de relation génétique avec les peuples des Balkans d'aujourd'hui: c'est pourquoi j'ai intitulé mon chapitre, paraphrasant Virgile: la recherche de «vieux père.

Brunilda Ternova: La présence de la diaspora albanaise en Italie est parmi les plus nombreux et parmi les constantes qui sont connus dans l'histoire, en commençant depuis les temps anciens jusqu'à aujourd'hui. Pensez-vous que cette relation afin d'aujourd'hui vieux, et la présence des Albanais sur le territoire, peut aider à créer un climat de fraternité mutuelle entre nos peuples et les échanges futurs entre nos chercheurs et de scientifiques?

Prof Albert G. Areddu: Il serait tout. Malheureusement, nous tombons dans une époque où en Italie et en Sardaigne, il y avait une réaction à la cour d'immigrants-tout, indépendamment de la qualité des individus, et tous pour des raisons de politique publique et de la crise économique actuelle. Penser en termes de vieux, une diaspora peut être entrevu dans ces "Peuples de la Mer" illyriennes qui comprennent le Shardana, qui, tel qu'interprété par les savants comme Schachermeyr et Bonfante, vous pensez qu'ils ont eu raison de matrice peuple illyrien, qui a poussé ont été renversés par la nécessité de le delta du Nil, alors chef de la Palestine: un grand nombre de données semblent assurer cette origine: la ville de Sarda (maintenant Shudah), et la tribu ou Sardeates Ardiei, la ville de Pelastae, à partir de laquelle l'etnonimo des Pelaestini ou Pélasges et d'autres choses.

Brunilda Ternova: Pensez-vous qu'il pourrait y avoir d'autres initiatives - et pas seulement des essais, des initiatives académiques, mais aussi - de mettre plus de lumière sur ces questions et éclaircir le mystère du passé de nos peuples?

Prof Albert G. Areddu: Certainement. Savants albanais qui devrait occuper le "Qu'est-ce sarde" pour voir si elles les identifier, le tronc commun de la civilisation et a espéré que ce serait tout autant, sinon l'universitaire, les curieux, les expérimentateurs raisonnable, les gens sans préjugés et avec rétro-éclairage du cerveau a pris soin de "Ce que l'albanais» parmi nous, peut-être étudier en détail leurs dialectes, les traditions et la toponymie. Malheureusement, nous actualisons un poids négatif: que nous sommes des peuples peu nombreux, et je ne sais pas combien en Albanie et en Sardaigne serait prêt à étudier ces rapports subtils

Brunilda Ternova: Quel serait votre message à l'albanaise lecteur, et quel sera le sujet de son prochain ouvrage?

Prof Albert G. Areddu: A Cultural mon souhait serait que vous développez aussi une miche aldifuori Albanie réévaluation des anciens Illyriens, comme cela s'est produit avec d'autres indo-européennes anciennes populations sont presque oubliés (pensons à la fortune du Celtic sagas). Mon espoir le désir scientifique de travailler à côté d'un papier dans lequel ils peuvent explorer certains aspects de la reconstruction historique et culturel laissé tranquillement dans les «Origines de la culture albanaise en Sardaigne,« ce n'est pas seulement des mots mais aussi les objets, les traditions, les relations, les symboles. Et maintenant, avec votre permission, je vous dire adieu, en utilisant le verbe typique de vos vœux: falem qui, selon le grand Çabej Eqrem vient du Chala latine, conservée en Sardaigne et dans le cours, que dans les deux îles est utilisé uniquement avec la valeur d'origine du «off»: falare. Alors à vous tous: faleminderit.

Brunilda Ternova: Merci de nous avoir laissé le Dr Areddu cette interview sympa!

Pour plus d'informations, s'il vous plaît visitez le blog personnel de l'auteur:



Pour contacter l'auteur: illirica@tiscali.it

domenica 6 novembre 2011

Familja Duka-Ёngjëlli

nga Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro
(përktheu nga italishtja në shqip Brunilda Ternova)

Bandiera di Battaglia della famiglia Ducas Angeli 
Ashtu si edhe shumë familje të tjera arbërore ajo e Duka Engjëllit ka origjinë iliro-bizantine. Historiani Straboni e përmend origjinën e kësaj familje në Librin e Shtatë të Gjeografisë (rreth vitit 40 para erës sonë) në të cilin përfshin edhe trungun e Enkelej Bakiadi (ita. Enchelli  de' Bacchiadi), princët e Kadmit dhe Harmonis, si njërin nga fiset më të shquar të Epirit gjatë periudhës në të cilën ishte në pushtet fisi i fuqishem ilir i Molosëve. Euridike - nëna e Filipit II të Maqedonisë (Filip Amyntas) dhe gjyshja e Aleksandrit të Maqedonisë - ishte e bija e Neoptolemit Enkelej Bakiadi (i transformuar më pas në Angeli-Bakro o Bakaros) dhe i përkiste kësaj familjeje. Por për të gjetur më shumë informacion të besueshëm është e nevojshme të bëjmë disa kërkime historike në shekullin e XIII.
Pas pushtimit latin të Konstandinopojës më 1204, prapaskena historike e principatave të njëpasnjëshme në Lindjen Bizantine paraqitet shumë e ndërlikuar: Baldovini - kont i Fiandres, ishte ndërkohë i pari Perandor latin i Kostandinopojës. Në vazhdim shumë Shtete vasale u formuan në “Greqi” ku ndër më të rëndësishmit kemi: Mbretërinë e Selanikut, Principatën e Akaisë, Principatën e Mores dhe Dukatin e Athinës. Ndërkohë Venecia kishte marrë qytetet më të rëndësishme detare të brigjeve greke dhe shqiptare, të tilla si Koroni, Methoni, Zante, Qefalonia, Durrësi dhe shumë të tjera, duke përvetësuar kështu të drejtën e dominimit të detit Adriatik dhe të detit Jon. Midis Peleoponezit verior dhe jugut të Shqipërisë, në atë kohë u krijua një zotërim me origjinë greko-shqiptare, i quajtur Despoti i Epirit, i pavarur nga organigrami i shteteve satelite të Kostandinopojës latine, duke kapur kulmin e shkëlqimit të tij me familjen e Ёngjëll-Duka, zotërinj të Angjelokastros (Angelocastro), qytet kështjellë në Etoli, ku ende edhe sot flitet gjuha shqipe.
Despotati pati një rëndësi të madhe në arenën politike midis Shqipërisë, Greqisë dhe Thesalise, falë Teodor Ёngjell Duka (ita. Teodoro Angelo Ducas), me në krye të cilin Shteti Epiriot arriti përhapjen më te madhe territoriale: pushtoi Thesalinë e më pas falë pushtimit të Selanikut u kurorëzua ‘Basileus i Romei-ve’. Përhapja e tij përfundoi me betejën e Klokotnika më 1230 e fituar nga bullgarët, të cilët e zunë rob Teodorin e me pas dhe e verbuan. Në 1231 në fronin Epirot u ngjit Mëhill Duka Ёngjëll Komeni II (ita. Michele Ducas Angeli Comneno), i cili vazhdoi politikën ekspansioniste të paraardhësve të tij. U lidh farefisnisht me Manfredin e II të Svevia, duke i dhënë për grua vajzën e tij Elenen, dhe me Princin Guliem VII Villehardouin të Akaisë, të cilit i dha për grua vajzën e tij të dytë, Anën. Të gjitha ambicjet e Mëhillit përfunduan në disfatën e Pellagonisë më 1259. Më pas mundi të rimarre sërisht Despotin e Epirit por me kusht që të njihte sovranitetin e perandorit bizantin Mëhilli VIII Palaeologu (ita. Michele VIII Paleologo). Despoti i fundit i Epirit ishte Thomai, i biri i Niceforit (1296 -1318). Pas pushtimit serb më 1348, Despoti u nda në midis  serbëve dhe shqiptarëve: serbët dominonin veriun e Epirit ku ishte guvernator Thoma Preljumbovic me kryeqytet Janinën; në jug të Epirit ishin formuiar dy Shtete, respektivisht nga shqiptarët Gjin Bue Shpata në Arte dhe Pjetër Losha në Angjelokastro.

Bibliografia:
Cronaca Gianiniota (Branusi ed. Atene 1965);
Cronaca di Morea ( anonimo pubbl. da Hopf- Berlino 1873).
http://www.facebook.com/profile.php?id=100002413267676&ref=tn_tinyman#!/notes/vincenzino-ducas-angeli-vaccaro/ducas-angeli-famiglia/235706459824442

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(versione in lingua italiana)

La familgia DUCAS ANGELI
di Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro

Come  molte altre famiglie, quella dei Ducas Angeli , ha origini  illirico- bizantine. Lo storico romano Strabone ne ricorda le origini nel suo Libro Settimo di Geografia( 40 a.C. circa)  dove annovera la  stirpe degli Enchelli  de' Bacchiadi , signori d di Cadmo e di Armonia, come una delle tribù più in vista  d'Epiro durante il periodo , nel quale, troneggiava la potente tribù dei Molossi. La madre di Filippo d'Aminta, nonna di Alessandro il Macedone, Euridice,  filglia di  Neoptolemo Enchelli Bacchiade ( rotacizzato in Grecia, in seguito, Angeli-Bakro o Bakaros),apparteneva a questa famiglia. Per trovare notizie più certe è necesario risalire al XIII,  questo grazie allo sprono datomi dalla mia amica Brunilda Ternova, alla quale ripongo tutta la mia stima.
Dopo la conquista latina di Costantinopoli ( 1204) , intricato si presenta il  proscenio storico dei principati susseguitisi  nell'Oriente Bizantino: Baldovino, conte di Fiandra, fu il primo imperatore latino in Costantinopli; coneguentemente molti Stati vassalli vennero costituiti in Grecia, fra i più importanti vanno ricordati : il regno di Tessalonica, il Principato di Acaia, il principato di Morea , e il Ducato di Atene. Venezia occupò  le città marittime più importanti delle coste albanesi e greche, come Corone, Modone, Zante, Cefalonia, Durazzo ed altre ancora, arrogando, in tal modo, il predominio sull'Adriatico e sullo Jonio. Tra la Grecia settentrionale e l'Albania meridionale, in quel periodo sorse una Signoria di origine greco-albanese, denominato Despotato di Epiro, indipendente dall'organigramma degli stati satelliti della Costantinopoli latina, raggiungendo il massimo splendore con la famiglia degli Angeli-Ducas, signori di Angjellokastros ( Angelocastro) , paese fortezza,  in Etolia, ove si parla ancora la lingua albanese. Il Despotato ricoprì una grande importanza nello scacchiere politico tra l'Albania, La Grecia e laTessaglia, grazie  a Teodoro Angelo Ducas, con il quale lo stato epirota raggiunse  la massima estensione territoriale: riuscì a conquistare la Tessaglia e con la conquista di Tessalonica fu incoronato "Basileus dei Romei . La sua ascesa ebbe fine con la battaglia di Klokotnika (1230) vinta  dai Bulgari, dai quali ,Teodoro, venne fatto prigioniero ed in seguito accecato. Nel 1231 sul trono Epirota ascese Michele Ducas Angeli Comneno ( MicheleII), che proseguì la politica  espansionistica dei suoi predecessori; si legò in parentela con Manfredi II di Svevia, dandogli in moglie la figlia Elena e con il Principe di Acaia Guglielmo VII Villehardouin, a cui dette in moglie la secondogenita Anna. Tutte le ambizioni di MicheleII finirono con la sconfitta di Pelagonia ( 1259). Riusci a rimpadronirsi del Despotato, ma dovette riconoscere la sovranità dell'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo. L'ultimo despota d'Epiro fu Tommaso, figlio di Niceforo ( 1296 1318). In seguito al'invasione serba ( 1348) il despotato venne diviso tra Serbi e Albanesi; nel sttentrione dominavano i Serbi, di cui governatore era  Tommaso Preljumbovic, con capitale Giannina; nel meridione si erano costituiti due stati retti rispettivamente dagli albanesi Gin Bua Spata in Arta e Pietro Losha in Angelocastro.

Bibliografia: Cronaca Gianiniota( Branusi ed. Atene 1965);
Cronaca di Morea ( anonimo pubbl. da Hopf- Berlino 1873).
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