lunedì 31 agosto 2009
La tempesta in un bichier d'acqua di Del Ponte.
La tempesta in un bichier d'acqua di Del Ponte.
link: http://www.albanianews.it/opinioni/300809-la-tempesta-in-un-bichier-dacqua-di-del-ponte
Forse tutti ricorderanno il libro 'La caccia'. Sottotitolo: 'Io e i criminali di guerra' di Carla del Ponte nel quale, l'autrice ripercorre gli otto anni di caccia a persone che si sono macchiate di delitti orrendi, con accuse che sono arrivate fino a quella estrema di genocidio. Dove, seppur a denti stretti riconosce una sconfitta: "Non sono riuscita a ottenere dalla comunità internazionale l'arresto di Ratko Mladic e Radovan Karadzic, il capo militare e quello politico dei serbi di Bosnia".
Questo suo libro, messo in giro per tutto il mondo come parte del proprio curriculum prima di intraprendere la strada della diplomazia, in fin dei conti dimostra che,il procuratore del Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia appende la toga al chiodo non nel modo che ogni onesto cittadino di questo mondo avrebbe voluto, ma con un fallimento e con soltanto chiacchiere al vento che tuttora girano nei Balcani.
Nel dichiarare il proprio fallimento, quando dice:"Non sono riuscita a ottenere dalla comunità internazionale l'arresto di Ratko Mladic e Radovan Karadzic, il capo militare e quello politico dei serbi di Bosnia", Carla del Ponte "dimentica" il suo fallimento più grande; Lei per tanti anni aveva nelle celle del proprio tribunale il criminale numero uno di tutti i mali della ex-Jugoslavia, Sllobodan Miloshevic,Accusato di crimini contro l'umanità per le operazioni di pulizia etnica dell'esercito jugoslavo contro i musulmani in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo, e che solo la sua morte naturale(!!) ha liberato dal grave imbarazzo il Tribunale, che il 14 marzo 2006 ha ufficialmente estinto l'azione penale e chiuso senza una sentenza il più importante processo per il quale era stato istituito.
Nel suo libro, Del Ponte, il capitolo 11°,«Kosovo: dal 1999 al 2007», è interamente dedicato ai crimini di guerra che l'Uck albanese avrebbe commesso nella regione contro serbi e albanesi. Come è stato scritto in alcuni giornali (che come fonte delle loro notizie avevano le parole di Del Ponte) i crimini furono particolarmente efferati e le vittime, prima di essere uccise, sarebbero state usate per l'espianto e il commercio internazionale dei loro organi. Carla Del Ponte prese la vicenda molto sul serio e lavorò all'istruzione di un grande processo che avrebbe coinvolto, tra l' altro, alcuni degli attuali leader del Kosovo indipendente.
Dunque, se per i altri capitoli del libro ormai non si sente più parlare, se non solo perche l'arresto dei criminali di guerra è stato offerto come merce di scambio dalla UE per favorire l'integrazione della Serbia in Europa, il famigerato undicesimo capitolo continua di essere sbandierato da certi gruppi serbi come la prova delle loro ingiustizie fate durante la guerra.
Sono cosi ammagliati dalle parole di Del Ponte, che a forza di scrivere tutti i giorni intorno a questo argomento, ormai non solo la prendono come un fatto realmente accaduto, ma non si risparmiano neanche nel cercare le prove per convincere, se non gli altri, almeno se stessi e Carla del Ponte che tutto quello che lei diceva corrispondeva alla verità.
Pur di raggiungere il loro sogno (e quello di Del Ponte), i serbi non badano alle spese... solo pochi giorni fa, le forze di sicurezza di Kosovo hanno arrestato tre agenti serbi che, approfittando della povertà estrema dei kosovari dopo un lungo periodo di guerra, le offrono cifre enormi per dichiarare il falso in tribunale per quanto riguarda la loro pretesa sull'espianto e il commercio internazionale dei organi fato dagli albanesi.
Ed eco la registrazione con una registrazione ambientale di una di quelle "trattative" degli agenti serbi prima del loro arresto che la potrete guardare in questo articolo in inglese di New Kosova report: http://www.newkosovareport.com/200908121882/Society/Serb-agents-caught-on-tape-bribing-to-secure-false-testimony.html
Guarda il video in lingua inglese: http://www.youtube.com/watch?v=KGYqdvyRXy0&feature=channel_page
(Ringraziamo l’autore Eduart Rustemi per averci dato l’autorizzazione di pubblicare il suo articolo sul nostro blog)
domenica 30 agosto 2009
Il progetto del premio Nobel Ivo Andric, per far sparire gli Albanesi.
Il progetto del premio Nobel Andric, per far sparire gli Albanesi. di Hajro Hajra
(Tradotto da Brunilda Ternova - Titolo in originale: Projekti i nobelistit Ivo Andric, per zhdukjen e shqiptareve.)
Incominciando dal XIX secolo ed fino ad oggi sono stati effettuati dei piani, progetti, memoranda ed elaborati per conquistare le terre Albanesi, per sgomberare parzialmente o completamente gli Albanesi dalle loro terre, per assimilarli e commutarli parzialmente e/o completamente e perfino farli fuori del tutto.
Questo ballo anti-albanese è stato intrapreso nel passato (e continua anche oggi) principalmente da quegli stati e governi statali i quali hanno avuto facoltà di essere così zelanti da mettere in azione tutto un meccanismo, statale e non statale, religioso e non religioso, e tutto il loro potenziale intellettuale contro un intero popolo nella terra dei quali si sono seduti a gambe accavallate.
I loro appetiti da invasori non si sono mai accontentati e sicuramente non si accontenteranno mai, poiché nella logica di chi ha già conquistato rimane sempre quella di conquistarne ancora.
I serbi sono diventati vicini degli Albanesi secoli fa, quando sono sopraggiunti e si sono insediati sotto il Danubio, e come una metastasi hanno continuato ad espandersi giù e ancora più giù verso il sud, incominciando a ridurre continuamente le terre Albanesi, estirpandoli, cacciandoli oppure assimilandoli, metodi questi ben conosciuti agli invasori serbo-slavi di ieri e di oggi.
Il primo programma politico della Grande Serbia è la Nacertania (Il Progetto) di Ilia Garasanin nell’anno 1844.
Un altro documento anti-albanese è il Memorandum di Vasa Çubrilovic che si intitolava “Iseljavanje Arnauta” (La Deportazione degli Albanesi), un referto che Çubrilovic aveva tenuto nel Club Culturale Serbia il 7 marzo 1937 (inviato anche al governo di M. Stojadinovic), dove prospettava il trasferimento forzato degli Albanesi dalle loro terre.
Le proposte di Çubrilovic si appoggiavano sulle idee di Nacertania di Garasanin e sulle “opzioni dell’est” di Nikola Pašić, con l’intenzione di far sboccare nel mare Egeo i confini della Serbia tramite Selanico, e di controllare il Canale di Otranto tramite l’Albania del nord.
Çubrilovic avrebbe continuato a difendere questi punti di vista anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, ripetendo spesso l’idea della pulizia etnica verso gli Albanesi e verso le altre minoranze nel suo rapporto letto il 3 novembre 1944 davanti ai rappresentanti più alti del partito della nuova Jugoslavia.
L’accordo tra la Jugoslavia e la Turchia, stabilito nel 1938 per la deportazione forzata degli Albanesi verso l’Anatolia, era un progetto anti-albanese che seguiva la stessa scia dei progetti precedenti.
Un altro progetto anti-albanese era il famigerato Elaborato di Ivo Andric.
Ivo Andric (1892-1975) era un serbo della Bosnia, che oltre ad essere un scrittore (anzi è stato anche vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1961), è famoso anche come diplomatico con un’esperienza di 20 anni, durante il periodo del Regno Serbo-Croato-Sloveno.
Nel 1937-1939, Andric era stato nominato Viceministro dei Affari Esteri nel governo di Milan Stojadinovic svolgendo attività molto delicate e di grande responsabilità.
A gennaio 1939, dopo una visita a Belgrado del Ministro italiano dei Affari Esteri Galeazzo Ciano che si era incontrato con il capo del governo serbo Stojadinovic (l’argomento dell’incontro era la questione Albanese), quest’ultimo aveva incaricato Andric a elaborare una Promemoria Ufficiale (Aide Memoire) riguardo la questione Albanese per bisogni interni del governo negli affari esteri.
Con molto zelo Andric aveva completato il compito affidatogli, e il promemoria Aide Memoire era già pronto il 30 gennaio 1939.
Questo documento viene conservato nell’Archivio della Serbia, Fondazione di Milan Stojadinovic. E’ stato pubblicato per la prima volta dallo storico croato Bogdan Krizman nel 1977 in «Èasopis za suvremenu povijest» (Revista di Storia Contemporanea), dal titolo “L’Elaborato di Dr. Ivo Andric per l’Albania dell’anno 1939”, accompagnato da un commento.
La pubblicazione di questo documento segreto, aveva fatto nascere in quel momento, molte reazioni e polemiche nei circoli serbi. In Serbia questo documento è stato pubblicato per la prima volta nel 1988 nella rivista “Sveske”, Fondazione Andric. La traduzione integrale che stiamo per offrirvi è stata pubblicata prima nella rivista “Fjala” (La Parola) di Pristina in data 1 maggio 1990, pagine 11-12, ed è anche la prima pubblicazione in lingua albanese dell’Elaborato di Andric, pubblicato in Kosova. Questo Elaborato è stato pubblicato prima in lingua albanese nel 1981, tradotto dall’intellettuale Jusuf Gërvalla nel giornale “Zëri i Kosovës” (La Voce del Kosova) che veniva pubblicato in diaspora e diffuso illegalmente in Kosova e nei altri territori albanesi.
Un altro ufficiale del Ministero dei Affari Esteri del Regno Serbo-Croato-Sloveno, Ivan Vukotic, aveva preparato un altro Elaborato il 3 febbraio 1939. In questo elaborato in modo concreto e palese si parla della frantumazione dell’Albania, come un modo per contrastare l’accesso dell’Italia nei Balcani. Anche questo documento è stato pubblicato in lingua Albanese nel 1990 nella rivista “Kosovarja” (La Kosovara) di Pristina (tradotto da H.H.).
Nella scia dei documenti anti-albanesi fa parte anche “L’Accordo dei Gentiluomini” che riguarda la deportazione forzata degli albanesi verso la Turchia, sottoscritta nella città di Split in Croazia il 1953 tra il Maresciallo Josip Broz Tito e il rappresentante della Turchia Fuad Kyprili. Questo accordo era un rinnovo della Convenzione del 1938.
Tutti questi progetti, piani, e memoranda diabolici non sono né i primi e nemmeno gli unici che si sono stipulati e che continuano ancora ad operare contro gli Albanesi.
Le intenzioni anti-albanesi della Serbia continuano e proseguiranno anche nel futuro. La Serbia anche oggi, in più di un anno di distanza dalla proclamazione del Kosova come stato indipendente, continua a spadroneggiare in parte del territorio di Kosova, mentre riguardo i territori etnici Albanesi rimasti dentro i suoi confini politici continua nel suo terrorismo con la stessa intensità.
Lo stato albanese soffocato dalla corruzione, rischia di essere inghiottito economicamente dalla vicina Grecia, la quale per quello che riguarda la questione Albanese ha avuto e continua ad avere tutt’oggi lo stesso atteggiamento simile a quello della Serbia.
Gli Albanesi del Montenegro e del FYROM, anche se vivono da secoli nelle loro terre etniche, vengono umiliati e continuano ad essere trattati come se fossero forestieri, anche se i capi politici albanesi (che hanno come patria solamente l’interesse personale) parlano di sviluppo dei diritti umani.
Quo Vadis, albanesi?
In seguito il testo dell’Elaborato di Andric riguardo l’Albania visto dal punto di vista serbo. Il materiale è stato tradotto dalla lingua serba in lingua albanese da Hajro Hajra.
* * *
L’ELABORATO DI ANDRIC RIGUARDO L’ALBANIA
I
LA GUERRA BALCANICA E L’ALBANIA
L’uscita dell’esercito serbo nell’Adriatico
Secondo la parte segreta dell’Accordo per l’alleanza tra Bulgaria e Serbia del 26 febbraio 1912, alla Serbia viene riconosciuto il diritto dei territori che fino a quel momento erano sotto l’Impero Turco nel nord e nell’ovest fino alle montagne di Sharr. Facendo riferimento a questa clausola, e avendo come traguardo di assicurare al loro Paese una uscita nel mare, il 15 novembre 1912 le truppe serbe entrano nella città di Lezha e piano piano invadono tutta l’Albania del Nord, fino a Tirana e Durazzo. Il 25 novembre nel giornale “Times” di Londra viene pubblicata la proclamazione di Nikola Pašić dove si dice che la Serbia vuole per sé Durazzo insieme alla parte maggiore dell’entroterra.
La Creazione dell’Albania Autonoma
La Conferenza degli Ambasciatori a Londra nel 1912 prende la decisione di creare l’Albania Autonoma, dando alla Serbia solamente il diritto ad avere una uscita commerciale nel mare Adriatico. Ed è questa Conferenza che il 20 marzo 1913 decide che Scutari deve rimanere parte dell’Albania, ma il Montenegro rifiuta di accettare la decisione delle grandi potenze. La Serbia appoggia questa decisione del Montenegro inviando le sue truppe per rafforzare l’assedio di Scutari. Le grandi potenze decidono il 21 marzo di fare una dimostrazione marittima, dalla quale si astiene solamente la Russia.
Gli incrociatori austro-ungarici, inglesi, francesi, tedeschi e italiani raccolti vicino a Bari obbligano le truppe serbe a ritirarsi dalle loro posizioni vicino a Scutari.
L’Assedio della costa montenegrina.
Il 10 aprile le Grandi Potenze dichiarano l’assedio delle coste montenegrine, perchè il governo del Montenegro continua a tenere Scutari ancora accerchiato, che finisce il 20 aprile.
Intanto Re Nicola è costretto a ritirarsi e il 4 maggio con un telegramma che invia a Sir Edward Gray lascia il destino di Scutari alle Grandi Potenze. L’invasione internazionale di Scutari durerà dal 5 maggio 1913 fino all’inizio della Guerra Mondiale.
II
LA SPARTIZIONE DELLE ZONE DI INTERESSE IN ALBANIA, TRA SERBIA E GRECIA.
Anche se la Serbia fu obbligata a ritirarsi dall’Adriatico e dall’Albania del Nord sotto la pressione delle grandi potenze, soprattutto quella Austriaca, i serbi non perdettero mai le speranze.
Nella dichiarazione del 19 maggio 1913, la quale era un allegato segreto dell’Accordo di Alleanza tra Grecia e Serbia, i due Stati si erano spartiti le sfere di interesse nell’Albania autonoma appena formata. Facevano parte della sfera di influenza greca: i territori che si estendevano a nord della foce del fiume Seman verso il mare, la corsa di questo fiume fino al delta di Devoll, e poi lungo Devoll fino alla Montagna di Kamje. In caso di turbolenze in Albania, i due Stati avevano deciso reciprocamente riguardo la posizione da tenere, e queste erano le richieste minimali esposte all’Albania elaborate in un documento scritto.
III
IL TRATTATO DI LONDRA E L’ALBANIA
Il trattato di Londra stipulato il 26 aprile 1915 tra Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia conteneva riguardo l’Albania queste clausole:
L’articolo 5 dice: “Quattro potenze alleate si divideranno insieme a Croazia, Serbia e Montenegro queste parti dell’Adriatico: (…) Nella parte sud dell’Adriatico che interessa Montenegro e Serbia tutta la costa marittima cominciando da Capo Planca fino al fiume Drin, insieme con i porti importanti di Split, di Ulcinj e di Shëngjin (…) … il porto di Durazzo sarà assegnato allo Stato indipendente d’Albania.
L’articolo 6 dice: “L’Italia prenderà pienamente possesso di Valona, dell’isola di Saseno e anche di un vasto territorio necessario per la loro protezione che corrisponde ai territori tra il fiume Vjosa nel nord-est e nel sud fino ad Himara”.
L’articolo 7 dice: “Nel caso che si venisse a creare il piccolo Stato autonomo e indipendente dell’Albania, l’Italia non contesterà il desiderio di Francia, Gran Bretagna e Russia che i territori del nord e del sud vengono spartiti tra Montenegro, Serbia e Grecia”. “L’Italia avrebbe vinto il diritto di guidare gli affari esteri dell’Albania”.
Fin dal 1915 le Grandi Potenze approvano la spartizione dell’Albania, e Italia, Serbia e Grecia ammettono di avere dei loro interessi nelle terre Albanesi. Finquando ai due Stati balcanici viene dato il diritto di modificare le frontiere, all’Italia viene lasciata Valona e il protettorato su quella parte dell’Albania rimasta smembrata.
IV
L’ALBANIA NELLA CONFERENZA DI PACE
La Posizione delle Grandi Potenze.
Durante la Conferenza di Pace le potenze alleate (Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America), avevano proposto riguardo l’Albania in prima battuta gli stessi confini che si erano decisi durante la Conferenza di Londra; riconoscevano la totale sovranità d’Italia su Valona e sull’entroterra dando all’Italia la disposizione per la libera amministrazione dello Stato Albanese sotto il controllo delle Nazioni Unite (Memorandum del 9 dicembre 1919).
La posizione Albanese.
(Contro la disposizione dell’Italia. Per l’indipendenza dell’Albania. Gli argomenti per la modificazione dei confini e per la cessione di Scutari e del Nord Albania)
Gli Albanesi nella loro risposta datata 8 gennaio 1920 non hanno accettato la proposta che all’Italia venisse dato il mandato sull’Albania, sottolineando che questa sarebbe stata la ripetizione della situazione della Bosnia ed Herzegovina.
“Questa soluzione creerà a favore dell’Italia dei confini offensivi contro il nostro Stato, il quale sarà privato dei mezzi per difendersi. Questa da un lato è una preponderanza offensiva, mentre dall’altro è una perfetta condizione di sottomissione strategica. Per ragioni economiche e strategiche noi abbiamo richiesto che venga fatta la correzione dei nostri confini (il corso di mezzo di Drin, Buna e i clan di Kelmendi e di Kastrati), che si erano stabiliti nella Conferenza di Londra del 1913.
Oltre a questa correzione, la nostra delegazione aveva dichiarato che la soluzione migliore sarebbe stata che l’Albania diventasse uno Stato autonomo con i confini dell’anno 1913 e con una amministrazione autonoma. Nel caso che questa soluzione non fosse stata accolta oppure se la parte del sud d’Albania fosse stata annessa ad altri Stati, la nostra delegazione avrebbe chiesto la parte nord dell’Albania fino a Drin. Il nostro Stato ha dei diritti antichi su queste terre – si dice nel memorandum – e il nostro popolo ha versato fiumi di sangue per Scutari soprattutto nella guerra del 1913, nella quale la Serbia perse migliaia di soldati e il Montengro perse 1/3 del suo esercito.
Per accontentare i desideri delle Grandi Potenze le truppe serbe e montenegrine lasciarono Scutari e l’Albania del nord. L’Austria fece intervenire l’esercito. Scutari sarebbe rimasto al Montenegro - se quest’ultimo avesse accettato di lasciare Llovqenin agli Austriaci – in caso contrario sarebbe diventato neutrale, ma il Montenegro rifiutò di lasciare all’Austria questa importante posizione strategica.”
“Scutari è connesso anche con il fiume Buna, che apre una strada naturale di commercio verso il mare per il Montengro. Anche con il Trattato di Berlino, il Montengro fruiva del diritto di navigazione nel fiume Buna. La maggior parte del Lago di Scutari appartiene al Montenegro e a causa della negligenza dei turchi le migliori superfici del Montenegro sono inondate dalle acque del lago. Per questa ragione al nostro Stato interessa la sistemazione di Buna e di Drin, non solo in ragione della navigazione di Buna, ma anche perche in questo modo si possono drenare da 12 a 20.000 ettari di terra fertile e altrettanti ettari diverrebbero terra agricola.”
La Posizione Italiana.
(in base al Memorandum di 10 gennaio 1920)
L’Italia chiede dall’Organizzazione delle Nazioni Unite il mandato di amministrare lo Stato indipendente Albanese. I confini nel nord-est dell’Albania sarano quelli già stabiliti nella Conferenza di Londra. Il confine del sud sarà oggetto di analisi. La città di Valona verrà data all’Italia sotto la totale sovranità, insieme con l’entroterra necessario per la protezione e lo sviluppo della città.
Gli Alleati accettano che Scutari e l’Albania del Nord facciano parte della Jugoslavia.
Proponendo una soluzione generale della questione dell’Adriatico, Clemanso, in qualità di Vicepresidente della Conferenza di Pace, in relazione con la cessione di Rijeka/ Fiume agli italiani, disse a Pašić e a Trumbic il 13 gennaio 1913: “Lo stato Serbo-Croato-Sloveno sarà elevato al suo apice quando possiederà Scutari, Drin e Shëngjin.” Gli Albanesi non accettarono che l’Italia tenesse Valona e prendesse il mandato sull’Albania.
La nostra ultima risposta alla Conferenza di Pace.
Nella nostra ultima risposta alla Conferenza di Pace (il 14 gennaio 1920) abbiamo continuato a difendere la posizione per cui la soluzione migliore sarebbe stata che l’amministrazione dell’Albania (con i confini del 1913) venisse affidata al governo autonomo locale, senza le intromissioni delle potenze straniere. Se questa scelta non fosse stata presa in considerazione, decidendo che parti dei territori albanesi venissero ceduti agli Stati stranieri, la nostra delegazione avrebbe chiesto l’Albania del Nord (allegando una mappa con il confine segnato), per la quale aveva promesso una autonomia.
Il Punto di Vista di Pašić.
Nel momento in cui sembrava che gli Alleati avrebbero permesso all’Italia di rafforzarsi nell’Albania centrale, Pašić nel 1919 faceva presente al governo di Belgrado che era giunta l’ora, obbligati dalle circostanze, di cambiare la nostra politca verso l’Albania.
In quella lettera si dice: “Visto che in Albania non possiamo far ritornare la situazione allo stato precedente, prima dell’evacuazione del nostro esercito e del governo di Esad Pasha, per causa della infiltrazione italiana e del sostegno che l’Italia ha dalle grandi potenze; visto che le grandi potenze vogliono applicare il Trattato di Londra e non esisterà più un’Albania, gli alleati elargiranno all’Italia la città di Valona con l’entroterra ed il protettorato su una buona parte dell’Albania – in queste condizioni noi dobbiamo chiedere altri confini migliori sui territori Albanesi che saranno sotto il protettorato italiano”. “Il minimo che accetteremo dagli alleati sara questo: il confine lungo il fiume di Drin Nero fino al fiume di Drin Bianco e da lì fino al mare”.
“Il massimo che dobbiamo chiedere, in modo che l’Italia prenda meno territori deve essere: il fiume di Mat fino alla sua fonte, poi da lì verso l’est fino al fiume Drin Nero. Cioè, i fiumi Mat e Drin saranno i nostri confini con il protettorato italiano”.
V
L’ INVASIONE ITALIANA DELL’ALBANIA DOPO LA GUERRA E LA RITIRATA DEFINITIVA IN SEGUITO ALL’INSUCCESSO A VALONA.
Dopo la conclusione della guerra, in base ad una decisione militare tra gli alleati, le truppe italiane invadono tutto il territorio Albanese, anzi invadono anche la parte nord che spettava a noi e che ci veniva riconosciuta dal Trattato di Londra. Solamente Scutari era sotto l’occupazione doppia delle truppe francesi e quelle italiane.
Per causa della posizione ostile che l’Italia aveva a quei tempi con il nostro stato Serbo-Croato-Sloveno, noi abbiamo considerato questa invasione militare italiana dell’Albania come il pericolo più grande per la nostra esistenza. Nel suolo Albanese è stata svolta una aspra guerra tra noi e l’Italia. Da lì, gli italiani hanno innalzato la questione montenegrina e macedone, ed anche l’idea della grande Albania fino a Kacanik. Contro quest’ultimi abbiamo svolto delle azioni occultate e altre volte anche aperte, cercando di persuadere i capi albanesi e cercando di servire l’idea “dell’Albania Indipendente” con l’enunciato “i Balcani agi popoli dei Balcani”.
I’insoddisfazione degli albanesi constrinse gli italiani a ritirare le loro truppe dai territori dell’Albania all’inizio del 1920, rimanendo solamente intorno a Valona, da dove a giugno di quell’anno saranno costretti a ritirarsi stipulando un trattato con il governo di Tirana per l’evacuazione totale del territorio albanese, escluso l’isola di Saseno. L’evacuzione dell’Albania fu realizzata grazie all’opposizione organizzata degli albanesi, ma non si deve dimenticare che l’Italia a quei tempi era molto debole sia politicamente che militarmente. Ancora oggi ci sono albanesi che pensano che possono cacciare via gli italiani quando vogliono. Questa loro presunzione è fatale, poiché non vedono che l’Italia fascista odierna non è quella del 1920 dei governi parlamentari di Nitti, Giolitti e Facta.
VI
L’ALBANIA DI FRONTE ALLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI
Dopo l’evacuazione dell’Albania dalle truppe italiane la situazione sul terreno si era chiarita, e la Conferenza di Londra a novembre 1912 potè prendere la decisione di riconoscere l’Albania come un Stato sovrano e indipendente. Al posto delle promesse precedenti legate a Valona e al mandato sull’Albania, le Grandi Potenze riconobbero all’Italia solamente il suo speciale interesse per la conservazione dell’indipendeza albanese.
L’Albania entrò nella Organizzazione delle Nazioni Unite con la speranza che questo fatto avrebbe assicurato ancora di più la sua indipendenza. Abbiamo tentato inutilmente prima della Conferenza degli Ambasciatori di realizare la modifica dei confini con Scutari e Drin, sottolineando riguardo Scutari le ragioni storiche, mentre riguardo a Drin le ragioni economiche e quelle dei traffici. L’esperto francese della Conferenza di Londra, Larosch, ci consolava con queste parole: “Il Governo Reale ha sbagliato a non approvare a tempo debito la proposta francese per la frammentazione dell’Albania. Pašić era d’accordo con questa idea, ma il governo di Belgrado rifiutò”. Noi siamo stati obbligati a rinunciare a Scutari e al confine fino a Drin, in modo da non lasciare gli italiani fino a Valona. Visto che sempre abbiamo presentato l’idea del non cambiamento del territorio Albanese e la sua autonomia, come si era deciso nel 1913, si può supporre che questa scelta della Conferenza degli Ambasciatori era a noi gradita. Ma non è così. Le nostre difficoltà nei rapporti con l’Albania e con l’Italia per causa dell’Albania, si stanno accumulando e vanno ancora oltre, anche se l’Albania è stata dichiarata Stato indipendente ed è membro dell’ONU.
LA REPUBBLICA DI MIRDITA.
Mentre la Conferenza degli Ambasciatori stava risolvendo la questione dei confini dell’Albania e l’organizzazione della sua indipendenza, nell 1921 noi abbiamo sottoscritto un accordo di collaborazione con i capi di Mirdita. Si prevedeva la creazione dello Stato libero di Mirdita, il quale sarebbe stato protetto dalle nostre truppe militari del regno Serbo-Croato-Sloveno e i suoi affari esteri sarebbero stati rappresentati dal governo di Belgrado. Il governo di Tirana soppresse questo movimento e noi fummo accusati e condannati davanti all’Organizzazione delle Nazioni Unite.
VII
IL PATTO DI ROMA, PAŠIĆ, MUSSOLINI E L’ALBANIA
A gennaio 1924, il patto di Roma impose sia a Roma che a Belgrado l’obbligo di rispettare l’indipendenza e il principio di non interferire nei affari interni albanesi, altresì lo scambio reciproco di informazioni riguardo gli affari albanesi. Nonostante ciò, non era un ostacolo per il governo italiano aiutare Fan Noli a luglio 1924 ad organizzare una insurrezione contro Ahmet Zogu, e nemmeno per il nostro governo che a dicembre di quell’anno aiutò A. Zogu a fare irruzione in Albania dal nostro territorio per riprendere il potere. Né Roma né Belgrado potevano far fronte agli intrighi e alle richieste dei loro corrispettivi “amici” albanesi, i quali chiedevano aiuto per conservare il loro potere e/o per venire al potere promettendo fedeltà e collaborazione ma alla prima occasione cambiavano orientamento.
VIII
IL PATTO DI TIRANA E LA SITUAZIONE CHE CREO’ QUESTO PATTO
Dando le direttive ai nostri rappresentanti che avrebbero dovuto lavorare in Albania, Pašić diceva:”…noi desideriamo una Albania indipendente, ma debole e instabile.”
Il tempo testimonia che l’Albania non era stabile, ed era costretta a chiedere aiuto e protezione là dove poteva trovarne. Il sistema politico che era in pericolo da parte degli italiani si rivolgeva a noi per chiedere protezione, mentre quello che noi volevamo far cadere chiedeva la protezione degli italiani. La debole Albania nel 1926 ha chiesto l’aiuto e la protezione dell’Italia, e A. Zogu prima di tutto si assicurò da loro delle garanzie per il suo sistema politico. Nel 1927 accettò l’alleanza militare con l’Italia per 20 anni, prendendo centinaia di milioni di lire per i vari lavori, accogliendo molti istruttori italiani, e posizionando l’Albania dal punto di vista economico e finanziario sotto la dipendenza italiana.
Si venne a creare così un rapporto che assomigliava moltissimo a quello del protettoriato, contro il quale noi avevamo combatuto nella Conferenza di Pace. Quello che ci metteva molto a rischio negli ultimi anni era l’organizzazione militare albanese, le fortificazioni militari e le azioni irredentiste. Osservavamo ovunque l’ampio pericolo delle azioni italiane nel “confine offensivo”, contro il quale avevamo combattuto davanti agli alleati a Parigi e dove avevamo fatto la proposta che all’Italia venisse consegnato il mandato in Albania.
E’ importante che venga sottolineato che solamente noi avevamo protestato e avevamo combattuto contro l’infiltrazione italiana in Albania e nei Balcani. Nessun altro stato dei Balcani ci ha appoggiato in questo. Le due potenze marittime mediterranee, Francia e Gran Bretagna, non si opposero alla chiusura del mare Adriatico. Anzi, Austen Chamberlain nell’incontro con Mussolini a Livorno nel 1926, diede l’approvazione per il Patto di Tirana, mentre tutti i rappresentanti francesi a Tirana consigliavano continuamente Re Zog a non creare confliti con gli italiani.
IX
IL PATTO DI AMICIZIA ITALO-JUGOSLAVO DEL 27 MARZO 1937
Basandosi sulla politica della reciproca amicizia, l’Italia e la Jugoslavia si sono accordati in questo modo riguardo l’Albania: L’Italia ha i suoi interessi vitali a Valona, e questa parte della costiera non ci deve far rischiare; noi dobbiamo capire e rispettare questo interesse degli italiani. L’interesse vitale della Jugoslavia è di non avere delle minaccie nel confine sud della Serbia e nemmeno dal Kosova (popolata da albanesi) e nemmeno da Scutari e Montenegro. Questo aspetto senz’altro è stato preso in considerazione quando nel Protocollo Segreto, insieme con il patto di reciproca amicizia, è stata prevista l’interruzione delle ulteriori fortificazioni nelle zone di Librazhd e di Milot. Per quello che riguarda l’impresa economico-finanziaria con l’Albania, noi non abbiamo e non vogliamo investire niente. Perciò in questo gli italiani rimangono senza concorrenti e noi non facciamo osservazioni al riguardo, a condizione che rimangano entro i limiti del patto segreto che hanno intrapreso dal punto di vista politico, economico e finanziario non chiedendo alcun profitto diretto o laterale. In questo modo il patto reciproco d’amicizia del 25 marzo 1937 creò un “modus vivendi” tollerante tra noi e gli italiani sul suolo albanese, per il quale siamo stati così spesso in conflitto per lunghi anni.
E’ un'altra questione quello che sarebbe successo se questo armistizio in Albania avesse fronteggiato una situazione più pesante e più complessa nel Mare Mediterraneo oppure nei Balcani.
X
LA CONSERVAZIONE E/O IL CAMBIAMENTO DELLO STATUS QUO.
L’Indipendenza dell’Albania diminuisce ma non sparisce.
L’indipendenza di uno Stato nei confronti degli altri Stati stranieri è stato sempre un concetto relativo. Avendo presente le circostanze, questa indipendenza è diventata totale ma è diminuita. Riguardo la politica interna ed estera dell’Albania, oggi non si puo dire che sia indipendente dall’Italia, anche se a livello internazionale viene considerata come uno Stato indipendente. Secondo il diritto internazionale le coste albanesi non sono italiane, ma appartengono ad uno Stato balcanico. L’Italia non è partita ancora per i Balcani, anche se ha già una parte sovrana del territorio a Zarë che non gli offre la possibilita di allargarsi oltre.
L’Italia ha grande influenza in Albania, ma non ha la liberta d’azione. Comunque gli Albanesi si oppongono alla infiltrazione italiana creando molti problemi e rallentandola.
“I Bacani appartengono ai Popoli dei Balcani”
La tradizionale politica della Serbia si racchiude nella espressione “I Balcani appartengono ai Popoli dei Balcani”. Questo principio è stato usato tempo fa nella guerra contro l’Impero Ottomano e contro la Monarchia Austro-Ungarica. La Jugoslavia lo utilizzava con successo contro le disposizioni del Patto di Londra il quale introdusse l’Italia in Dalmazia e in Albania. Per l’attuazione di questo principio abbiamo sempre visto la collaborazione tra i popoli dei Balcani come la garanzia migliore per la pace. Vale a dire la presenza di una potenza nei Balcani per aprire le porte agli intrighi e alle invasioni.
L’Espansione dell’Italia.
Può l’Italia rimanere solamente in quella stretta cintura costale diventando proprietaria sovrana dell’Albania sud-centrale? Noi non abbiamo mai creduto a questa idea neanche 20 anni fa, quando le Grandi Potenze donarono all’Italia la citta di Valona insieme con l’entroterra. Non meno ci crederemo oggi, mentre l’Italia sta manifestando così tanto dinamismo e decisione nella suo politica estera.
Un precedente pericoloso.
La presa di una buona parte dei Balcani da parte di una grande potenza non Balcanica senza nessuna base etnica, non solamente per gli altri popoli balcanici ma anche per noi, è un precedente pericoloso. Altre grandi potenze possono prospettarsi in altre direzioni con le stesse pretese. Per noi è pericoloso, soprattutto il caso dell’Italia in Albania, poichè con il Patto di Londra - con il quale viene riconosciuta agli italiani l’Albania del sud - all’Italia viene riconosciuta anche la Dalmazia del nord. Questo precedente che anima le disposizioni del Patto di Londra in una sezione dei Balcani apre le porte per l’incoraggiamento di altre disposizioni.
La spartizione dell’Albania
In occasione della valutazione di questa questione si deve tener conto che in ogni modo dobbiamo evitare i conflitti aperti con l’Italia. Altresì dobbiamo evitare la totale invasione dell’Albania da parte dell’Italia , poiché ci metterebbe in peericolo in molti punti sensibili: Bokë di Kotorr e in Kosova.
Prendendo in considerazione tutto quello che abbiamo delineato sopra, per noi la spartizione dell’Albania puo essere effettuata come un male indispensabile da accettare e di tale spartizione dobbiamo approfittare il più possibile.
I NOSTRI RISARCIMENTI
I risarcimenti si trovano nel materiale elaborato 20 anni fa, quando si era discusso il caso della spartizione dell’Albania. Il massimo che abbiamo chiesto in passato era il confine che passava lungo Mat e Drin Nero che doveva darci garanzie strategiche del Montenegro e del Kosova.
Oltre a questo dobbiamo assicurarci le valli del Lago di Ohrid, di quello di Prespa incluso anche Pogradec insieme con i paesi tra Prespa e Korça. L’appropriamento di Scutari in questo caso avrebbe grande importanza morale ed economica. Questo ci abiliterebbe a fare grandi lavori idrotecnici guadagnando terre fertili per il Montengro. L’Albania del Nord nel quadro della Jugoslavia rende possibile la creazione di nuovi legami per i traffici della Serbia nell’Adriatico.
La spartizione dell’Albania farebbe scomparire l’attrazione da parte degli Albanesi del Kosova che sotto la nuova situazione sarebbe facilmente assimilabile. Gli albanesi aumenterebbero da 200 mila a 300 mila, ma la maggioranza sarebbero albanesi cattolici i quali non hanno un buon rapporto con quelli musulmani. La questione della deportazione degli albanesi musulmani in Turchia si può fare in nuove circostanze poiché non ci sarebbe niente ad impedirlo.
Belgrado, 30 gennaio 1939
(Tratto dal libro: “Le PULIZIE ETNICHE – La Politica di Genocidio Serbo nei Confronti degli Albanesi” DUKAGJINI EDITORE, Pejë, 2003).
(Tradotto da Brunilda Ternova - Titolo in originale: Projekti i nobelistit Ivo Andric, per zhdukjen e shqiptareve.)
Incominciando dal XIX secolo ed fino ad oggi sono stati effettuati dei piani, progetti, memoranda ed elaborati per conquistare le terre Albanesi, per sgomberare parzialmente o completamente gli Albanesi dalle loro terre, per assimilarli e commutarli parzialmente e/o completamente e perfino farli fuori del tutto.
Questo ballo anti-albanese è stato intrapreso nel passato (e continua anche oggi) principalmente da quegli stati e governi statali i quali hanno avuto facoltà di essere così zelanti da mettere in azione tutto un meccanismo, statale e non statale, religioso e non religioso, e tutto il loro potenziale intellettuale contro un intero popolo nella terra dei quali si sono seduti a gambe accavallate.
I loro appetiti da invasori non si sono mai accontentati e sicuramente non si accontenteranno mai, poiché nella logica di chi ha già conquistato rimane sempre quella di conquistarne ancora.
I serbi sono diventati vicini degli Albanesi secoli fa, quando sono sopraggiunti e si sono insediati sotto il Danubio, e come una metastasi hanno continuato ad espandersi giù e ancora più giù verso il sud, incominciando a ridurre continuamente le terre Albanesi, estirpandoli, cacciandoli oppure assimilandoli, metodi questi ben conosciuti agli invasori serbo-slavi di ieri e di oggi.
Il primo programma politico della Grande Serbia è la Nacertania (Il Progetto) di Ilia Garasanin nell’anno 1844.
Un altro documento anti-albanese è il Memorandum di Vasa Çubrilovic che si intitolava “Iseljavanje Arnauta” (La Deportazione degli Albanesi), un referto che Çubrilovic aveva tenuto nel Club Culturale Serbia il 7 marzo 1937 (inviato anche al governo di M. Stojadinovic), dove prospettava il trasferimento forzato degli Albanesi dalle loro terre.
Le proposte di Çubrilovic si appoggiavano sulle idee di Nacertania di Garasanin e sulle “opzioni dell’est” di Nikola Pašić, con l’intenzione di far sboccare nel mare Egeo i confini della Serbia tramite Selanico, e di controllare il Canale di Otranto tramite l’Albania del nord.
Çubrilovic avrebbe continuato a difendere questi punti di vista anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, ripetendo spesso l’idea della pulizia etnica verso gli Albanesi e verso le altre minoranze nel suo rapporto letto il 3 novembre 1944 davanti ai rappresentanti più alti del partito della nuova Jugoslavia.
L’accordo tra la Jugoslavia e la Turchia, stabilito nel 1938 per la deportazione forzata degli Albanesi verso l’Anatolia, era un progetto anti-albanese che seguiva la stessa scia dei progetti precedenti.
Un altro progetto anti-albanese era il famigerato Elaborato di Ivo Andric.
Ivo Andric (1892-1975) era un serbo della Bosnia, che oltre ad essere un scrittore (anzi è stato anche vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1961), è famoso anche come diplomatico con un’esperienza di 20 anni, durante il periodo del Regno Serbo-Croato-Sloveno.
Nel 1937-1939, Andric era stato nominato Viceministro dei Affari Esteri nel governo di Milan Stojadinovic svolgendo attività molto delicate e di grande responsabilità.
A gennaio 1939, dopo una visita a Belgrado del Ministro italiano dei Affari Esteri Galeazzo Ciano che si era incontrato con il capo del governo serbo Stojadinovic (l’argomento dell’incontro era la questione Albanese), quest’ultimo aveva incaricato Andric a elaborare una Promemoria Ufficiale (Aide Memoire) riguardo la questione Albanese per bisogni interni del governo negli affari esteri.
Con molto zelo Andric aveva completato il compito affidatogli, e il promemoria Aide Memoire era già pronto il 30 gennaio 1939.
Questo documento viene conservato nell’Archivio della Serbia, Fondazione di Milan Stojadinovic. E’ stato pubblicato per la prima volta dallo storico croato Bogdan Krizman nel 1977 in «Èasopis za suvremenu povijest» (Revista di Storia Contemporanea), dal titolo “L’Elaborato di Dr. Ivo Andric per l’Albania dell’anno 1939”, accompagnato da un commento.
La pubblicazione di questo documento segreto, aveva fatto nascere in quel momento, molte reazioni e polemiche nei circoli serbi. In Serbia questo documento è stato pubblicato per la prima volta nel 1988 nella rivista “Sveske”, Fondazione Andric. La traduzione integrale che stiamo per offrirvi è stata pubblicata prima nella rivista “Fjala” (La Parola) di Pristina in data 1 maggio 1990, pagine 11-12, ed è anche la prima pubblicazione in lingua albanese dell’Elaborato di Andric, pubblicato in Kosova. Questo Elaborato è stato pubblicato prima in lingua albanese nel 1981, tradotto dall’intellettuale Jusuf Gërvalla nel giornale “Zëri i Kosovës” (La Voce del Kosova) che veniva pubblicato in diaspora e diffuso illegalmente in Kosova e nei altri territori albanesi.
Un altro ufficiale del Ministero dei Affari Esteri del Regno Serbo-Croato-Sloveno, Ivan Vukotic, aveva preparato un altro Elaborato il 3 febbraio 1939. In questo elaborato in modo concreto e palese si parla della frantumazione dell’Albania, come un modo per contrastare l’accesso dell’Italia nei Balcani. Anche questo documento è stato pubblicato in lingua Albanese nel 1990 nella rivista “Kosovarja” (La Kosovara) di Pristina (tradotto da H.H.).
Nella scia dei documenti anti-albanesi fa parte anche “L’Accordo dei Gentiluomini” che riguarda la deportazione forzata degli albanesi verso la Turchia, sottoscritta nella città di Split in Croazia il 1953 tra il Maresciallo Josip Broz Tito e il rappresentante della Turchia Fuad Kyprili. Questo accordo era un rinnovo della Convenzione del 1938.
Tutti questi progetti, piani, e memoranda diabolici non sono né i primi e nemmeno gli unici che si sono stipulati e che continuano ancora ad operare contro gli Albanesi.
Le intenzioni anti-albanesi della Serbia continuano e proseguiranno anche nel futuro. La Serbia anche oggi, in più di un anno di distanza dalla proclamazione del Kosova come stato indipendente, continua a spadroneggiare in parte del territorio di Kosova, mentre riguardo i territori etnici Albanesi rimasti dentro i suoi confini politici continua nel suo terrorismo con la stessa intensità.
Lo stato albanese soffocato dalla corruzione, rischia di essere inghiottito economicamente dalla vicina Grecia, la quale per quello che riguarda la questione Albanese ha avuto e continua ad avere tutt’oggi lo stesso atteggiamento simile a quello della Serbia.
Gli Albanesi del Montenegro e del FYROM, anche se vivono da secoli nelle loro terre etniche, vengono umiliati e continuano ad essere trattati come se fossero forestieri, anche se i capi politici albanesi (che hanno come patria solamente l’interesse personale) parlano di sviluppo dei diritti umani.
Quo Vadis, albanesi?
In seguito il testo dell’Elaborato di Andric riguardo l’Albania visto dal punto di vista serbo. Il materiale è stato tradotto dalla lingua serba in lingua albanese da Hajro Hajra.
* * *
L’ELABORATO DI ANDRIC RIGUARDO L’ALBANIA
I
LA GUERRA BALCANICA E L’ALBANIA
L’uscita dell’esercito serbo nell’Adriatico
Secondo la parte segreta dell’Accordo per l’alleanza tra Bulgaria e Serbia del 26 febbraio 1912, alla Serbia viene riconosciuto il diritto dei territori che fino a quel momento erano sotto l’Impero Turco nel nord e nell’ovest fino alle montagne di Sharr. Facendo riferimento a questa clausola, e avendo come traguardo di assicurare al loro Paese una uscita nel mare, il 15 novembre 1912 le truppe serbe entrano nella città di Lezha e piano piano invadono tutta l’Albania del Nord, fino a Tirana e Durazzo. Il 25 novembre nel giornale “Times” di Londra viene pubblicata la proclamazione di Nikola Pašić dove si dice che la Serbia vuole per sé Durazzo insieme alla parte maggiore dell’entroterra.
La Creazione dell’Albania Autonoma
La Conferenza degli Ambasciatori a Londra nel 1912 prende la decisione di creare l’Albania Autonoma, dando alla Serbia solamente il diritto ad avere una uscita commerciale nel mare Adriatico. Ed è questa Conferenza che il 20 marzo 1913 decide che Scutari deve rimanere parte dell’Albania, ma il Montenegro rifiuta di accettare la decisione delle grandi potenze. La Serbia appoggia questa decisione del Montenegro inviando le sue truppe per rafforzare l’assedio di Scutari. Le grandi potenze decidono il 21 marzo di fare una dimostrazione marittima, dalla quale si astiene solamente la Russia.
Gli incrociatori austro-ungarici, inglesi, francesi, tedeschi e italiani raccolti vicino a Bari obbligano le truppe serbe a ritirarsi dalle loro posizioni vicino a Scutari.
L’Assedio della costa montenegrina.
Il 10 aprile le Grandi Potenze dichiarano l’assedio delle coste montenegrine, perchè il governo del Montenegro continua a tenere Scutari ancora accerchiato, che finisce il 20 aprile.
Intanto Re Nicola è costretto a ritirarsi e il 4 maggio con un telegramma che invia a Sir Edward Gray lascia il destino di Scutari alle Grandi Potenze. L’invasione internazionale di Scutari durerà dal 5 maggio 1913 fino all’inizio della Guerra Mondiale.
II
LA SPARTIZIONE DELLE ZONE DI INTERESSE IN ALBANIA, TRA SERBIA E GRECIA.
Anche se la Serbia fu obbligata a ritirarsi dall’Adriatico e dall’Albania del Nord sotto la pressione delle grandi potenze, soprattutto quella Austriaca, i serbi non perdettero mai le speranze.
Nella dichiarazione del 19 maggio 1913, la quale era un allegato segreto dell’Accordo di Alleanza tra Grecia e Serbia, i due Stati si erano spartiti le sfere di interesse nell’Albania autonoma appena formata. Facevano parte della sfera di influenza greca: i territori che si estendevano a nord della foce del fiume Seman verso il mare, la corsa di questo fiume fino al delta di Devoll, e poi lungo Devoll fino alla Montagna di Kamje. In caso di turbolenze in Albania, i due Stati avevano deciso reciprocamente riguardo la posizione da tenere, e queste erano le richieste minimali esposte all’Albania elaborate in un documento scritto.
III
IL TRATTATO DI LONDRA E L’ALBANIA
Il trattato di Londra stipulato il 26 aprile 1915 tra Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia conteneva riguardo l’Albania queste clausole:
L’articolo 5 dice: “Quattro potenze alleate si divideranno insieme a Croazia, Serbia e Montenegro queste parti dell’Adriatico: (…) Nella parte sud dell’Adriatico che interessa Montenegro e Serbia tutta la costa marittima cominciando da Capo Planca fino al fiume Drin, insieme con i porti importanti di Split, di Ulcinj e di Shëngjin (…) … il porto di Durazzo sarà assegnato allo Stato indipendente d’Albania.
L’articolo 6 dice: “L’Italia prenderà pienamente possesso di Valona, dell’isola di Saseno e anche di un vasto territorio necessario per la loro protezione che corrisponde ai territori tra il fiume Vjosa nel nord-est e nel sud fino ad Himara”.
L’articolo 7 dice: “Nel caso che si venisse a creare il piccolo Stato autonomo e indipendente dell’Albania, l’Italia non contesterà il desiderio di Francia, Gran Bretagna e Russia che i territori del nord e del sud vengono spartiti tra Montenegro, Serbia e Grecia”. “L’Italia avrebbe vinto il diritto di guidare gli affari esteri dell’Albania”.
Fin dal 1915 le Grandi Potenze approvano la spartizione dell’Albania, e Italia, Serbia e Grecia ammettono di avere dei loro interessi nelle terre Albanesi. Finquando ai due Stati balcanici viene dato il diritto di modificare le frontiere, all’Italia viene lasciata Valona e il protettorato su quella parte dell’Albania rimasta smembrata.
IV
L’ALBANIA NELLA CONFERENZA DI PACE
La Posizione delle Grandi Potenze.
Durante la Conferenza di Pace le potenze alleate (Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America), avevano proposto riguardo l’Albania in prima battuta gli stessi confini che si erano decisi durante la Conferenza di Londra; riconoscevano la totale sovranità d’Italia su Valona e sull’entroterra dando all’Italia la disposizione per la libera amministrazione dello Stato Albanese sotto il controllo delle Nazioni Unite (Memorandum del 9 dicembre 1919).
La posizione Albanese.
(Contro la disposizione dell’Italia. Per l’indipendenza dell’Albania. Gli argomenti per la modificazione dei confini e per la cessione di Scutari e del Nord Albania)
Gli Albanesi nella loro risposta datata 8 gennaio 1920 non hanno accettato la proposta che all’Italia venisse dato il mandato sull’Albania, sottolineando che questa sarebbe stata la ripetizione della situazione della Bosnia ed Herzegovina.
“Questa soluzione creerà a favore dell’Italia dei confini offensivi contro il nostro Stato, il quale sarà privato dei mezzi per difendersi. Questa da un lato è una preponderanza offensiva, mentre dall’altro è una perfetta condizione di sottomissione strategica. Per ragioni economiche e strategiche noi abbiamo richiesto che venga fatta la correzione dei nostri confini (il corso di mezzo di Drin, Buna e i clan di Kelmendi e di Kastrati), che si erano stabiliti nella Conferenza di Londra del 1913.
Oltre a questa correzione, la nostra delegazione aveva dichiarato che la soluzione migliore sarebbe stata che l’Albania diventasse uno Stato autonomo con i confini dell’anno 1913 e con una amministrazione autonoma. Nel caso che questa soluzione non fosse stata accolta oppure se la parte del sud d’Albania fosse stata annessa ad altri Stati, la nostra delegazione avrebbe chiesto la parte nord dell’Albania fino a Drin. Il nostro Stato ha dei diritti antichi su queste terre – si dice nel memorandum – e il nostro popolo ha versato fiumi di sangue per Scutari soprattutto nella guerra del 1913, nella quale la Serbia perse migliaia di soldati e il Montengro perse 1/3 del suo esercito.
Per accontentare i desideri delle Grandi Potenze le truppe serbe e montenegrine lasciarono Scutari e l’Albania del nord. L’Austria fece intervenire l’esercito. Scutari sarebbe rimasto al Montenegro - se quest’ultimo avesse accettato di lasciare Llovqenin agli Austriaci – in caso contrario sarebbe diventato neutrale, ma il Montenegro rifiutò di lasciare all’Austria questa importante posizione strategica.”
“Scutari è connesso anche con il fiume Buna, che apre una strada naturale di commercio verso il mare per il Montengro. Anche con il Trattato di Berlino, il Montengro fruiva del diritto di navigazione nel fiume Buna. La maggior parte del Lago di Scutari appartiene al Montenegro e a causa della negligenza dei turchi le migliori superfici del Montenegro sono inondate dalle acque del lago. Per questa ragione al nostro Stato interessa la sistemazione di Buna e di Drin, non solo in ragione della navigazione di Buna, ma anche perche in questo modo si possono drenare da 12 a 20.000 ettari di terra fertile e altrettanti ettari diverrebbero terra agricola.”
La Posizione Italiana.
(in base al Memorandum di 10 gennaio 1920)
L’Italia chiede dall’Organizzazione delle Nazioni Unite il mandato di amministrare lo Stato indipendente Albanese. I confini nel nord-est dell’Albania sarano quelli già stabiliti nella Conferenza di Londra. Il confine del sud sarà oggetto di analisi. La città di Valona verrà data all’Italia sotto la totale sovranità, insieme con l’entroterra necessario per la protezione e lo sviluppo della città.
Gli Alleati accettano che Scutari e l’Albania del Nord facciano parte della Jugoslavia.
Proponendo una soluzione generale della questione dell’Adriatico, Clemanso, in qualità di Vicepresidente della Conferenza di Pace, in relazione con la cessione di Rijeka/ Fiume agli italiani, disse a Pašić e a Trumbic il 13 gennaio 1913: “Lo stato Serbo-Croato-Sloveno sarà elevato al suo apice quando possiederà Scutari, Drin e Shëngjin.” Gli Albanesi non accettarono che l’Italia tenesse Valona e prendesse il mandato sull’Albania.
La nostra ultima risposta alla Conferenza di Pace.
Nella nostra ultima risposta alla Conferenza di Pace (il 14 gennaio 1920) abbiamo continuato a difendere la posizione per cui la soluzione migliore sarebbe stata che l’amministrazione dell’Albania (con i confini del 1913) venisse affidata al governo autonomo locale, senza le intromissioni delle potenze straniere. Se questa scelta non fosse stata presa in considerazione, decidendo che parti dei territori albanesi venissero ceduti agli Stati stranieri, la nostra delegazione avrebbe chiesto l’Albania del Nord (allegando una mappa con il confine segnato), per la quale aveva promesso una autonomia.
Il Punto di Vista di Pašić.
Nel momento in cui sembrava che gli Alleati avrebbero permesso all’Italia di rafforzarsi nell’Albania centrale, Pašić nel 1919 faceva presente al governo di Belgrado che era giunta l’ora, obbligati dalle circostanze, di cambiare la nostra politca verso l’Albania.
In quella lettera si dice: “Visto che in Albania non possiamo far ritornare la situazione allo stato precedente, prima dell’evacuazione del nostro esercito e del governo di Esad Pasha, per causa della infiltrazione italiana e del sostegno che l’Italia ha dalle grandi potenze; visto che le grandi potenze vogliono applicare il Trattato di Londra e non esisterà più un’Albania, gli alleati elargiranno all’Italia la città di Valona con l’entroterra ed il protettorato su una buona parte dell’Albania – in queste condizioni noi dobbiamo chiedere altri confini migliori sui territori Albanesi che saranno sotto il protettorato italiano”. “Il minimo che accetteremo dagli alleati sara questo: il confine lungo il fiume di Drin Nero fino al fiume di Drin Bianco e da lì fino al mare”.
“Il massimo che dobbiamo chiedere, in modo che l’Italia prenda meno territori deve essere: il fiume di Mat fino alla sua fonte, poi da lì verso l’est fino al fiume Drin Nero. Cioè, i fiumi Mat e Drin saranno i nostri confini con il protettorato italiano”.
V
L’ INVASIONE ITALIANA DELL’ALBANIA DOPO LA GUERRA E LA RITIRATA DEFINITIVA IN SEGUITO ALL’INSUCCESSO A VALONA.
Dopo la conclusione della guerra, in base ad una decisione militare tra gli alleati, le truppe italiane invadono tutto il territorio Albanese, anzi invadono anche la parte nord che spettava a noi e che ci veniva riconosciuta dal Trattato di Londra. Solamente Scutari era sotto l’occupazione doppia delle truppe francesi e quelle italiane.
Per causa della posizione ostile che l’Italia aveva a quei tempi con il nostro stato Serbo-Croato-Sloveno, noi abbiamo considerato questa invasione militare italiana dell’Albania come il pericolo più grande per la nostra esistenza. Nel suolo Albanese è stata svolta una aspra guerra tra noi e l’Italia. Da lì, gli italiani hanno innalzato la questione montenegrina e macedone, ed anche l’idea della grande Albania fino a Kacanik. Contro quest’ultimi abbiamo svolto delle azioni occultate e altre volte anche aperte, cercando di persuadere i capi albanesi e cercando di servire l’idea “dell’Albania Indipendente” con l’enunciato “i Balcani agi popoli dei Balcani”.
I’insoddisfazione degli albanesi constrinse gli italiani a ritirare le loro truppe dai territori dell’Albania all’inizio del 1920, rimanendo solamente intorno a Valona, da dove a giugno di quell’anno saranno costretti a ritirarsi stipulando un trattato con il governo di Tirana per l’evacuazione totale del territorio albanese, escluso l’isola di Saseno. L’evacuzione dell’Albania fu realizzata grazie all’opposizione organizzata degli albanesi, ma non si deve dimenticare che l’Italia a quei tempi era molto debole sia politicamente che militarmente. Ancora oggi ci sono albanesi che pensano che possono cacciare via gli italiani quando vogliono. Questa loro presunzione è fatale, poiché non vedono che l’Italia fascista odierna non è quella del 1920 dei governi parlamentari di Nitti, Giolitti e Facta.
VI
L’ALBANIA DI FRONTE ALLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI
Dopo l’evacuazione dell’Albania dalle truppe italiane la situazione sul terreno si era chiarita, e la Conferenza di Londra a novembre 1912 potè prendere la decisione di riconoscere l’Albania come un Stato sovrano e indipendente. Al posto delle promesse precedenti legate a Valona e al mandato sull’Albania, le Grandi Potenze riconobbero all’Italia solamente il suo speciale interesse per la conservazione dell’indipendeza albanese.
L’Albania entrò nella Organizzazione delle Nazioni Unite con la speranza che questo fatto avrebbe assicurato ancora di più la sua indipendenza. Abbiamo tentato inutilmente prima della Conferenza degli Ambasciatori di realizare la modifica dei confini con Scutari e Drin, sottolineando riguardo Scutari le ragioni storiche, mentre riguardo a Drin le ragioni economiche e quelle dei traffici. L’esperto francese della Conferenza di Londra, Larosch, ci consolava con queste parole: “Il Governo Reale ha sbagliato a non approvare a tempo debito la proposta francese per la frammentazione dell’Albania. Pašić era d’accordo con questa idea, ma il governo di Belgrado rifiutò”. Noi siamo stati obbligati a rinunciare a Scutari e al confine fino a Drin, in modo da non lasciare gli italiani fino a Valona. Visto che sempre abbiamo presentato l’idea del non cambiamento del territorio Albanese e la sua autonomia, come si era deciso nel 1913, si può supporre che questa scelta della Conferenza degli Ambasciatori era a noi gradita. Ma non è così. Le nostre difficoltà nei rapporti con l’Albania e con l’Italia per causa dell’Albania, si stanno accumulando e vanno ancora oltre, anche se l’Albania è stata dichiarata Stato indipendente ed è membro dell’ONU.
LA REPUBBLICA DI MIRDITA.
Mentre la Conferenza degli Ambasciatori stava risolvendo la questione dei confini dell’Albania e l’organizzazione della sua indipendenza, nell 1921 noi abbiamo sottoscritto un accordo di collaborazione con i capi di Mirdita. Si prevedeva la creazione dello Stato libero di Mirdita, il quale sarebbe stato protetto dalle nostre truppe militari del regno Serbo-Croato-Sloveno e i suoi affari esteri sarebbero stati rappresentati dal governo di Belgrado. Il governo di Tirana soppresse questo movimento e noi fummo accusati e condannati davanti all’Organizzazione delle Nazioni Unite.
VII
IL PATTO DI ROMA, PAŠIĆ, MUSSOLINI E L’ALBANIA
A gennaio 1924, il patto di Roma impose sia a Roma che a Belgrado l’obbligo di rispettare l’indipendenza e il principio di non interferire nei affari interni albanesi, altresì lo scambio reciproco di informazioni riguardo gli affari albanesi. Nonostante ciò, non era un ostacolo per il governo italiano aiutare Fan Noli a luglio 1924 ad organizzare una insurrezione contro Ahmet Zogu, e nemmeno per il nostro governo che a dicembre di quell’anno aiutò A. Zogu a fare irruzione in Albania dal nostro territorio per riprendere il potere. Né Roma né Belgrado potevano far fronte agli intrighi e alle richieste dei loro corrispettivi “amici” albanesi, i quali chiedevano aiuto per conservare il loro potere e/o per venire al potere promettendo fedeltà e collaborazione ma alla prima occasione cambiavano orientamento.
VIII
IL PATTO DI TIRANA E LA SITUAZIONE CHE CREO’ QUESTO PATTO
Dando le direttive ai nostri rappresentanti che avrebbero dovuto lavorare in Albania, Pašić diceva:”…noi desideriamo una Albania indipendente, ma debole e instabile.”
Il tempo testimonia che l’Albania non era stabile, ed era costretta a chiedere aiuto e protezione là dove poteva trovarne. Il sistema politico che era in pericolo da parte degli italiani si rivolgeva a noi per chiedere protezione, mentre quello che noi volevamo far cadere chiedeva la protezione degli italiani. La debole Albania nel 1926 ha chiesto l’aiuto e la protezione dell’Italia, e A. Zogu prima di tutto si assicurò da loro delle garanzie per il suo sistema politico. Nel 1927 accettò l’alleanza militare con l’Italia per 20 anni, prendendo centinaia di milioni di lire per i vari lavori, accogliendo molti istruttori italiani, e posizionando l’Albania dal punto di vista economico e finanziario sotto la dipendenza italiana.
Si venne a creare così un rapporto che assomigliava moltissimo a quello del protettoriato, contro il quale noi avevamo combatuto nella Conferenza di Pace. Quello che ci metteva molto a rischio negli ultimi anni era l’organizzazione militare albanese, le fortificazioni militari e le azioni irredentiste. Osservavamo ovunque l’ampio pericolo delle azioni italiane nel “confine offensivo”, contro il quale avevamo combattuto davanti agli alleati a Parigi e dove avevamo fatto la proposta che all’Italia venisse consegnato il mandato in Albania.
E’ importante che venga sottolineato che solamente noi avevamo protestato e avevamo combattuto contro l’infiltrazione italiana in Albania e nei Balcani. Nessun altro stato dei Balcani ci ha appoggiato in questo. Le due potenze marittime mediterranee, Francia e Gran Bretagna, non si opposero alla chiusura del mare Adriatico. Anzi, Austen Chamberlain nell’incontro con Mussolini a Livorno nel 1926, diede l’approvazione per il Patto di Tirana, mentre tutti i rappresentanti francesi a Tirana consigliavano continuamente Re Zog a non creare confliti con gli italiani.
IX
IL PATTO DI AMICIZIA ITALO-JUGOSLAVO DEL 27 MARZO 1937
Basandosi sulla politica della reciproca amicizia, l’Italia e la Jugoslavia si sono accordati in questo modo riguardo l’Albania: L’Italia ha i suoi interessi vitali a Valona, e questa parte della costiera non ci deve far rischiare; noi dobbiamo capire e rispettare questo interesse degli italiani. L’interesse vitale della Jugoslavia è di non avere delle minaccie nel confine sud della Serbia e nemmeno dal Kosova (popolata da albanesi) e nemmeno da Scutari e Montenegro. Questo aspetto senz’altro è stato preso in considerazione quando nel Protocollo Segreto, insieme con il patto di reciproca amicizia, è stata prevista l’interruzione delle ulteriori fortificazioni nelle zone di Librazhd e di Milot. Per quello che riguarda l’impresa economico-finanziaria con l’Albania, noi non abbiamo e non vogliamo investire niente. Perciò in questo gli italiani rimangono senza concorrenti e noi non facciamo osservazioni al riguardo, a condizione che rimangano entro i limiti del patto segreto che hanno intrapreso dal punto di vista politico, economico e finanziario non chiedendo alcun profitto diretto o laterale. In questo modo il patto reciproco d’amicizia del 25 marzo 1937 creò un “modus vivendi” tollerante tra noi e gli italiani sul suolo albanese, per il quale siamo stati così spesso in conflitto per lunghi anni.
E’ un'altra questione quello che sarebbe successo se questo armistizio in Albania avesse fronteggiato una situazione più pesante e più complessa nel Mare Mediterraneo oppure nei Balcani.
X
LA CONSERVAZIONE E/O IL CAMBIAMENTO DELLO STATUS QUO.
L’Indipendenza dell’Albania diminuisce ma non sparisce.
L’indipendenza di uno Stato nei confronti degli altri Stati stranieri è stato sempre un concetto relativo. Avendo presente le circostanze, questa indipendenza è diventata totale ma è diminuita. Riguardo la politica interna ed estera dell’Albania, oggi non si puo dire che sia indipendente dall’Italia, anche se a livello internazionale viene considerata come uno Stato indipendente. Secondo il diritto internazionale le coste albanesi non sono italiane, ma appartengono ad uno Stato balcanico. L’Italia non è partita ancora per i Balcani, anche se ha già una parte sovrana del territorio a Zarë che non gli offre la possibilita di allargarsi oltre.
L’Italia ha grande influenza in Albania, ma non ha la liberta d’azione. Comunque gli Albanesi si oppongono alla infiltrazione italiana creando molti problemi e rallentandola.
“I Bacani appartengono ai Popoli dei Balcani”
La tradizionale politica della Serbia si racchiude nella espressione “I Balcani appartengono ai Popoli dei Balcani”. Questo principio è stato usato tempo fa nella guerra contro l’Impero Ottomano e contro la Monarchia Austro-Ungarica. La Jugoslavia lo utilizzava con successo contro le disposizioni del Patto di Londra il quale introdusse l’Italia in Dalmazia e in Albania. Per l’attuazione di questo principio abbiamo sempre visto la collaborazione tra i popoli dei Balcani come la garanzia migliore per la pace. Vale a dire la presenza di una potenza nei Balcani per aprire le porte agli intrighi e alle invasioni.
L’Espansione dell’Italia.
Può l’Italia rimanere solamente in quella stretta cintura costale diventando proprietaria sovrana dell’Albania sud-centrale? Noi non abbiamo mai creduto a questa idea neanche 20 anni fa, quando le Grandi Potenze donarono all’Italia la citta di Valona insieme con l’entroterra. Non meno ci crederemo oggi, mentre l’Italia sta manifestando così tanto dinamismo e decisione nella suo politica estera.
Un precedente pericoloso.
La presa di una buona parte dei Balcani da parte di una grande potenza non Balcanica senza nessuna base etnica, non solamente per gli altri popoli balcanici ma anche per noi, è un precedente pericoloso. Altre grandi potenze possono prospettarsi in altre direzioni con le stesse pretese. Per noi è pericoloso, soprattutto il caso dell’Italia in Albania, poichè con il Patto di Londra - con il quale viene riconosciuta agli italiani l’Albania del sud - all’Italia viene riconosciuta anche la Dalmazia del nord. Questo precedente che anima le disposizioni del Patto di Londra in una sezione dei Balcani apre le porte per l’incoraggiamento di altre disposizioni.
La spartizione dell’Albania
In occasione della valutazione di questa questione si deve tener conto che in ogni modo dobbiamo evitare i conflitti aperti con l’Italia. Altresì dobbiamo evitare la totale invasione dell’Albania da parte dell’Italia , poiché ci metterebbe in peericolo in molti punti sensibili: Bokë di Kotorr e in Kosova.
Prendendo in considerazione tutto quello che abbiamo delineato sopra, per noi la spartizione dell’Albania puo essere effettuata come un male indispensabile da accettare e di tale spartizione dobbiamo approfittare il più possibile.
I NOSTRI RISARCIMENTI
I risarcimenti si trovano nel materiale elaborato 20 anni fa, quando si era discusso il caso della spartizione dell’Albania. Il massimo che abbiamo chiesto in passato era il confine che passava lungo Mat e Drin Nero che doveva darci garanzie strategiche del Montenegro e del Kosova.
Oltre a questo dobbiamo assicurarci le valli del Lago di Ohrid, di quello di Prespa incluso anche Pogradec insieme con i paesi tra Prespa e Korça. L’appropriamento di Scutari in questo caso avrebbe grande importanza morale ed economica. Questo ci abiliterebbe a fare grandi lavori idrotecnici guadagnando terre fertili per il Montengro. L’Albania del Nord nel quadro della Jugoslavia rende possibile la creazione di nuovi legami per i traffici della Serbia nell’Adriatico.
La spartizione dell’Albania farebbe scomparire l’attrazione da parte degli Albanesi del Kosova che sotto la nuova situazione sarebbe facilmente assimilabile. Gli albanesi aumenterebbero da 200 mila a 300 mila, ma la maggioranza sarebbero albanesi cattolici i quali non hanno un buon rapporto con quelli musulmani. La questione della deportazione degli albanesi musulmani in Turchia si può fare in nuove circostanze poiché non ci sarebbe niente ad impedirlo.
Belgrado, 30 gennaio 1939
(Tratto dal libro: “Le PULIZIE ETNICHE – La Politica di Genocidio Serbo nei Confronti degli Albanesi” DUKAGJINI EDITORE, Pejë, 2003).
mercoledì 5 agosto 2009
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