(traduzione di Brunilda Ternova)
Andi ripeteva a se stesso,
convinto che ormai si ricordava e che aveva un chiaro concetto riguardo le
fotografie della memoria: “…le fotografie della memoria sono quei momenti che
rimangono a lungo nella mente e che riportano dallo spazio nel tempo momenti
unici lasciando ulteriori ombre nella vita della persona che le rivive. Sono la
concentrazione dei momenti e delle situazioni vissute irruentemente.”
L’illusionista gli aveva spiegato che non era necessario che lui lo ricordasse
esattamente nei termini così esposti.
“Io non sono un insegnante rigido” – gli aveva detto, ma per Andi era
importante capire questa definizione.
“Devi riportare esempi tratti
dalla tua vita, fotografie della memoria di persone che conosci, preferibilmente di coloro che sono più vicini a te, i membri della famiglia,
coloro che conosci meglio.” Da quel giorno Andi aveva iniziato la sua
“ricerca”.
Richiamava alla memoria sua
madre, il padre, la sorella, non più come un adolescente lontano da casa per le
vacanze ma per ragioni di “studio”. Si era dato da fare per tutto il pomeriggio
ma sentiva che stava girando intorno ad un cerchio senza via d’uscita vivendo
una situazione d’impasse.
Il primo giorno quando aveva
visto l’illusionista e i suoi numeri da giocoliere con il grande fazzoletto –
da dove scomparivano e apparivano fiori, piccioni, uova, catene - non aveva pensato che per diventare come lui
avrebbe dovuto superare tante prove di conoscenza ed essere in grado di scrutare nel profondo
della natura umana. Per la prima volta nella sua vita, mentre frequentava lo
spettacolo, si convinse finalmente di aver scelto una professione, ma poi, dopo
aver preso confidenza con il suo idolo, vide che era difficile. Prima che
l’illusionista lo mettesse alla prova e gli insegnasse qualche segreto, Andi
dovette dimostrargli che era in grado di riconoscere persone e caratteri, in
modo da utilizzare i trucchi per non fallire. “Anche se non è percepibile è una
professione basata nel riconoscimento delle debolezze della gente… fino ad un
certo punto. Poi quando si parla di alti livelli, a questo punto, adesso
neanche io sono in grado di insegnarti nulla.” Andi nuotava in queste acque,
finché non trovò la prima immagine nella sua memoria e che aveva a che fare con
sua sorella. L’avvenimento era successo un anno prima. Lei aveva appena
raggiunto il sedicesimo anno d’età – mentre lui ne aveva tredici – e i loro
genitori avevano deciso di separarli in due camere diverse.
Era un tardo pomeriggio quando
entrò in casa e vide che la loro camera era tutta sottosopra. Il padre faceva
attenzione a non scalfire le pareti nell’atto di spostare il letto, mentre la
madre gli disse che in seguito gli avrebbe spiegato ogni cosa. Sua sorella
elegantemente scombussolata dalla possibilità, ormai diventata realtà, di avere
una stanza tutta sua non riusciva a vederlo. Quando tutto era finito, Andi
guardo attentamente nella camera un grande spazio vuoto senza sapere cosa
farsene di esso. La sorella entrò e prese l’ultima cosa che le era rimasta, una
piccola borsetta di make-up che lui era solito scaraventare a destra e a manca.
Lei aveva valicato la soglia per uscire e si voltò lentamente, molto lentamente
tanto da rendere impressionate tutto quell’improvviso cambiamento di ritmo
nel portamento. Sembrava che
qualcosa la avesse tirata all’indietro con forza. Osservò Andi con uno sconforto
e una nostalgia tali da non renderli comprensibili, emozioni insolite che lui
riuscì ad individuare nella mimica di lei. Non riusciva a comprendere,
sarebbero rimasti sempre nella stessa casa e lei sarebbe stata solo due metri
distante da lui. La sua figura che si allontanava di nuovo felice con la
borsetta del make-up in mano dimostrava quella continuità. Il suo improvviso
sconforto nostalgico gli era rimasto a lungo nella mente incapace di assorbirne
il significato. Era questa una fotografia di memoria?! Lo aveva raccontato
all’illusionista-maestro, il quale gli aveva anche risposto che era davvero una
bella fotografia di memoria. Finalmente ce l’aveva fatta!
Questo significava che un giorno avrebbe potuto conoscere i trucchi e i segreti del
mestiere e forse sarebbe diventato
lui stesso un vero illusionista?! Comunque doveva ancora continuare a scovare dentro
di sé con moderazione, sempre più in profondità per raggiungere un “processo
di conoscenza” che gli potesse dare sicurezza nel rapporto con il pubblico. Quindi,
di nuovo alla ricerca. I suoi amici si stavano godendo gioiosamente le vacanze
ma Andi sfruttava questi momenti per raggiungere il suo obiettivo, quello di
realizzare al più presto possibile un gioco di illusionismo. Scavò nei suoi
ricordi ripetutamente. Anche se aveva trovato una prima fotografia di memoria, riuscire
a scovare una seconda era comunque difficile. Erano momenti unici, vissuti con
intensità. Di nuovo un lontano ricordo e di nuovo sua sorella.
Una notte molto
tardi, mentre tutti dormivano, si era alzato per andare al bagno e aveva avvertito l’aprirsi della porta di casa. Vide entrare
sua sorella con la gonna stropicciata e con i capelli scompigliati. Papà le
aveva ordinato di tornare presto a casa, soprattutto adesso che frequentava un
ragazzo che era sempre lì, ad aspettarla nell’angolo del palazzo. Si
incontravano e si dimenticavano del resto finché qualcun altro si ricordava e
la chiamava al cellulare. Quella sera nessuno l’aveva chiamata, erano tutti occupati
a guardare la televisione, mentre Andi stesso mezzo addormentato si era
trascinato nel suo letto. I genitori si erano assopiti sul divano. Era davvero un orario pessimo per tornare a casa. Lei non aveva spiccicato
parola ma con lo sguardo lo aveva pregato di non dire nulla e di mantenere il
segreto. Non solo, era truccata come a significare che era nel suo “diritto” fare
quello che voleva senza che la sua fiducia venisse tradita dal fratello. Sarebbe
rimasto il loro segreto finché lui non l’avesse tradita alla prima occasione
quando lei non le avrebbe soddisfatto un capriccio. Non era mica un gioco da
bambini.
“Anche questa è una
bella fotografia di memoria. Continua dunque così, sei sulla buona strada.”
-aveva detto l’insegnante illusionista rivelandogli anche alcune sue ambizioni
personali. Il suo sogno era di liberarsi dalle catene, dopo quindici minuti, immerso
nelle profondità delle acque. In questo modo avrebbe abbattuto il record
precedente dimostrando di essere l’unico al mondo con questa abilità, il
migliore. Per Andi era difficile da capire questo sogno. Per lui sarebbe stato
sufficiente che tirasse fuori i piccioni dal grande fazzoletto osservando così lo
stupore sui volti della gente. “Il desiderio ti verrà in futuro” – gli rispose
l’illusionista lasciando cadere il discorso per quel giorno.
“Continua con le foto della memoria. Hai mostrato che hai talento, ma devi lavorarci ancora molto.”
Andi era di nuovo
alla ricerca di ricordi tra i suoi pensieri. Si ricordò che un giorno si era
fatto male al ginocchio e l’avevano portato in ospedale, ma questa non era una
fotografia di memoria poiché non aveva lasciato tracce, c’era solo la cicatrice
sul suo ginocchio. Si ricordò del padre che in generale era una persona scettica…
pensò a qualche momento che lo potesse personificare nel suo atteggiamento
rigido e nella sua mancanza di pazienza, nel suo essere qualche volta anche
aspro. Gli veniva in mente quando entrava nel vicolo del palazzo in moto con
una velocità bizzarra e scendendo da essa buttava uno sguardo da redentore agli
adolescenti lì presenti come se volesse dire: “A me è permesso, sono adulto ma
non a voi che non lo potete fare nemmeno quando sarete grandi.”
Un anno prima
dovette scegliere dove voleva proseguire gli studi secondari, al liceo oppure
in una scuola professionale. Lo sapevano tutti che non gli piaceva studiare
molto mentre il padre cercava di convincerlo a proseguire gli stessi studi che
aveva conseguito anche lui e nella stessa scuola professionale.
“Avrai un lavoro
sicuro e possiamo perfino lavorare insieme”, -
gli diceva. Ma ad Andi non andava l’idea di diventare meccanico. Per mesi e
mesi il padre gli ricordò che doveva scegliere e che prima o poi doveva
decidere, fino a quando un giorno fu molto esplicito. Andi non l’approvò e il
padre si voltò verso la madre dicendole che non aveva pazienza di occuparsi del
figlio, che stava rischiando di diventare un parassita, che era riluttante a
fare qualsiasi cosa, tanto a studiare che ad imparare. Di quel pomeriggio Andi ricordava
il modo in cui il padre abbandonò il tavolo dove erano seduti e nello stesso
tempo abbandonò anche egli stesso. Più che le parole, lo toccò di più la sua
rabbia. Per un attimo si sentì fuori dall’amore paterno e ci rimase malissimo. “Ogni
volta che farò qualcosa che a lui non piacerà non mi vorrà bene?!”- pensò
chiudendosi in sé stesso per giorni interi.
Per tutto quel
tempo era stato accompagnato dallo sguardo attentissimo di sua madre. Sentiva
come lei lo accarezzava da lontano. “Anche questa è una bella fotografia di
memoria”- gli aveva detto il maestro mentre continuava a raccontargli i suoi
progetti di abbattere il record per liberarsi dalla gabbia di ferro nella
profondità delle acque. “Quando ne esci fuori dopo venti minuti il mondo intero
ti adora. - gli disse - Sei come risorto di nuovo.“ Andi continuava a fare
fatica nel comprendere questo suo desiderio. A lui bastavano lo stupore dei
bambini della prima fila che toccavano le rose spuntate fuori dal fazzoletto
per essere sicuri che fossero vere.
Erano rimasti
pochi giorni dalla fine del camping e lui doveva ancora trovare altre
fotografie, per assicurarsi di conoscere meglio sé stesso per questa professione.
La madre, qualcosa che riguardasse la madre. Dal primo giorno aveva cercato di
portare alla memoria qualcosa che la riguardasse ma sembrava impossibile. Le
sembrava sempre così piccola e con l’andatura lenta, adesso che l’osservava da ‘fuori’. Sempre amorevole e predisposta nei confronti
di tutti, ma non riusciva a trovare nessuna fotografia in cui lei stessa fosse
presente?! Nessuna immagine che rendesse immortale un ricordo e questo lo rendeva
perplesso.
Negli ultimi tre
giorni, si era occupato solamente delle foto che riguardavano la madre. Sforzandosi
magari ne riusciva a trovare qualcuna insieme con la sorella e il padre, ma ne voleva
una solo con la madre. Qualcosa che avesse lasciato la sua ombra anche nei
giorni successivi? Che peccato che non riusciva a trovare niente. Come era
possibile che non ne esistesse nessuna? Si ricordava quando lei dopo pranzo si
spingeva vicino al suo letto, piccola e conversa mentre gli accarezzava la
testa, lo copriva lentamente con uno sguardo vagante e libero sul suo viso, per
concluderlo con un bacio. Le sembrava così sola sua madre lì, conversa su di
lui come un cigno bianco e delicato.
Terminarono anche
le vacanze. Non vedeva l’ora di tornare a casa. Gli mancavano tutti, ma soprattutto
voleva avere sua madre vicino, per guardarla con questo suo nuovo occhio e per
capire qualcosa di più di lei. Non gli interessavano le fotografie da
presentare al maestro, ma le voleva trovare a prescindere. Il primo giorno stette
tutto il tempo vicino a lei per osservare quello che a lui mancava nelle sue
immagini di memoria, sperando di trovarle. Ma la mamma era sempre quella di
prima, lo accarezzava con lo sguardo e con i baci. Giunse la sera ed andò a
dormire prima del solito. Ma mentre era a letto, sentiva che doveva aspettare
ancora un po’, lei sarebbe arrivata di lì a poco dicendogli “Buona Notte”. Così
lei giunse come nei suoi ricordi accarezzandogli i capelli e la testa, e lui le
rispose “Notte!” ma non voleva che se ne andasse. Voleva raccontarle del
campeggio, della sua nuova passione – dei giochi di prestigio, delle fotografie della memoria e della preoccupazione
che non ne aveva una con lei, con sua madre, ma era cosi difficile raccontarle
di tutto ciò. Con lo sguardo la pregava di rimanere ancora per un po’ e mentre
lei si alzava lentamente lui le domandò di soppiatto, protetto dalla penombra della
stanza: “Mamma sei felice?”. Lei non rispose ma neanche Andi voleva una
risposta. Passarono molti instanti in un silenzio pesante e lei lentamente,
molto lentamente si piegò, lo abbraccio e iniziò a piangere appoggiata sul petto
del figlio. Rimasero lì abbracciati per
molto tempo, tanto che non si resero conto di come il tempo si fosse sgretolato
fino a diventare polvere bianca. Lei aveva sentito che qualcosa dentro le si
era mossa, qualcuno - suo figlio - stava cercando di capirla e di consolarla.
Si sentiva rinata. Pianse anche Andi, versò paurosamente le prime due lacrime
della sua maturità che sentì in quell’instante come la fotografia più vivida
della sua vita.