[Fulcanelli (... – ...; fl. XIX secolo) è lo pseudonimo di un autore di libri di alchimia del XX secolo, la cui identità non è mai stata accertata. Lo pseudonimo utilizzato è formato dall'unione delle parole Vulcano ed Helio, due elementi che rimandano ai fuochi alchemici. Si è supposto potesse trattarsi di Jean Julien Champagne, o René Adolphe Schwaller de Lubicz, o Camille Flammarion, o Pierre Dujol o Jules Violle, medico francese. Eugène Canseliet si è sempre dichiarato discepolo di Fulcanelli, che parlò sempre attraverso Canseliet, che a sua volta curò le prefazioni dei suoi libri.]
La più forte impressione della nostra prima giovinezza, - avevamo sette anni, - quella della quale conserviamo ancora un vivido ricordo, fu l'emozione provocata dalla vista d'una cattedrale gotica al nostro animo fanciullo. Fummo immediatamente trasportati, estasiati, colmi d'ammirazione, incapaci di staccarci dall'attrazione del meraviglioso, dalla magia dello splendore, dell'immensità, della vertigine che si sprigionavano da quell'opera più divina che umana. Da allora la visione si è trasformata, ma l'impressione è rimasta. E se la familiarità ha modificato il carattere primaverile e patetico di quel primo contatto, non abbiamo mai potuto impedirci di essere quasi rapiti in estasi davanti a quei meravigliosi libri figurati innalzati sui nostri sagrati e che dispiegano fino al cielo i loro fogli di pietra scolpita. Con quali parole, con quali mezzi potremmo esprimere loro la nostra ammirazione, il sentimento di riconoscenza e tutti i sentimenti di gratitudine dì cui è colmo il nostro cuore per tutto ciò che essi ci hanno insegnato a gustare, a riconoscere, a scoprire, anche se essi non sono altro che dei muti capolavori, veri maestri senza parole e senza voce? Senza parole e senza voce? - Cosa stiamo dicendo! Se questi libri di pietra hanno le loro pietre scolpite - frasi in bassorilievi e pensieri in ogive - non per questo non si esprimono per mezzo dello spirito imperituro che proviene dalle loro pagine. Libri più che chiari dei loro fratelli minori, - manoscritti e stampati, posseggono su di essi il vantaggio di tradurre un unico significato, assoluto e di facile espressione, dall'interpretazione ingenua e pittoresca, un significato purgato dalle sottigliezze, dalle allusioni, dagli equivoci letterari. «La lingua di pietra parlata da questa nuova arte, dice assai veridicamente J. F. Colfs1 (1 J. F. Colfs, La Filiation généalogique de toutes les Ecoles gothiques. Parigi,Baudry,1884.), è contemporaneamente chiara e sublime. E quindi essa parla all'anima dei più umili come a quella dei più colti. Che lingua patetica il gotico delle pietre! Infatti è una lingua tanto patetica che le canzoni d'un Orlando di Lassus o di un Palestrina, la musica per organo d'un Haendel o d'un Frescobaldi, l'orchestrazione d'un Beethoven o d'un Cherubini e, ciò che è ancora più grande di tutto questo, il semplice e severo canto gregoriano, che è forse il solo vero canto, non si aggiungono che in sovrappiù alle emozioni che la cattedrale, da sola, produce. Guai a coloro ai quali non piace l'architettura gotica, o, per lo meno, compiangiamoli come persone che non hanno ereditato un cuore». Santuario della Tradizione, della Scienza e dell'Arte, la cattedrale non dev'essere guardata come un'opera dedicata unicamente alla gloria del cristianesimo, ma piuttosto come un vasto agglomerato d'idee, di tendenze, 30 di credo popolari, un insieme perfetto al quale ci si può riferire senza timore ogni volta che c'è bisogno di approfondire il pensiero degli antenati in qualsiasi campo : religioso, laico, filosofico o sociale. Le volte ardite, la nobiltà delle navate, l'ampiezza delle proporzioni e la bellezza dell'esecuzione fanno della cattedrale un'opera originale, dall'armonia incomparabile, ma che non doveva essere completamente dedicata all'esercizio del culto. Se, sotto la luce spettrale e policroma delle alte vetrate, il raccoglimento e il silenzio invitano alla preghiera e predispongono alla meditazione, in compenso l'apparato, la struttura e gli ornamenti, emanano e riflettono, con la loro straordinaria potenza, delle sensazioni i meno edificanti, uno spirito più laico e, diciamo pure il termine, quasi pagano. Si possono discernere, oltre all'ardente ispirazione nata da una solida fede, le mille preoccupazioni della grande anima popolare, la affermazione della sua coscienza, della sua propria volontà, l'immagine del suo pensiero, di tutto ciò ch'esso ha di complesso, d'astratto, d'essenziale, di sovrano. Se si va nell'edificio per assistere alle funzioni religiose, se si entra al seguito d'un corteo funebre o in mezzo all'allegro corteo d'una festa solenne, la calca è grande anche in ben altre circostanze. Si tengono delle assemblee politiche presiedute dal vescovo; si discute il prezzo del frumento e del bestiame; i tessitori stabiliscono il prezzo delle stoffe; si accorre anche per cercare conforto, per domandare consiglio, per implorare perdono. E non ci sono corporazioni che non facciano benedire il capolavoro del nuovo confratello, che non si riuniscano una volta l'anno sotto la protezione del loro santo patrono. Durante tutto il bel periodo medioevale furono conservate anche altre cerimonie, assai gradite al popolo. C'era la Festa dei Pazzi - o dei Saggi, - «kermesse» ermetica processionale che partiva dalla chiesa col suo papa, i suoi dignitari, i suoi fedeli, il suo popolo - il popolo del medioevo, rumoroso, malizioso, scherzoso, pieno di traboccante vitalità, di entusiasmo e di foga - e si riversava in città... Ilare satira d'un clero ignorante, sottoposto all'autorità della Scienza nascosta, schiacciato sotto il peso d'una indiscutibile superiorità. Ah! La Festa dei Pazzi, col suo carro del Trionfo di Bacco, trainato da un centauro e una centauressa, ambedue nudi come il dio, che era accompagnato dal grande Pan; carnevale osceno che s'impossessava delle navate ogivali! Ninfe e naiadi uscenti dal bagno; divinità dell'Olimpo, senza nubi e senza tutù: Giunone, Diana, Venere, Latona si davano appuntamento alla cattedrale per sentire la messa! E quale messa! Composta dall'iniziato Pierre de Corbeil, arcivescovo di Sens, secondo un rituale pagano, e durante la quale le fedeli dell'anno 1220 gridavano il grido di 31 gioia dei baccanali: Evohè! Evohè! E gli scolari rispondevano con entusiasmo delirante: Haec est darà dies clararum darà dierum! Haec est festa dies fesTarum festa dierum!1 ( 1 Questo giorno è celebre tra Ì giorni celebri! Questo giorno è giorno di festa tra i giorni dì festa!) C'era anche la Festa dell'Asino, quasi altrettanto fastosa della precedente, con l'ingresso trionfale, sotto i sacri archetti, di Mastro Aliboron, il cui zoccolo, un tempo, calpestava la pavimentazione giudea di Gerusalemme. Si celebrava il nostro glorioso Cristoforo, con una funzione speciale con cui si esaltava, dopo l'epistola, quella potenza asinina che ha procurato alla Chiesa l'oro dell'Arabia, l'incenso e la mirra del paese di Saba. Era questa una parodia grottesca che il prete, incapace di comprendere, accettava in silenzio, con la fronte china sotto il peso del ridicolo sparso in abbondanza, da quei mistificatori del paese di Saba, o Caba, icabalisti in persona! È lo scalpello degli imaigiers2 (2 Letteralmente fabbricanti d'immagini. N.d.T.) del tempo, che ci da la conferma di quelle strane feste. Infatti, scrive il Witkowski3 (3 G. J. Wilkowski. L'Art profane à l'Eglise. Etranger. Parigi, Schemit, 1908, p. 35.) descrivendo la navata di Notre-Dame de Strasbourg, «il bassorilievo di uno dei capitelli dei gran di pilastri riproduce una processione satirica nella quale si distingue un maialetto che porta un'acquasantiera, seguito da alcuni asini vestiti in abiti sacerdotali e da scimmie che portano diversi attributi della religione ed anche da una volpe chiusa in gabbia. È la Processione della Volpe, o della Festa dell'Asino». Aggiungiamo che una scena identica, miniata, si trova al folio 40 del manoscritto n. 5055 della Biblioteca nazionale. C'erano, infine, quelle bizzarre usanze dalle quali traspirava un significato (ermetico, talvolta molto puro; usanze che ogni anno si rinnovellavano ed avevano come teatro la chiesa gotica, tra esse la Flagellazione dell'Alleluia, nella quale i chierichetti spingevano, a gran colpi di frusta, i loro sabot4 5 (4 Trottola dal profilo di Tau o di Croce. Nella cabala, sabot equivale a cabot o chabot, lo chat bottè (gatto con gli stivali) dei Racconti di mia Madre l'Oca. La focaccia dell'Epifania talvolta contiene un sabot invece della fava. 5 Sabot: zoccolo N.d.T.) rumorosi fuori dalla navata della chiesa cattedrale di Langres; c'era poi il Convoi de CarêmePrenant; la DiablerIe de Chaumont; le processioni e i banchetti della Infanterie dijonnaise, ultima eco della Festa dei Pazzi, con la sua Madre Pazza, i suoi diplomi rabelaisiani, il suo stendardo sul quale due fratelli, uno 32 a rovescio dell'altro, si divertivano a scoprirsi le natiche; e lo strano Gioco della Pelota che era giocato nella navata di Saint-Etienne, cattedrale d'Auxerre, e che scomparve, poi, verso il 1538; ecc...
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