giovedì 15 dicembre 2011

La mia morte - racconto di Lis Bukuroca

di Lis Bukuroca

(tradotto da Brunilda Ternova)

Al semaforo ho sentito una fitta al petto e poi un forte dolore. Le distanze delle frequenze respiratorie aumentarono diventando a tratti più profonde e a tratti più pacifiche. Il decentramento mentale a volte era più leggero e altre volte più pesante costringendomi a chiudere gli occhi. Gli ultimi cinque respiri – mentre inchinavo la testa sul volante - furono misteriosi. In quel momento decisi di chiudere i conti con il mondo intero. Al quarto respiro avevo perdonato i peccati a quelli che con intrighi e calunnie avevano impedito il mio cammino di vita. A tutti! La terza fu un po’ ritardata e la mia coscienza subì una vertiginosa e totale degradazione. Il cervello non stava funzionando in modo corretto e incominciai a vedere varie immagini a colori, arcobaleni, profeti, angeli e un scuro tunnel con una luce fosforescente alla fine. Tuttavia, sono riuscito a chiedere scusa anche alle mie vittime. Non avevo nel mio repertorio biografico nessuno, ma non si sa, forse qualcuno avevo inconsciamente e  inavvertitamente ferito. Nel secondo respiro, che ritardò ancor più del terzo, avevo pregato tutti i profeti, visto che sfilavano davanti ai miei occhi uno dopo l’altro. Meglio pregare tutti, mi sono detto, forse uno o l’altro si potrebbe sentire discriminato e mi creerebbe problemi di là. Poi non so cosa accadde. La luce si spense e mi sembrò che lo sguardo abbracciasse il cielo in pieno, completamente, fissamente incorporandolo.
Negli ultimi istanti provai anche una sensazione di gioia poiché finalmente avrei incontrato faccia a faccia la grande verità. In vita mi sorprendeva sempre l’orrore e la paura della gente a proposito della morte, anche se credevano nell’eternità. Perché ci sono tante buone promesse? Perché se lì è meglio di qui c’è questa profonda tristezza? Questo non riuscivo a capirlo.
La morte è una cosa comune, non è niente di nuovo è un fenomeno naturale e poi il Dio è buono e soprattutto imparziale, dicevo tra me e me. Avevo più paura delle divinità auto-proclamate che del vero Dio, di quello giusto ... La morte, però, non è né innovazione e neppure una stranezza. Nel futuro le morti come le nostre e con la nostra longevità saranno la vera stranezza. La pensa in questo modo anche il professor Aubrey de Grey dell’Università di Cambridge.
Durante la vita, nel subconscio, nell’alter ego ribelle, di tanto in tanto regna una convinzione che forse io, proprio io, non morirò mai. Forse io sono una eccezione, pensai, oppure verrà scoperto qualche farmaco miracoloso. Il professore Gray pensa che la vecchiaia può essere rimandata e l’uomo non morirà prima dei mille anni. Il metodo? Per mezzo della biotecnologia, le basi molecolari permettono al corpo di auto guarirsi. Però io non sono riuscito ad aspettare e mi sono rassegnato. Fortunatamente, sono fuggito. L’Anima volò via, mentre il corpo venne trattenuto e io rimasi quasi lo stesso, anche come Anima. Non ero più un insieme fisico e biologico ma ero una realizzazione trascendentale immateriale, fatta non di cellule ma da una divina pre-morfologia. Ero di nuovo un essere e stranamente vestito. I vestiti erano uguali a quelli comprati appositamente per la mia morte, ma anche quelli erano fatti da un pre-antimateria divina.
Il pronto soccorso inviò in ospedale il mio corpo. La mia compagna sconvolta informò alcune persone che tenevano a me. Anzi, contrariamente al nostro accordo, forse per il dolore o forse dalla confusione che si era venuta a creare, aveva informato anche qualche persona che non avrei voluto vedere nemmeno in vita figuriamoci in veste di spirito.
Avevo preparato il mio testamento pochi anni prima della mia morte e lo avevo modificato due volte: nel primo avevo specificato che volevo essere sepolto in modo elegante, sbarbato, in cravatta e con scarpe ben lucidate. I soldi per la bella bara lavorata in legno di ciliegio – in vita amavo le ciliegie - li avevo lasciati nell’armadio già pronti insieme ai vestiti. Ho lavorato tutta la vita, mi sono detto, e voglio essere sepolto in una cassa decorosa, anzi speravo di incontrare dall’altra parte delle persone di cultura e volevo - come albanese che ero - apparire esemplare, splendidamente vestito, con raffinatezza e orgoglio. Poi anche davanti al Signore, nella Corte Suprema, volevo apparire elegante e dignitoso.
Nel primo testamento avevo chiesto di avere nella barra con me il telecomando e il cellulare. Così se fosse stato necessario potevo inviare un messaggio oppure cambiare i canali TV alla mia compagna ogni volta che volevo per ricordarle il nostro amore. Forse pensavo che la mia morte non era completa, ma piuttosto parziale e che, può darsi, riuscivo ad eseguire alcune attività dal regno di Ade. Oltre all’oggettistica, nelle mie volontà avevo stilato espressamente di essere sepolto nelle tombe dei non fumatori. Ovviamente nel caso ci fossero, altrimenti il più lontano possibile dai fumatori. La sigaretta, in vita tanto amata, ora mi odiava altrettanto e nella stessa misura.
Ma dopo un po’ cambiai le volontà del mio testamento. Decisi di essere cremato. Le batterie del telecomando e del cellulare potevano consumarsi e non aveva senso averle con me. Andai nel mio Paese di nascita e comprai un vaso realizzato in argilla, in creta rossa di alta qualità patriottica. Era come quei piccoli vasetti dove si inseriscono le verdure in salamoia. Volevo essere come loro in salamoia perché dopo la morte anche io mi sarei trasformato e mi sarei conservato come le verdure e non mi sarei guastato mai più. Il vaso in terracotta mi dava la speranza che un giorno forse sarei tornato, come quando le verdure sono preparate e la gente domanda: Sono pronte le verdure in salamoia? Forse era questa la ragione per la quale avevo scelto quel recipiente in terracotta. Ma, certamente, in realtà la vera ragione non la sapevo. Tuttavia, il termine della scadenza era: mai! Cioè in qualche modo ero vivo e presente nel vaso. Addirittura, avevo chiesto di essere sepolto anonimo. La ragione, non la so proprio. Non avevo bisogno d’altro, pensavo mentre modificavo le mie volontà. Presi una busta di grandi dimensioni e la chiusi mostrandola alla mia compagna.
- Deve essere aperta in presenza di un notaio - le dissi. Lei annuì scuotendo la testa confusa ma non mi disse nulla. Forse pensava che dentro avrebbe trovato il conto corrente bancario segreto. Ma con l’eccezione dei miei desideri, dei ringraziamenti per l’amore e per i nostri capolavori, dentro non c’era nulla più di qualche debito non riscosso che gli avrei lasciato brutalmente in eredità come ricordo.

Era una giornata fredda e con moltissima neve. In giro si discuteva con grande preoccupazione riguardo la situazione del pianeta Terra: stavamo violentando il normale cammino dell’evoluzione mettendo in moto una nuova evoluzione e nessuno sapeva come sarebbe andata a finire, cosa avrebbe prodotto e cosa avrebbe distrutto. stava violando il progetto del professore Aubrey de Grey. Inoltre, gli specialisti della genetica erano stati in grado di constatare che da qualche parte i geni  avevano subito una mutazione nel codice e si supponeva che questo clima potesse influenzare la nascita di esseri umani senza occhi orecchie. Questo, però, non preoccupava nessuno poiché certe popolazioni non vedevano con gli occhi, e altre non ascoltavano neanche con le orecchie. Altri non vogliono vedere e neanche sentire al tempo stesso. Sono rimasti tali e quali per moltissimi secoli e così resteranno ancora per un bel po'.
Verso le ore quindici andai in città con la macchina e mentre aspettavo davanti al semaforo subii il primo attacco cardiaco. Riuscii a sentire solo le sirene delle auto dietro di me posando  il capo sul volante. Il pronto soccorso giunse velocemente, come dice il nome stesso. Mi stesero sul marciapiede e cercarono di farmi ritornare in vita. Ma io non avevo più voglia. E’ meglio andare via, dissi tra me e me. Il medico mi mise una maschera per la respirazione. L’Anima, che aveva preso in prestito il mio corpo, volò via e io osservavo la gente da fuori: le loro espressioni e il loro colorito provocato dalla mia situazione.
- È morto! - disse uno dei passanti facendo alcuni passi all’indietro dalla paura. Dopo di lui fecero lo stesso altre decine di persone. Il medico e l’infermiera alzarono la testa e le guardarono aggrottando le ciglia. Per la prima volta vidi che qualcuno aveva paura di me. Questa cosa non mi  piacque. Quando mi agitavo in vita nessuno aveva paura di me e io questo lo prendevo in considerazione come un grande successo. Solo in questo modo consentivo alle persone di essere oneste nei miei confronti e questo mi piaceva rendendomi orgoglioso. Ora, disteso sul marciapiede, terrorizzavo le persone. Che strano! Per un attimo, il mio corpo mi sembrò un’arma biochimica spaventosa. Mi misero in una barella e subito dopo l’ambulanza andò in fretta verso l’ospedale. La moltitudine dei passanti si disintegro.
Per la sepoltura nel placido cortile vennero molti volti sconosciuti ma vennero anche alcuni che non mi amavano. Non erano venuti per me ma per loro stessi, per fare la carità, per trarre dalla mia tragica tragedia qualche punto per il loro paradiso ideale. Per vincere dei punti da me che ero morto e per alleviare l’esperienza del dolore alla mia compagna. Per egoismo, pensai e mi misi a osservare la loro finta tristezza, i loro finti volti sconsolati con una risatina pressoché nascosta ma che in realtà non riuscivano a nascondere dai loro volti insolenti. Il discorso funebre fu tenuto da un amico. Parlava così bene di me che mi sorpresi di quanto ero stato buono e non lo sapessi. Il processionale mi osservò per un ultima volta e gli operai della sepoltura chiusero il coperchio della bara inviando il mio corpo nel forno, come avevo stipulato per iscritto.
Loro si allontanarono e io mi avviai verso il cielo. La mia Anima volava velocemente, più veloce rispetto alla stessa velocità della luce. Dopo sette minuti ​​terrestri attraversai la via lattea  e sull’estremità della nostra galassia, , all’uscita, notai un pianeta quasi simile alla Terra: era  bello e pieno di vita con molti esseri che lavoravano i campi. In quel pianeta gli esseri oltre alle mani possedevano anche le ali per volare. Il loro Dio aveva detto loro che dovevano lavorare i campi ed essere grandi credenti, così non facevano nient’altro che questo. Quel pianeta era un milione di anni più antico del pianeta Terra. Mi ero fermato un po’ nella sua orbita e non sapevo in quale direzione andare. Un ufficiale celeste mi si avvicinò e disse:
- Vai avanti! Qui è vietato sostare. Lo guardai infastidito e gli dissi:
- Non so quale direzione prendere, qui ci sono moltissime indicazioni. Erano enormi, sospese
nel cielo e creavano dei corridoi tra di loro. C’erano centinaia di corridoi e ognuno di loro aveva un proprio colore.
- Sei Europeo? - mi domandò.
- . - gli risposi.
- Da questa parte in questi primi cento corridoi e poi raggiungerà il Pianeta Tribunale. Dopo l’udienza principale e dopo esserti disinfettato dai delitti può andare in altri continenti, ma ti servirà un visto!
- Anche qui!? - ho quasi urlato dalla sorpresa.
- A causa del nuovo regolamento celeste, non mescoliamo più i popoli conservando così l’armonia perfetta. Perché ti chiami Naser?
- Non lo so. Forse perché mio nonno era nato nell’epoca di un altro Impero. Forse sperava che io diventassi presidente ...
- Lo sei diventato? - mi chiese seriamente il funzionario. Gli dissi allora che per diventare presidente un essere umano doveva essere un gran bugiardo, doveva possedere una enorme sfacciataggine e un gran culone autoadesivo alla poltrona ma io non possedevo queste qualità sovrumane.
- Hai fatto bene, i presidenti si sottomettono ad un esame speciale poiché loro non rispondono solo per se stessi ma anche per tutte le persone del loro paese, per ogni persona - mi disse e mi fece cenno con la mano di continuare il volo.
- Anche gli altri sono così seri come lei? - gli domandai. Sono arrivato con tanta gioia, ma qui ora ho paura.
- Non so, quelli sono altri reparti e io non mi intrometto nelle loro competenze, ma qui regna la giustizia assoluta, non temere - mi rispose molto seriamente di nuovo.
Non va per niente bene, pensai e mi pentii di essere morto. Volai oltre per altri sette minuti del tempo terrestre e atterrai nel Pianeta Tribunale. Tutto sembrava perfetto e in una armonia da mozzafiato. C’erano molte più meraviglie di quanto possano immaginare tutti gli abitanti della Terra. Mi sono trovato di fronte ad un magnifico palazzo con un anfiteatro grande quanto il Kosovo e dove c’erano migliaia di dipendenti con il computer davanti, mentre nel suo cortile atterravano interrottamente le Anime. Gli impiegati erano specializzati negli europei e nei loro reati. Lì si separava il bene dal male. Dopo pochi istanti, mi sono trovato anche io davanti ad un impiegato.
- Buoncielo! - lo salutai in albanese.
- Buoncielo! - mi rispose in albanese.
- Non sarà il Signore ad interrogarmi? - chiesi.
- Sulla Terra, è il giudice o il presidente a giudicare? - mi chiese. Lo osservai deluso ma non dissi nulla.
- Il Signore lo vedono solo le persone perfette e straordinarie o lo si vede quando inizia la morte dell’universo
- E quando inizia? - lo interrupi triste poiché mi avrebbe atteso anche una ulteriore morte.
- Mai! - mi rispose categoricamente.
- Uffaa - urlai liberato.
- Il Signore può essere visto, continuò lui, anche quando ci sono le riunioni universali. Se tu potrai vederlo oppure no questo non si sa ancora lo vedremmo dopo le tue analisi...
In quel momento ci transitò vicino un’impiegata bellissima, più bella della bellezza stessa: alta di statura, agile e con un portamento sconvolgente e orgoglioso.
- Quando possiamo fare sesso qui? - chiesi al funzionario.
- Quando desideri! Hai preso con te gli organi genitali? - mi chiese.
- No. - gli risposi. Non li avevo con me, erano rimasti di sotto.
- Qui non c'è né nascita e né morte, e di conseguenza non ci si accoppia. Qui esiste la vita senza confini. L’eternità. Il sesso serve all’evoluzione. Questa non è la Terra e non esiste l’evoluzione ma esiste la fine dell’evoluzione, la perfezione. Lì dove si mangia e si beve, esiste la nascita e la morte. Qui, no! La gente del tuo pianeta qui non viene divisa in generi, ma quasi tutti sono vestiti con l’aura divina. La tua professione? - aggiunse alzando la testa.
- Professore di lingue per le scuole secondarie, ma lavoravo come traduttore ...
- Sa fare qualcos’altro?
- Sì, lì scrivevo favole per i vivi...
- Tu eri quello che aveva inviato una lettera a Dio?
- Sì. - gli risposi.
- Appoggia la mano sul vetro!
Missi la mano lì dove mi indicò e sullo schermo apparvero la mia vita e le mie azioni.
- Allora, la pubblicasti poi la risposta di Dio? – mi domandò guardando sullo schermo.
- No. - dissi - Poteva deludere le persone che pensano di essere in coalizione con il Signore ...
- Di quale religione eri credente?
- Di tutte e di nessuna. Il più delle volte politeista e agnostico, qualche volta buddista, induista, taoista, poi deista universale e quando avevo dei problemi credevo in tutte e tre le religioni monoteistiche in virtù delle loro caratteristiche e così via dicendo ... dipendeva dalla necessità. Durante la pubertà credevo nella religione marxista e quando le cose mi andavano bene ero ateo e moralista. Non avevo tempo di pensare a Dio, così lo lasciavo in pace ad aiutare coloro che avevano bisogno più di me ...
- Come mai così tante conversioni?
- Non me ne bastava una. O mi mettevano dentro una cornice oppure non avevano nessuna risposta alle mie domande. Come essere umano amavo la libertà di pensiero e saltavo da un libro all’altro per permettermi di avere una chiara percezione.
- Perché politeista?
- Credevo che Dio avesse altri compiti, più importanti e urgenti, per esempio la costruzione di nuovi pianeti, l’allineamento e la ridistribuzione delle galassie. In modo da non occuparsi di me, avrebbe inviato al suo posto un altro Dio, un altro collega oppure altri colleghi. Pensavo che ogni galassia, le migliaia che avevamo scoperto, aveva il suo proprio Dio...
- Bene. - mi disse - Vieni con me. Hai creduto nell’esistenza del diavolo?
- Mai!
- Perché?
- Pensavo che il male non potesse sopravvivere a lungo. Dio non l’avrebbe sopportato. Avrei una domanda, per favore.
- Sì!
- Per quale ragione ho vissuto?
- Per imparare una professione.
- Eh!- tuonai io - Lavoro anche qui.
- Naturalmente. - disse il funzionario. Altrimenti, impazziresti dalla noia.
- Come ricompensate e come punite gli esseri qui?
 - Le persone qui sono suddivise sulla base del rispetto e dell’aiuto verso gli altri. Il rispetto e il sostegno. Nient’altro. La gente, quelli del tuo pianeta, è suddivisa in due gruppi. Il primo gruppo sono quelli che hanno rispettato l’essere umano aiutandolo ogni giorno. Essi sono inviati nel Paradiso, a pochi giorni di distanza da qui, dopo il processo principale. Le persone che non hanno rispettato gli esseri umani e non hanno aiutato ogni giorno, ma non hanno agito ingiustamente, nel Pre-Paradiso, un luogo per gli egocentrici ...
- E per coloro che hanno pregato al Signore? - lo interruppi.
- Dipende per chi hanno pregato. Se hanno pregato per loro stessi, cadono nel gruppo degli egoisti e degli egocentrici, trovando lì anche i santuari per pregare fino a correggersi ...
- Cosa succede con le persone malvagie?
- Per loro ci sono tre centri, tre processi in tre tribunali per i crimini gravi: il Purgatorio, l’Inferno e l’Inferno Principale. Puoi andare adesso. - facendomi segno con il dito in direzione della porta dove si elaborava il risultato finale delle analisi ...
- Ho ancora altre due domande per favore. Qual è l’azione che spedisce l’uomo direttamente presso le Corti Supreme dove non c’è salvezza? Un crimine che non si può perdonare suppongo.
- L’omicidio di un essere umano - disse il funzionario.
- E gli uomini che maltrattano le donne, quale punizione ricevono?
- Se non hanno fatto altri crimini ma solo hanno oppresso le loro donne non vengono puniti, solo subiscono il cambiamento del sesso e vengono inviati a sposarsi in un altro pianeta maschilista, non sulla Terra ... I migliori vengono inviati a lavorare in altre galassie, dipende delle conoscenza che portano con sé ...
- Buoncielo! - dissi ringraziandolo e inchinandomi.
- Buoncielo! - ripete lui in un albanese perfetto.

Sul petto sentivo una forte pressione. Poi un suono sottile, un biiiip. Ancora un’altra forte pressione e un altro biiippp. I medici si guardarono in faccia tra di loro e sorrisero.
- Ti abbiamo fatto ritornare in vita. - disse il medico mentre stavo aprendo lentamente gli occhi. Eri più di là che di qua.
- Di là non era per niente male. - gli dissi con rammarico e gli domandai per quanti mesi fossi rimasto in quello stato.
- Quasi mezz’ora ...Ti ricordi qualcosa? - mi chiese il medico.
- Sì, molte cose. Una volta in cielo e poi indietro. Fu una lunga traiettoria.
Loro si misero a sorridere e dopo pochi minuti uscirono dalla stanza. Una bella infermiera, come quella del Tribunale, entrò con alcuni farmaci in un piccolo contenitore in mano. Due settimane dopo le mie dimissioni dall’ospedale, stipulai il terzo testamento ...


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