Perché io sono la prima e l'ultima,
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure numerosi sono i miei figli.
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono colei che dà la luce e colei che non ha mai procreato,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che mi creò.
Io sono la madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la scandalosa e la magnifica.
Questo inno a Iside, parte di un poema ritrovato nel Papiro di Ossirinco del II secolo a.C, rivela come non ci sia una scissione tra la Puttana e la Santa, così come con altre contraddizioni che potrebbero annullarsi e invece ribadiscono la sua identità.
Non dimentichiamo poi che la vita stessa include la morte, la dolcezza si affianca con la spietatezza così come queste ultime sono due aspetti della forza.
Io sono la generatrice dell'universo, la sovrana di tutti gli elementi, l'origine prima dei secoli, la totalità dei poteri divini, la regina degli spiriti, la prima dei celesti, l'immagine unica di tutte la divinità maschili e femminili: sono io che governo col cenno del capo le vette luminose della volta celeste, i salutiferi venti del mare, i desolati silenzi degli inferi.
Indivisibile è la mia essenza, ma nel mondo io sono venerata ovunque sotto molteplici forme, con riti diversi,sotto differenti nomi.
Perciò i frigi, i primi abitatori della terra, mi chiamano madre degli dei, adorata in Pessinante, gli attici autoctoni, Minerva Cecopria, i ciprioti bagnati dal mare, Venere di Pafo, i cretesi abili arcieri, Diana Dictinna, i siciliani trilingui, Prosperina stigia, gli abitanti dell'antica Elensi, Cerere Attea, Giunone, altri Bellona, gli uni Ecate, gli altri Rammusia.
Ma le due stirpi degli etiopi, gli uni illuminati dai raggi nascenti del Dio sole all'alba, gli altri da quelli morenti al tramonto, e gli egiziani, valenti per l'antico sapere, mi onorano con riti che appartengono a me sola e mi chiamano col mio vero nome, Iside Regina.
da Le Metamorfosi 5, XI di Apuleio
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