lunedì 31 ottobre 2022

Albanian Vintage - Leman Ypi Leskoviku.

 Albanian Vintage - Leman Ypi Leskoviku. Tra  il 1935-1936 ha lavorato come segretaria del Primo Ministro albanese Mehdi Frashëri. All'età di 22 anni, fu consigliere del Presidente del Consiglio. Fotografia degli anni '30 //


Albanian Vintage - Leman Ypi Leskoviku. In the years 1935-1936 she worked as the secretary of the Albanian Prime Minister Mehdi Frashëri. At the age of 22, she workd as an advisor to the  Albanian Prime Minister.   1930s photography///



Vintage  - Leman Ypi Leskoviku. Në vitet 1935-1936 ajo punoi si sekretare e kryeministrit shqiptar Mehdi Frashëri. Në moshën 22-vjeçare ishte këshilltar i Kryeministrit.  Fotografia e viteve '30

lunedì 24 ottobre 2022

The helmet of Pyrrhus, the ancient King of Epirus and the helmet of Skanderbeg, the King of Epirus and Albania.

 L'elmo di Pirro, l'antico re dell'Epiro e l'elmo di Skanderbeg, il re dell'Epiro e dell'Albania.
Fonte: John Potter, 1673/4 -1747. Archæologia Græca: O, Le antichità della Grecia. Nuova ed. Londra: G G& J. Robinson [ecc.], 1795.   https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=nnc1.0032210663&view=1up&seq=6
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The helmet of Pyrrhus, the ancient King of Epirus and the helmet of Skanderbeg, the King of Epirus and Albania.
Source: John Potter, 1673/4 -1747. Archæologia Græca: Or, The Antiquities of Greece. New ed. London: G.G.& J. Robinson [etc.], 1795. //
 Helmeta e Pirros, Mbretit të lashtë të Epirit dhe përkrenare e Skënderbeut, Mbretit të Epirit dhe Shqipërisë.
Burimi: John Potter, 1673/4 -1747. Archæologia Græca: Or, The Antiquities of Greece. New ed. London: G.G.& J. Robinson [etc.], 1795. // https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=nnc1.0032210663&view=1up&seq=6

 



 

 

domenica 23 ottobre 2022

Quando Sardi e Albanesi si "capivano": un riassunto di dieci anni di ricerche - di Alberto G. Areddu

Circa venti anni fa, al tempo disponevo di un solo strumento di albanese, un piccolo ma fortunato vocabolarietto di Leotti, iniziai ad interessarmi delle possibili relazioni del sardo con l’albanese. Sapevo che l’albanese era una lingua a sé, che aveva subito, al suo interno, molti influssi greci, latini, turchi e slavi, ma sapevo anche che rimaneva uno “zoccolo duro” di parole che avevano attratto l’attenzione di Max Leopold Wagner, studioso tedesco che si era interessato con lavori pregevoli, del sardo. All’inizio me ne interessai anch’io per trovare delle correlazioni di ambito romanzo (cioè neolatine), successivamente per trovare delle spiegazioni per quelle parole sarde, che non avendo a che fare col latino, lo stesso Wagner aveva bollato come prelatine e appartenenti alla lingua originaria dei paleosardi, che da migliaia di anni in alcune zone della Sardegna (Ogliastra e Barbagia) sopravvivono. Queste parole lasciate alla fantasia interpretativa degli studiosi locali trovavano a lor detta ora corrispettivi semitici, ora sumeri, ora etruschi, ora financo baschi. Il tutto basato sul gioco delle assonanze e non del confronto formale e semantico.

Fu così che sul piano dei realia trovai delle parole che mettevano decisamente in comunicazione paleosardo e albanese.. Orbene: come spiegare infatti che in Ogliastra il pane di terra e l’argilla son detti trocco e in albanese dialettale trokë vuol dire ‘terra’? Come spiegare altrimenti che il misterioso eni, enis ‘albero del tasso’ non sia fratello dell’albanese enjë che vale la stessa cosa? Come chiudere gli occhi dinnanzi al fatto che con àlase si indica una pianta spinosa come l’ilex aquifolium, e che in albanese abbiano hàlëzë per indicare ‘spina, piccola spina’ ?

Queste e tante altre connessioni, chi mi segue nel mio sito avrà potuto rendersi conto non essere delle mere casualità. Insomma non stavo trovando delle parole che sotto sotto potevano esser dei latinismi nascosti, perché queste parole erano unanimemente considerate dagli studiosi di sardo come prelatine, e le corrispettive albanesi, presso gli studiosi di albanese, invece come autoctone, appartenenti a quello zoccolo di parole risalenti alle antichità formative dell’albanese.

Ora come è noto, l’albanese è sottoposto da parte dei critici a diverse interpretazioni riguardo la sua costituzione storica: chi vede, come lo Jokl alla sua base la mistione di trace e di illirico, chi (la maggior parte) pensa alla continuazione dell’illirico, chi del trace. Io penso che l’albanese come il paleosardo continui il paleoillirico, una lingua pregreca, costituita da diversi dialetti indoeuropei (tra cui uno premiceneo come l’eolico), che è collassata intorno al 1500 a.C., con l’affermazione dei Micenei in Grecia, ma che ha lasciato tracce, come individuato da Giuliano Bonfante, nel pantheon ellenico e in qualche termine dialettale del greco. Sconfitti e assimilati in quelle parti della Grecia, che pur confusamente gli storici Greci avevano denominato “pelasgiche” (Attica, Tessaglia, Epiro), in altre parti, dall’Istria in giù, il paleoillirico sviluppandosi a contatto di nuove realtà storiche si evolse poi in diverse forme di illirico locale. Gli esiti di s- iniziale indoeuropeo in albanese (z-; sh-; Ø; v-; gj-) o di sk- iniziale, ci mostrano coi loro variegati esiti che non c’è stato un solo dialetto al bandolo dell’albanese, ma dialetti differenziati, che secondo lo Stadtmüller trovano poi un quadro configurativo unificante nella regione del Mati nel Medioevo.

Come i nuoresi e gli ogliastrini che resistettero alla africanizzazione dei Cartaginesi e alla completa latinizzazione dei Romani, gli Illiri restrinsero sempre più l’area di parlata dell’antica lingua materna. In molta parte della toponomastica albanese è chiara l’impronta della slavizzazione forzata (Ylli), così come l’onomastica mostra i chiari segni della turchizzazione (Bidollari), ne consegue che la vera ricerca da portare avanti nel confronto paleosardo e illirico antico sta nel lessico tanto più se dialettale. Anzi vorrei dire che ci sono all’interno della toponomastica sarda significanti che sono certamente stati paleoillirici, ma che purtroppo essendosi perso qui il significato e lì forma e significato, mai si potrà individuare il nesso: con ciò voglio dire che l’isolatezza della Sardegna centrale ha preservato molta più illiricità formale di quanta sia possibile trovare in Albania.

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Può però a questo inconveniente soccorrere un altro strumento: quello di allargare il tiro a quelle aree ove si parlavano lingue non dissimili dal paleoillirico: la Macedonia, la Pannonia, il Norico, ecc. Partendo da qui ho trovato una prova inoppugnabile del fatto che in Sardegna si parlava una lingua indoeuropea e che questa aveva il tratto della balcanicità antica.

Nella rivista Quaderni Bolotanesi (rivista poco nota ma di elevata qualità) ho approfondito recentemente la relazione tra il nome Orolo ‘aquila’ dei Traci e molti toponimi sardi, oltre al misterioso sostantivo th-orolia ‘gheppio’, che presentano lo stesso segmento Orol-. Successivamente alla pubblicazione dell’articolo ho letto un saggio di R. Doçi, Çështje onomastike pellazge-ilire-shqpitare, all’interno del quale si sostiene che toponimi albanesi come Orlani, Orlat appartengono al nucleo originario dell’albanese, quindi dobbiamo prospettare anche per l’areale illirico una radice orol- come originaria per il referente ‘aquila’ (l’ orl diffuso in alcune aree arcaicizzanti è invece prestito slavo).

In un altro studio sulla stessa rivista sarda, ho poi trovato una spiegazione al’interno del Pantheon greco per il nome della piccola civetta locale, la thonca e ho scomodato la beotica (e pregreca) denominazione di Athena Onca.

Anche dal punto di vista morfologico, ho trovato nel mio saggio diverse correlazioni, ne prospetto alcune: il suffisso paleosardo -ci, -thi che trova spiegazione nel misterioso (Ҫabej-Xhuvani) suffisso diminutivo albanese -ci, -thi; la presenza di un suffiso -ore che va con albanese -ore; un suffisso -(i)tho per nomi di pianta che ritorna nell’albanese -thë; molti toponimi paleosardi finiscono in -min, -men (Assemini, Barumini, Nuraminis) come altrettanti illirici Delminium, Sarminium, Idiminium; particolarmente interessante la individuzione di un antico articolo preposto th- che trova conferma in alcune parole albanesi come th-ëngijll ‘carbone’, th-upër ‘asta, verga’ (Orel, Pisani, Ҫabej); e forse di uno posposto, giacché l’esistenza di eniu a fianco di eni, m’ha fatto subito pensare al suffisso postedeterminativo -u delle parole terminanti in -i nell’albanese.

Altre cose ci sarebbero da approfondire: le relazioni dei costumi, delle usanze, del mondo magico e religioso: per fare ciò bisognerebbe bypassare però secoli di comune convivenza col mondo greco-romano, che possono avere determinato, stimoli al comune sentire. Non starò a dire che il canto corale sardo (a cuncordu) trova straordinarie e stimolanti convergenze con la polifonia albanese, che il ballo tondo si ripresenta ancora particolarmente vivo nelle comunità arbërëshe, che il costume tradizionale albanese secondo il Lepore, studioso dell’ Epiro, trovava corrispondenza maggiore in quello sardo, che i castellieri istrioti possono avere un nucleo di convergenza con le messapiche specchie e i nuraghe preistorici di Sardegna.

A questo punto uno potrebbe chiedersi se i suoi sforzi sono stati premiati, se l’intelighentzia locale o nazionale si è accorta della giustezza di questa pista. A parte una recensione, garbata, del noto balcanologo Emanuele Banfi, dell’Università di Milano, nessuno in Sardegna (sono passati 6 anni dalla pubblicazione) tra gli studiosi mainstream ha fatto mai cenno al mio lavoro (si veda come controprova Google Scholar), anzi recentemente uno studioso catalano, che lavora in Sardegna, senza mai nominarmi, ha bollato il mio lavoro come indegno di essere citato. Un altro, che si è prodigato per NON farmi pubblicare, ricopre ora ben due incarichi universitari! La mia tesi che i paleosardi siano stati, come dire, civilizzati, da limitati nuclei di Paleoilliri, dall’Oriente europeo è palese che li ingolosisca molto poco: perché non sanno (né vogliono sapere) nulla di Albania, nonostante il link del sardissimo Antonio Gramsci. Ci vorranno decenni perché qualcuno si accorga delle scoperte concretate, e la ragione è dovuta al fatto che i custodi della cultura universitaria, in Sardegna come in Italia, hanno nipoti e nipotini, che per fare carriera devono dire sempre sì a loro.

giovedì 20 ottobre 2022

Divide et Impera

 1 – La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3 – La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.
4 – La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.
5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti…
7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori” (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…
9 – Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di repressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!
10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

mercoledì 19 ottobre 2022

i Dioscouri

 Il rilievo rinvenuto nell'ipogeo di Aguzzano a Roma mostra Elena e i fratelli Castore e Polluce, ovvero i Dioscouri. Sono circondati dal guscio rotto da cui sono nati. 
Ma guarda il dettaglio appena sopra di loro: un altro fenomeno volante a forma di uovo ma con tanto di "scarico" questa volta, portato da un maestoso uccello con angeli cherubini simili a bambini che cavalcano l'animale.
Questa è la prima volta che i dettagli dello scarico sono raffigurati così com'è, una sorta di degassamento chiaramente scolpito, altrimenti noto nell'arte come la Mano di Dio, una rappresentazione semplificata che utilizza simbolicamente le dita al posto del vapore e una ghirlanda al posto del a forma di capsula, decodificata per la prima volta come tale dall'autore Wayne Herschel.
Nelle chiese più antiche, il simbolo appare alto nel cielo posto tra le stelle. Con una svolta sorprendente, si scopre che questo potrebbe essere lo stesso oggetto descritto nel famigerato capitolo di Ezechiele, variamente chiamato Ruota di Ezechiele o Gloria del Signore.
Questa osservazione, tuttavia, ci porta a un altro sorprendente pezzo del puzzle. Castore e Polluce sono stati raffigurati nell'arte con indosso un cappello conico o pilos, anche scritto pileus.
La tradizione vuole che i cappucci siano resti delle uova da cui sono nate, lasciati sulla testa come una specie di titolo delle loro origini cosmiche.
I gusci d'uovo possono essere trovati in numerose monete dell'epoca che li mostrano con una stella in alto e corde simili a serpenti in basso poste all'interno di una ghirlanda. I cappelli volanti hanno persino bordi che li fanno sembrare piatti a cupola; una classica nave a disco, si potrebbe dire.
Il simbolo della "Mano di Dio" si è evoluto da una vera e propria nave celeste con un'apertura nella parte inferiore ( ghirlanda) da cui viene rilasciato uno scarico simile a una brezza  (la mano con le dita) > qui di colore arancione a scopo di confronto. ... In una svolta scioccante, questo murale mostra qualcosa di uguale importanza, vale a dire che questo mestiere sta depositando UN'ALTRA imbarcazione più piccola, un UOVO, che viene diviso in due metà liberando i bambini cosmici, cioè Elena di Troia e i suoi due fratelli , Castore e Polluce -- Un fenomeno frequente nella storia antica (e moderna), i bambini di "origine celeste" portati sulla Terra per essere allevati dai genitori terrestri e che sono destinati a compiere grandi azioni. --
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The relief found in the Hypogeum of Aguzzano in Rome shows Helen and the brothers Castor & Pollux, or the Dioscouri. They are surrounded by the broken shell they hatched from.
But look at the detail just above them: another egg-shaped flying phenomenon but complete with an “exhaust” this time, carried by a majestic bird with child-like cherub angels riding the animal.
This is the first time that the exhaust details is depicted the way it is, a clearly carved outgassing of sorts, otherwise known in art as the Hand of God, a simplified depiction that symbolically uses fingers in place of the vapour and a wreath instead the capsule shape, first decoded as such by author Wayne Herschel.
In the oldest churches, the symbol appears high in the sky placed among stars. In a surprising twist, it turns out that this may be the same object described in the infamous chapter by Ezekiel, variously called Ezekiel’s Wheel or the Glory of the Lord.
This remark, however, leads us to yet another startling piece of the puzzle. Castor and Pollux have been depicted in art wearing a conical hat or pilos, also spelled pileus.
The tradition says that the caps are remnants of the eggs the hatched from, left on their head as a type of title of their cosmic origins.
The eggshells can be found numerous coins of the time that show them with a star on top and snake-like ropes below placed within a wreath. The flying caps even have rims that make them looke like domed plates; a classic saucer ship, one could say.
The "Hand of God" symbol evolved from an actual celestial ship with an opening at the bottom ( = wreath) from which breeze-like exhaust is released ( = the hand with fingers) > colored orange here for the sake of comparison. ... In a shocking twist, this mural shows something of equal importance, namely that this craft is depositing ANOTHER smaller craft, an EGG, which is split into two halves releasing the cosmic children, that is, Helen of Troy & her two brothers, Castor and Pollux -- A phenomenon frequent in ancient (and modern) history, children of "heavenly origin" brought to Earth to be raised by Earth parents and who are bound to do great deeds.


giovedì 13 ottobre 2022

“KUR GRUAJA ËSHTË SHEFE” - Një intervistë me Nikola Tesla nga John B. Kennedy.

Perktheu nga anglishtja ne shqip Brunilda Ternova

[Collier's Weekly, 30 janar 1926, Numri i faqes: 17. Portreti i Nikola Teslës në vitin 1915, në moshën pesëdhjetë e nëntë vjeçare]

http://www.tfcbooks.com/tesla/1926-01-30.htm


Jeta e bletës do të jetë jeta e racës sonë, thotë Nikola Tesla, shkencëtar me famë botërore. Një urdhër i ri gjinor po vjen - me femrën si superiore. Ju do të komunikoni menjëherë me pajisje të thjeshta jelek-xhepi. Avionët do të udhëtojnë në qiell, pa pilot, të drejtuar nga radioja. Fuqi të mëdha do të transmetohen në distanca të mëdha pa tela. Tërmetet do të bëhen gjithnjë e më të shpeshta. Zonat e buta do të bëhen të ftohta ose të nxehta. Dhe disa nga këto zhvillime mahnitëse, thotë Tesla, nuk janë edhe aq larg.
Në moshën gjashtëdhjetë e tetë vjeç, Nikola Tesla ulet i qetë në dhomën e tij të punës, duke rishikuar botën që ai ka ndihmuar të ndryshojë, duke parashikuar ndryshime të tjera që duhet të vijnë në hapat e mëtejshëm të racës njerëzore. Ai është një burrë i gjatë, i hollë, asket, i cili vesh rroba të errta dhe e shikon jetën me sy të qëndrueshëm e  vështrim të  thellë. Në mes të luksit ai jeton në varfëri, duke zgjedhur dietën e tij me një saktësi pothuajse ekstreme. Ai abstenon nga të gjitha pijet, përveç ujit dhe qumështit dhe nuk i është dhënë kurrë duhanit që në rininë e hershme. Ai është një inxhinier, një shpikës dhe, mbi këto, si dhe themelore për ta, një filozof.  Pavarësisht fiksimit të tij me zbatimin praktik të asaj që një mendje e talentuar mund të mësojë në libra, ai kurrë nuk e ka hequr shikimin nga drama e jetës.
Kjo botë, e mahnitur shumë herë gjatë shekullit të fundit, do të fërkojë sytë dhe do të ngelë pa frymë përpara mrekullive akoma më të mëdha nga ato që kanë parë  brezat e kaluar. Pesëdhjetë vjet në të ardhmen bota do të ndryshojë më shumë nga e tashmja, njëlloj siç ndryshon bota jonë tani nga bota e pesëdhjetë viteve më parë.
Nikola Tesla erdhi në Amerikë në rininë e hershme dhe gjeniu i tij shpikës gjeti famë të shpejtë. Kur pasuria ishte përmes makinerive të tij revolucionare të transmetimit të energjisë, ai krijoi impiante, fillimisht në Nju Jork, pastaj në Kolorado, më vonë në Long Island, ku eksperimentet e tij të panumërta rezultuan në të gjitha llojet e përparimeve të rëndësishme dhe të vogla në shkencën elektrike. Lord Kelvin tha për të (para se të mbushte dyzet vjeç) se Tesla kishte kontribuar më shumë se çdo njeri tjetër në studimin e energjisë elektrike.
"Që nga fillimi i sistemit wireless," thotë ai, "vura re se ky art i ri i elektricitetit të aplikuar do të ishte më i dobishëm për racën njerëzore se çdo zbulim tjetër shkencor, sepse praktikisht eliminon distancën. Shumica e sëmundjeve nga të cilat njerëzimi vuan janë për shkak të shtrirjes së pamasë të globit tokësor dhe paaftësisë së individëve dhe kombeve për të ardhur në kontakt të ngushtë.
“Sistemi Wireless do të arrijë kontaktin më të ngushtë përmes transmetimit të inteligjencës, transportit të trupave dhe materialeve tona dhe transmetimit të energjisë.
"Kur wireless është aplikuar në mënyrë të përsosur, e gjithë toka do të shndërrohet në një tru të madh, që në fakt do të thotë që, të gjitha gjërat janë grimca të një tërësie reale dhe ritmike. Ne do të jemi në gjendje të komunikojmë me njëri-tjetrin menjëherë, pavarësisht nga distanca. Jo vetëm, por nëpërmjet televizionit dhe telefonisë ne do ta shohim dhe dëgjojmë njëri-tjetrin në mënyrë të përsosur sikur të ishim ballë për ballë, pavarësisht distancave ndërmjetëse prej mijëra miljesh; dhe instrumentet nëpërmjet të cilave ne do të jemi në gjendje ta bëjmë këtë do të jenë jashtëzakonisht të thjeshta në krahasim me telefonin tonë aktual. Një njeri do të jetë në gjendje ta mbajë një në xhepin e tij të jelekut.
"Ne do të jemi në gjendje të dëshmojmë dhe të dëgjojmë ngjarje: inaugurimin e një presidenti, luajtjen e një loje në nivel botëror, shkatërrimet e një tërmeti ose tmerrin e një lufte ashtu sikur të ishim të pranishëm. Kur transmetimi pa tel i energjisë bëhet komercial, transporti dhe transmetimi do të revolucionarizohen. Tashmë filmat janë transmetuar me valë në një distancë të shkurtër. Në të adhmen distanca do të jetë e pakufizuar, dhe me fjalën “në të adhmen” dua të them vetëm pas disa vjetëve. Fotografitë transmetohen përmes telave - ato u telegrafuan me sukses përmes sistemit  tridhjetë vjet më parë. Kur transmetimi i energjisë pa tela të bëhet i përgjithshëm, këto metoda do të jenë po aq të papërpunuara sa lokomotiva me avull në krahasim me trenin elektrik.
Gruaja — e Lirë dhe Mbretërore
Të gjitha hekurudhat do të elektrizohen dhe nëse ka mjaft muze për t'i mbajtur ato, lokomotivat me avull do të jenë antike groteske për pasardhësit tanë.
"Ndoshta aplikimi më i vlefshëm i energjisë pa tel do të jetë lëvizja e makinave fluturuese, të cilat nuk do të mbajnë karburant dhe do të jenë të lira nga çdo kufizim i aeroplanëve dhe aerostatët aktualë. Ne do të udhëtojmë nga Nju Jorku në Evropë brenda disa orësh. Kufijtë ndërkombëtare do të fshihen në masë të madhe dhe do të bëhet një hap i madh drejt bashkimit dhe ekzistencës harmonike të racave të ndryshme që banojnë në glob. Wireless jo vetëm që do të bëjë të mundur furnizimin me energji të rajonit, sado i paarritshëm, por do të jetë efektiv politikisht duke harmonizuar interesat ndërkombëtare; do të krijojë mirëkuptim në vend të dallimeve.
"Sistemet moderne të transmetimit të energjisë do të bëhen të vjetruara. Stacionet kompakte rele, gjysmë ose një e katërta e madhësisë së termocentraleve tona moderne do të jenë baza e funksionimit  në ajër dhe nën det, sepse uji do të ketë humbje të vogla në përcjelljen e energjisë nga wireless."
Zoti Tesla parashikon ndryshime të mëdha në jetën tonë të përditshme. "Aparatet aktuale të marrjes me valë, do të hiqet për makineritë shumë më të thjeshta;  Format statike dhe të gjitha format e ndërhyrjeve do të eliminohen, në mënyrë që transmetuesit dhe marrësit e panumërt të mund të funksionojnë pa ndërhyrje. Është mëse e mundshme që gazeta do të shtypet 'pa tel' në shtëpi gjatë natës. Menaxhimi i brendshëm - problemet e ngrohjes, dritës dhe mekanikës shtëpiake - do të çlirohen nga çdo punë përmes energjisë së dobishme me valë.  
"Unë parashikoj që zhvillimi i makinës fluturuese të tejkalojë atë të automobilave dhe pres që zoti Ford të japë një kontribut të madh në këtë progres. Problemi i parkimit të makinave dhe mobilimi i rrugëve të veçanta për trafik komercial dhe argëtues do të zgjidhet. Kullat e parkimit me breza do të lindin në qytetet tona të mëdha dhe rrugët do të shumëzohen për shkak të nevojës, ose më në fund do të bëhen të panevojshme kur qytetërimi do të zëvendësojë rrotat me përdorimin e krahëve.

Rezervuarët e brendshëm të nxehtësisë në botë, të treguara nga shpërthimet e shpeshta vullkanike, do të shfrytëzohen për qëllime industriale. Në një artikull që shkrova njëzet vjet më parë, përcaktova një proces për përdorim njerëzor të konvertimit të vazhdueshëm të nxehtësisë së marrë nga dielli nëpërmjet atmosferës. Ekspertët kanë nxituar në përfundimin se po përpiqem të realizoj një skemë të lëvizjes së përhershme. Por procesi im është përpunuar me kujdes, është racionale”.
Z. Tesla e konsideron emancipimin e gruas si një nga shenjat më të thella për të ardhmen.
"Është e qartë për çdo vëzhgues të trajnuar," thotë ai, "dhe madje edhe për ata të patrajnuarit sociologjikisht, se një qëndrim i ri ndaj diskriminimit gjinor ka ardhur në botë gjatë shekujve, duke marrë një stimul të papritur pak para dhe pas Luftës Botërore.
"Lufta e femrës drejt barazisë gjinore do të përfundojë në një rend të ri gjinor, me femrën si superiore. Gruaja e sotme, e cila parashikon një fenomen thjesht sipërfaqësor në përparimin e seksit të saj, është një simptomë sipërfaqësore e diçkaje më të thellë dhe më të madhe që fermenton fuqishëm në gjirin e racës.
“Nuk është në imitimin e cekët fizik të burrave që gratë do të pohojnë së pari barazinë e më vonë epërsinë e tyre, por në zgjimin e intelektit të grave. Përmes brezave të panumërt, që nga fillimi, nënshtrimi shoqëror i grave rezultoi në atrofi të pjesshme ose të paktën pezullimin trashëgues të cilësive mendore, të cilat ne tani e dimë se gjinia femërore është e pajisur me jo më pak se burrat.

Mbretëresha është qendra e jetës.
"Por mendja e femrës ka demonstruar një kapacitet për të gjitha arritjet mendore të burrave, dhe ndërsa brezat pasojnë ky kapacitet do të zgjerohet; gruaja mesatare do të jetë po aq e arsimuar sa burri mesatar, dhe më pas e edukuar më mirë, sepse aftësitë e trurit të saj do të stimulohen për një aktivitet që do të jetë edhe më intensiv dhe më i fuqishëm për shkak të pushimit shekullor të imponuar. Gratë do të  shpërfillin të kaluarën dhe do të trondisin qytetërimin me zhvillimin e tyre.
Përvetësimi i fushave të reja të punës nga gratë, marrja graduale nga ana e tyre i udhëheqjes, do të ulë e  më në fund do të zhdukë ndjeshmëritë femërore, do të mbysë instinktin e nënës, në mënyrë që martesa dhe amësia të bëhen të neveritshme dhe qytetërimi njerëzor t'i afrohet gjithnjë e më shumë qytetërimit të përsosur të bletës. Rëndësia e kësaj qëndron në parimin që dominon ekonominë e bletës - sistemi më i organizuar dhe më i koordinuar në mënyrë inteligjente i çdo forme të jetës joracionale të kafshëve - epërsia gjithëpërfshirëse e instinktit të pavdekësisë që e bën hyjninë nëpëmjet amësisë.
Qendra e gjithë jetës së bletëve është mbretëresha. Ajo dominon kosheren, jo nëpërmjet të drejtës trashëgimore, sepse çdo vezë mund të çelet në një mbretëreshë mbretërore, por sepse ajo është barku i kësaj race insektesh.

Vetëm mund të ulemi dhe të pyesim vetveten.
Janë ushtritë e mëdha, të deseksualizuara të punëtorëve, qëllimi i vetëm dhe lumturia në jetë e të cilëve është puna e vështirë. Është përsosmëria e jetës së socializuar, bashkëpunuese ku të gjitha gjërat, përfshirë të rinjtë, janë pronë dhe shqetësim i të gjithëve.
Pastaj janë bletët e virgjëra, bletët princeshë, femrat të cilat zgjidhen nga vezët e mbretëreshës kur çelin dhe ruhen në rast se një mbretëreshë e pafrytshme do të sjellë zhgënjim në kosherë. Dhe ka bletë mashkullore, të pakta në numër, të papastra nga zakoni, të toleruara vetëm sepse janë të nevojshme për t'u çiftuar me mbretëreshën.
Kur të vijë koha që mbretëresha të marrë fluturimin e saj martesor, bletët meshkuj stërviten dhe regjimentohen. Mbretëresha kalon dronët që ruajnë portën e kosheres dhe bletët mashkullore e ndjekin në grup shushurimës. Ajo është më e forta nga të gjithë banorët e kosheres, më e fuqishme se çdo subjekt i saj, mbretëresha fluturon në ajër në një spirale të lartësuar, ndërsa bletët mashkullore e ndjekin.
Disa nga ndjekësit dobësohen dhe dështojnë, largohen nga ndjekja e martesës, por mbretëresha ngrihet gjithnjë e më lart, derisa të arrihet një pikë në eterin e largët, ku mbetet vetëm një nga bletët mashkullore. Sipas ligjit jofleksibil të seleksionimit natyror, ai është më i forti dhe çiftëzohet me mbretëreshën. Në momentin e martesës trupi i tij çahet dhe ai vdes.

Mbretëresha kthehet në zgjua, e mbarsur, duke mbajtur me vete dhjetëra mijëra vezë - një qytet i ardhshëm i bletëve, dhe më pas fillon cikli i riprodhimit, përqendrimi i jetës së vrullshme të kosheres në punën e pandërprerë për lindjen e një  brezi të ri.
Imagjinata lëkundet në perspektivën e analogjisë njerëzore me këtë qytetërim misterioz dhe jashtëzakonisht të përkushtuar të bletës. Por kur marrim parasysh se si instinkti njerëzor për përjetësimin e racës dominon jetën në manifestimet e saj normale, të ekzagjeruara dhe të çoroditura, ka drejtësi ironike në mundësinë që ky instinkt, me përparimin e vazhdueshëm intelektual të grave, të mund të shprehet përfundimisht sipas mënyrës së bee, megjithëse do të duhen shekuj për të thyer zakonet dhe zakonet e popujve që pengojnë rrugën drejt një qytetërimi kaq të thjeshtë dhe të rregulluar shkencërisht.  Ne kemi parë një fillim të kësaj në Shtetet e Bashkuara. Në Wisconsin, sterilizimi i kriminelëve të konfirmuar dhe ekzaminimi i meshkujve para martesës kërkohet me ligj, ndërsa doktrina e eugjenisë tani predikohet me guxim, ku disa dekada më parë mbrojtja e saj ishte një shkelje ligjore.
Të moshuarit kanë ëndërruar ëndrra dhe të rinjtë kanë parë vegime që nga fillimi i kohës. Ne sot mund të ulemi dhe të pyesim veten kur një shkencëtar thotë fjalën e tij.

 

"WHEN WOMAN IS BOSS" - by John B. Kennedy
][Collier's Weekly, January 30th, 1926, Page number(s): 17, Portrait of Nikola Tesla in 1915, at age fifty-nine]


An interview with Nikola Tesla by John B. Kennedy.
The life of the bee will be the life of our race, says Nikola Tesla, world-famed scientist.
A NEW sex order is coming — with the female as superior. You will communicate instantly by simple vest-pocket equipment. Aircraft will travel the skies, unmanned, driven and guided by radio. Enormous power will be transmitted great distances without wires. Earthquakes will become more and more frequent. Temperate zones will turn frigid or torrid. And some of these awe-inspiring developments, says Tesla, are not so very far off.
At sixty-eight years of age Nikola Tesla sits quietly in his study, reviewing the world that he has helped to change, foreseeing other changes that must come in the onward stride of the human race. He is a tall, thin, ascetic man who wears somber clothes and looks out at life with steady, deep-set eyes. In the midst of luxury he lives meagerly, selecting his diet with a precision almost extreme. He abstains from all beverages save water and milk and has never indulged in tobacco since early manhood.

He is an engineer, an inventor and, above these as well as basic to them, a philosopher. And, despite his obsession with the practical application of what a gifted mind may learn in books, he has never removed his gaze from the drama of life.

This world, amazed many times during the last throbbing century, will rub its eyes and stand breathless before greater wonders than even the past few generations have seen; and fifty years from now the world will differ more from the present-day than our world now differs from the world of fifty years ago.

Nikola Tesla came to America in early manhood, and his inventive genius found quick recognition. When fortune was his through his revolutionary power-transmission machines he established plants, first in New York, then Colorado, later on Long Island, where his innumerable experiments resulted in all manner of important and minor advances in electrical science. Lord Kelvin said of him (before he was forty) that he had contributed more than any other man to the study of electricity.

"From the inception of the wireless system," he says, "I saw that this new art of applied electricity would be of greater benefit to the human race than any other scientific discovery, for it virtually eliminates distance. The majority of the ills from which humanity suffers are due to the immense extent of the terrestrial globe and the inability of individuals and nations to come into close contact.

"Wireless will achieve the closer contact through transmission of intelligence, transport of our bodies and materials and conveyance of energy.

"When wireless is perfectly applied the whole earth will be converted into a huge brain, which in fact it is, all things being particles of a real and rhythmic whole. We shall be able to communicate with one another instantly, irrespective of distance. Not only this, but through television and telephony we shall see and hear one another as perfectly as though we were face to face, despite intervening distances of thousands of miles; and the instruments through which we shall be able to do his will be amazingly simple compared with our present telephone. A man will be able to carry one in his vest pocket.


"We shall be able to witness and hear events — the inauguration of a President, the playing of a world series game, the havoc of an earthquake or the terror of a battle — just as though we were present.

"When the wireless transmission of power is made commercial, transport and transmission will be revolutionized. Already motion pictures have been transmitted by wireless over a short distance. Later the distance will be illimitable, and by later I mean only a few years hence. Pictures are transmitted over wires — they were telegraphed successfully through the point system thirty years ago. When wireless transmission of power becomes general, these methods will be as crude as is the steam locomotive compared with the electric train.


Woman — Free and Regal
All railroads will be electrified, and if there are enough museums to hold them the steam locomotives will be grotesque antiques for our immediate posterity.

"Perhaps the most valuable application of wireless energy will be the propulsion of flying machines, which will carry no fuel and will be free from any limitations of the present airplanes and dirigibles. We shall ride from New York to Europe in a few hours. International boundaries will be largely obliterated and a great step will be made toward the unification and harmonious existence of the various races inhabiting the globe. Wireless will not only make possible the supply of energy to region, however inaccessible, but it will be effective politically by harmonizing international interests; it will create understanding instead of differences.


"Modern systems of power transmission will become antiquated. Compact relay stations one half or one quarter the size of our modern power plants will be the basis of operation — in the air and under the sea, for water will effect small loss in conveying energy by wireless."

Mr. Tesla foresees great changes in our daily life. "Present wireless receiving apparatus," says he, "will be scrapped for much simpler machines; static and all forms of interference will be eliminated, so that innumerable transmitters and receivers may be operated without interference. It is more than probable that the household's daily newspaper will be printed 'wirelessly' in the home during the night. Domestic management — the problems of heat, light and household mechanics — will be freed from all labor through beneficent wireless power.


"I foresee the development of the flying machine exceeding that of the automobile, and I expect Mr. Ford to make large contributions toward this progress. The problem of parking automobiles and furnishing separate roads for commercial and pleasure traffic will be solved. Belted parking towers will arise in our large cities, and the roads will be multiplied through sheer necessity, or finally rendered unnecessary when civilization exchanges wheels for wings.


The world's internal reservoirs of heat, indicated by frequent volcanic eruptions, will be tapped for industrial purposes. In an article I wrote twenty years ago I defined a process for continuously converting to human use part of the heat received from the sun by the atmosphere. Experts have jumped to the conclusion that I am attempting to realize a perpetual-motion scheme. But my process has been carefully worked out. It is rational."

Mr. Tesla regards the emergence of woman as one of the most profound portents for the future.

"It is clear to any trained observer," he says, "and even to the sociologically untrained, that a new attitude toward sex discrimination has come over the world through the centuries, receiving an abrupt stimulus just before and after the World War.

"This struggle of the human female toward sex equality will end in a new sex order, with the female as superior. The modern woman, who anticipates in merely superficial phenomena the advancement of her sex, is but a surface symptom of something deeper and more potent fermenting in the bosom of the race.

"It is not in the shallow physical imitation of men that women will assert first their equality and later their superiority, but in the awakening of the intellect of women.

"Through countless generations, from the very beginning, the social subservience of women resulted naturally in the partial atrophy or at least the hereditary suspension of mental qualities which we now know the female sex to be endowed with no less than men.

The Queen is the Center of Life
"But the female mind has demonstrated a capacity for all the mental acquirements and achievements of men, and as generations ensue that capacity will be expanded; the average woman will be as well educated as the average man, and then better educated, for the dormant faculties of her brain will be stimulated to an activity that will be all the more intense and powerful because of centuries of repose. Woman will ignore precedent and startle civilization with their progress.

"The acquisition of new fields of endeavor by women, their gradual usurpation of leadership, will dull and finally dissipate feminine sensibilities, will choke the maternal instinct, so that marriage and motherhood may become abhorrent and human civilization draw closer and closer to the perfect civilization of the bee."

The significance of this lies in the principle dominating the economy of the bee — the most highly organized and intelligently coordinated system of any form of non-rational animal life — the all-governing supremacy of the instinct for immortality which makes divinity out of motherhood.

The center of all bee life is the queen. She dominates the hive, not through hereditary right, for any egg may be hatched into a reigning queen, but because she is the womb of this insect race.

We Can Only Sit and Wonder
There are the vast, desexualized armies of workers whose sole aim and happiness in life is hard work. It is the perfection of communism, of socialized, cooperative life wherein all things, including the young, are the property and concern of all.

Then there are the virgin bees, the princess bees, the females which are selected from the eggs of the queen when they are hatched and preserved in case an unfruitful queen should bring disappointment to the hive. And there are the male bees, few in number, unclean of habit, tolerated only because they are necessary to mate with the queen.

When the time is ripe for the queen to take her nuptial flight the male bees are drilled and regimented. The queen passes the drones which guard the gate of the hive, and the male bees follow her in rustling array. Strongest of all the inhabitants of the hive, more powerful than any of her subjects, the queen launches into the air, spiraling upward and upward, the male bees following.

Some of the pursuers weaken and fail, drop out of the nuptial chase, but the queen wings higher and higher until a point is reached in the far ether where but one of the male bees remains. By the inflexible law of natural selection he is the strongest, and he mates with the queen. At the moment of marriage his body splits asunder and he perishes.

The queen returns to the hive, impregnated, carrying with her tens of thousands of eggs — a future city of bees, and then begins the cycle of reproduction, the concentration of the teeming life of the hive in unceasing work for the birth of a new generation.

Imagination falters at the prospect of human analogy to this mysterious and superbly dedicated civilization of the bee; but when we consider how the human instinct for race perpetuation dominates life in its normal and exaggerated and perverse manifestations, there is ironic justice in the possibility that this instinct, with the continuing intellectual advance of women, may be finally expressed after the manner of the bee, though it will take centuries to break down the habits and customs of peoples that bar the way to such a simply and scientifically ordered civilization.

We have seen a beginning of this in the United States. In Wisconsin the sterilization of confirmed criminals and pre-marriage examination of males is required by law, while the doctrine of eugenics is now boldly preached where a few decades ago its advocacy was a statutory offense.

Old men have dreamed dreams and young men have seen visions from the beginning of time. We of today can only sit and wonder when a scientist has his say.

lunedì 10 ottobre 2022

Estratto da: George Finlay, History of the Greek Revolution, Volume 1 (Edinburgh & London: William Blackwood and Sons, 1861), p. 36-64.

Tradotto dalla lingua inglese in italiano da Brunilda TERNOVA



Lo studioso e storico scozzese George Finlay (1799-1875) fu uno dei primi sostenitori dell'indipendenza greca dall'impero ottomano e partì per la Grecia nel 1823, dove incontrò Lord Byron a Cefalonia nel novembre dello stesso anno. Era un caro amico dell'ufficiale di marina britannico Frank Abney Hastings (1794-1828) e trascorse molto tempo navigando con lui nelle acque greche per seguire il corso della rivolta. Dopo l'indipendenza, Finlay acquistò una tenuta di campagna in Attica e in seguito visse in via Adrianou nel distretto di Plaka (in gran parte di lingua albanese) ad Atene, dove si dedicò a scrivere la storia della Grecia e dove si dice abbia avuto una certa influenza su politica greca. Finlay era uno storico produttivo e influente del suo periodo. Il culmine del suo lavoro sono i suoi sette volumi "Storia della Grecia dalla sua conquista da parte dei romani ai giorni nostri" (Oxford 1877). Ebbe una forte influenza sugli studiosi tedeschi, tra i quali Johann Georg von Hahn, con il quale scambiò corrispondenza. 

 Sebbene il fulcro del lavoro di Finlay fosse la storia della Grecia in generale, fornì molte informazioni sugli albanesi, soprattutto perché all'epoca costituivano una buona parte della popolazione nativa della Grecia centrale. Nel seguente estratto dalla sua “Storia della rivoluzione greca” (Edimburgo e Londra 1861), Finlay fornisce un resoconto dettagliato della presenza degli albanesi nella Grecia centrale a metà del XIX secolo, dell'origine albanese della “fustanella, ” e del tragico destino degli albanesi Suliot ai tempi di Ali Pascià.

La razza albanese occupa una porzione non trascurabile dell'antica Grecia. Nel regno greco conta circa 200.000 anime, principalmente coltivatrici della terra, anche se una parte costituisce la popolazione marittima più intraprendente della Grecia moderna.

Alcune colonie albanesi si stabilirono in Grecia prima che fosse conquistata dai turchi ottomani; ed entro la maggior parte dei limiti occupati dagli Albanesi oggigiorno, i Greci sono stati completamente espulsi come la razza Celtica in Inghilterra dai Sassoni.

I coloni albanesi ora occupano tutta l'Attica e Megaris, ad eccezione delle città di Atene e Megara, dove costituiscono solo una parte della popolazione. Possiedono la maggior parte della Beozia e una piccola parte di Locri, vicino a Talanta. La parte meridionale dell'Eubea e la parte settentrionale di Andros, l'intera Salamina e una parte di Egina sono abitate da albanesi. Nel Peloponneso sono ancora più numerosi. Occupano tutta la Corinzia e l'Argolide, estendendosi nella parte settentrionale dell'Arcadia e nella parte orientale dell'Acaia. In Laconia abitano le pendici del Taigeto, dette Bardunia, che si estendono fino alla pianura di Helos, e, attraversando l'Eurotas, occupano un vasto distretto intorno a Monemvasia a sud degli Tzakoni, ea nord di una piccola popolazione greca che abita vicino a Capo Malea, nel distretto chiamato Vatika. Nella parte occidentale della penisola occupavano una parte considerevole dei monti che si estendono da Lalla all'angolo nord-orientale della Messenia, a sud del Neda. Oltre a questi grandi insediamenti, ci sono alcuni piccoli gruppi di villaggi albanesi a nord di Karitena e nelle montagne tra la baia di Navarin e il Golfo di Coron. Le isole di Hydra e Spetzas erano interamente popolate da albanesi.

L'estensione del paese occupato dalla razza albanese è mostrata più chiaramente in una mappa a colori che nella descrizione più minuziosa. Marathon, Platea, Leuttra, Salamina, Mantinea, Ira e Olimpia sono ora abitate da albanesi e non da greci. Anche nelle strade di Atene, nonostante sia stata per più di un quarto di secolo la capitale di un regno greco, la lingua albanese si sente ancora tra i bambini che giocano nelle strade vicino al tempio di Teseo e all'arco di Adriano.

Non più di un decimo della popolazione albanese stabilita in Grecia professava la religione maomettana. Le tribù più guerriere erano quelle di Lalla, Bardunia e Carystos, in Eubea.

I musulmani albanesi di Lalla occuparono una sana e gradevole situazione in un'altura sul monte Phloë. Le loro abitazioni sparse formavano un grande villaggio piuttosto che una città. Gli uomini principali abitavano in torri capaci di difesa. Lalla conteneva più di 3000 abitanti e circa 400 erano ben armati e ben montati.

Il comune di Bardunia prende il nome da un castello bizantino, posto in alto sul pendio del Taigeto, vicino alle sorgenti del fiume Passava. Comprendeva i declivi sud-orientali della montagna, che si estendono in un'ampia cresta che domina la bassa valle dell'Eurotas, e si estende quasi fino alla costa del mare vicino a Marathonisi. Per tre secoli questo distretto fu posseduto da albanesi, che non avevano alcuna tradizione riguardo al periodo in cui i loro antenati avevano colonizzato il paese, o abbracciarono il maomettanesimo. Si può forse dedurre da questa ignoranza, che i Bardunioti espulsero la popolazione sclavonica, che gli scrittori bizantini ci dicono che occupava questo distretto al tempo della conquista turca, e che abbracciarono il maomettanesimo per diventare proprietari terrieri invece che contadini.

I Bardunioti dimoravano in torri fortificate sparse per il paese, e tanto la loro situazione quanto il loro valore consentirono loro di frenare le incursioni dei Maniati nelle ricche pianure della Laconia. Tuttavia le esazioni degli aga Barduniot furono spesso trovate intollerabili quasi quanto le depredazioni dei Greci di Mania. L'intera popolazione riuscì ad armare circa 2500 uomini. Tra le quaranta e le cinquanta famiglie detenevano un grado superiore in conseguenza dei loro grandi possedimenti terrieri.

Gli armatoli non furono gli unici cristiani nell'impero ottomano ad essere autorizzati a portare armi. Diverse comunità albanesi in Grecia, sebbene interamente composte da cristiani, ricevettero questo privilegio dal sultano. Gli abitanti di Megaris, che occupavano cinque grandi villaggi, chiamati Dervenokhoria, furono particolarmente favoriti dalla Porta. A loro fu affidata la cura di custodire i passi sui monti Citerone e Geranio, che portano all'istmo di Corinto; e furono esentati da parecchie tasse, a condizione che fornissero un corpo di uomini armati costantemente in servizio. Il numero di uomini armati nei cinque villaggi ammontava a circa 2000.

La parte più influente, anche se non la più numerosa, della popolazione albanese in Grecia, era costituita dagli armatori e marinai di Hydra e Spetzas, e dai barcaioli di Poros, Kastri e Kranidi.

L'isola di Hydra conteneva quasi ventimila abitanti di pura razza albanese prima della rivoluzione greca. È un lungo crinale di rocce calcaree, con solo pochi acri di terreno coltivabile. Il paese è situato al centro dell'isola, sul canale che la separa dall'Argolide. Vista dal mare presenta un aspetto nobile, formando un anfiteatro di case bianche, che si innalzano l'una sull'altra attorno ad una piccola insenatura che difficilmente può essere adibita a porto. Le case si aggrappano come nidi di rondine ai fianchi di una montagna arida, che torreggia molto al di sopra di esse, e la cui sommità è coronata da un monastero di Sant'Elia. Le strade sono strette, tortuose, sterrate, ma le abitazioni più piccole sono in pietra, e vicino al mare alcune case grandi e solide conferiscono al luogo un aspetto imponente. In queste case risiedevano i ricchi primati di Hydra allo scoppio della Rivoluzione. Vivevano, come la maggior parte degli albanesi, una vita frugale e, si può anche dire, una vita povera. Nel loro abbigliamento, nella loro educazione e nel loro carattere, infatti, c'era pochissima differenza tra il primate, il capitano e il comune marinaio di Hydra. Il ricco Hydriot di solito mostrava la sua ricchezza erigendo un grande edificio vicino al mare, che fungeva da abitazione per la sua famiglia e da magazzino per i suoi beni. In alcune stanze erano riposte le vele e le corde delle sue navi; in altri visse. c'era pochissima differenza tra il primate, il capitano e il comune marinaio di Hydra. Il ricco Hydriot di solito mostrava la sua ricchezza erigendo un grande edificio vicino al mare, che fungeva da abitazione per la sua famiglia e da magazzino per i suoi beni. In alcune stanze erano riposte le vele e le corde delle sue navi; in altri visse. c'era pochissima differenza tra il primate, il capitano e il comune marinaio di Hydra. Il ricco Hydriot di solito mostrava la sua ricchezza erigendo un grande edificio vicino al mare, che fungeva da abitazione per la sua famiglia e da magazzino per i suoi beni. In alcune stanze erano riposte le vele e le corde delle sue navi; in altri visse.

Gli Hydriot di ogni grado mostravano il carattere peculiare della razza albanese. Erano orgogliosi, insolenti, turbolenti e avidi di guadagno. I primati erano gelosi ed esigenti, la gente rude e violenta. Ma entrambi possedevano alcune genuini virtù; ed erano distinti dai Greci per l'amore della verità, e per l'onestà con cui adempivano i loro impegni. Non c'erano commercianti nel Levante che pagassero più puntualmente dei mercanti, e nessun marinaio che si prendesse cura della nave e del carico meglio dei marinai di Hydra.

Il governo civile, concesso dal sultano e protetto dal capitan-pascià, era interamente nelle mani degli armatori e dei capitani in pensione, che formavano una classe di capitalisti. Intorno all'anno 1730, quando la colonia albanese si stabilì nell'isola allora deserta per sfuggire alle esazioni del pascià della Morea, l'amministrazione locale della piccola comunità mercantile fu affidata a tre anziani, chiamati, in dialetto albanese, plekjeria, che sono stati scelti dal popolo. Il tributo annuale pagato al sultano ammontava a 200 piastre, una somma a quel tempo non pari a £ 30 sterline. Quando gli isolani divennero più ricchi e numerosi, il numero degli anziani aumentò gradualmente fino a raggiungere dodici. Ma i nuovi coloni non acquisirono mai i pieni diritti dei coloni originari e il governo divenne un'oligarchia, che in effetti sembra essere il tipo a cui tende la società politica tra gli albanesi. I dodici anziani furono scelti dai capitalisti, e formarono un consiglio comunale, diviso in tre sezioni composte da quattro membri. Ogni sezione agiva per quattro mesi e si incontrava quotidianamente per trattare affari con il governatore o il capo della polizia, che era un primate dell'isola, chiamato dal capitano-pascià, o comunemente chiamato Bey.


Il celebre capitan-pascià, Kutchuk Hussein, che era un costante protettore degli Hydriots e degli Spetziot, fu il primo a nominare un governatore che agisse come rappresentante del sultano a Hydra. Lo fece su richiesta degli Hydriots, che trovarono le loro autorità municipali incapaci di frenare la turbolenza delle fazioni rivali o di assicurare gli assassini alla giustizia.

La famiglia dei Konduriottis era una delle più antiche e illustri dell'isola. Fu fondata dal figlio minore di un contadino albanese del dervenokhorion di Kundura, che si stabilì come barcaiolo poco dopo l'espulsione dei veneziani dalla Morea, e prima che Hydra ricevesse la colonia che formava una comunità regolare. Lazaros Konduriottis era il capo della famiglia durante la rivoluzione greca. Al suo matrimonio suo padre fu assassinato dal bravo di una famiglia rivale. Il vecchio Konduriottis vide Kolodemo, che sapeva essere un assassino, avvicinarsi di nascosto a lui durante la cerimonia. Sospettando il suo progetto, mise uno sgabello davanti al suo corpo, tenendolo in mano. L'assassino, però, avanzò così vicino che il vecchio Konduriottis fu costretto a tenerlo a bada con lo sgabello, e cercò di spingerlo verso la porta. Kolodemo rischiava di rimanere sconcertato, ma chinandosi riuscì a pugnalare il suo nemico con un lungo coltello nel ventre, e a scappare, lasciando l'arma nella ferita. L'assassinio indusse gli Hydriot a presentare una petizione al sultano per inviare un governatore con il potere della vita e della morte. Kutchuk Hussein nominò un Hydriot chiamato Bulgaris come primo governatore, nell'anno 1802. Bulgaris aveva servito con il capitano-pascià nella flotta ottomana, come quartiermastro dei marinai cristiani. L'autorità del bey cristiano non fu, tuttavia, sufficiente a controllare le turbolenze dei suoi connazionali, e l'assassinio non fu mai del tutto represso. L'assassinio indusse gli Hydriot a presentare una petizione al sultano per inviare un governatore con il potere della vita e della morte. Kutchuk Hussein nominò un Hydriot chiamato Bulgaris come primo governatore, nell'anno 1802. Bulgaris aveva servito con il capitano-pascià nella flotta ottomana, come quartiermastro dei marinai cristiani. L'autorità del bey cristiano non fu, tuttavia, sufficiente a controllare le turbolenze dei suoi connazionali, e l'assassinio non fu mai del tutto represso. L'assassinio indusse gli Hydriot a presentare una petizione al sultano per inviare un governatore con il potere della vita e della morte. Kutchuk Hussein nominò un Hydriot chiamato Bulgaris come primo governatore, nell'anno 1802. Bulgaris aveva servito con il capitano-pascià nella flotta ottomana, come quartiermastro dei marinai cristiani. L'autorità del bey cristiano non fu, tuttavia, sufficiente a controllare le turbolenze dei suoi connazionali, e l'assassinio non fu mai del tutto represso.


Idra non pagava tasse dirette al Sultano, ma era obbligata a fornire un contingente di duecentocinquanta abili marinai alla flotta ottomana, e a pagarli dal locale tesoro. La spesa di questo contingente ammontava a 16.000 dollari all'anno. Oltre a questa somma, ogni anno venivano spesi circa 4000 dollari in doni al capitan-pascià, al dragomanno greco della flotta ea diversi funzionari impiegati presso l'ammiragliato e il cantiere navale di Costantinopoli. Per raccogliere queste somme fu imposta dall'amministrazione locale una tassa del cinque per cento sui guadagni di ogni Hydriot, e furono riscossi alcuni dazi doganali al porto.


 La condizione di Spetzas era molto simile a quella di Hydra. La popolazione era più piccola, la proporzione di piccoli capitalisti era maggiore e l'amministrazione locale era più democratica.

Una parte considerevole del commercio costiero nell'arcipelago era nelle mani degli albanesi di Poros, Kastri e Kranidi, che possedevano molte barche addobbate. Su questa popolazione marittima esercitavano il primato gli Hydriot e gli Spetziot.


Tale era la posizione della razza albanese in Grecia, dove i suoi insediamenti erano relativamente moderni. Nelle sue regioni natali la sua importanza politica e la sua influenza morale erano cresciute costantemente durante la seconda metà del secolo scorso, ed aveva raggiunto l'apice del suo potere all'inizio della Rivoluzione Greca. In Albania una parte considerevole della popolazione aveva abbracciato la religione maomettana; ma i Mussulmani albanesi erano detestati da Osmanlee e odiati dai Greci. La loro religione non era certo una questione di coscienza per la maggioranza. Erano meno bigotti dei Turchi e meno superstiziosi dei Greci. La loro avarizia era, tuttavia, insaziabile, e per oro un musulmano albanese avrebbe servito volentieri un padrone cristiano, o un albanese cristiano un capo musulmano,


 L'albanese forma una razza distinta tra le nazioni d'Europa. Alcuni hanno supposto che fossero i rappresentanti dei Pelasgi. Si chiamano Shkipetar . Alcuni suppongono che abbiano occupato le regioni in cui abitano ora prima dei giorni di Omero, e che siano i discendenti diretti della razza a cui appartenevano gli antichi Epiroti e Macedoni come tribù affini. Alessandro Magno doveva, secondo questi archeologi, aver parlato un antico dialetto albanese nei suoi banchetti sfrenati con i suoi ufficiali macedoni.

Le ricerche della filologia moderna hanno stabilito indiscutibilmente che la lingua albanese è un primo sfalsamento del sanscrito e che la sua grammatica era completa alla stessa data del più antico dialetto greco. Quasi lo stesso confine separa la popolazione ellenica dalla popolazione non ellenica ai giorni nostri come nell'antichità. Tucidide chiama barbari gli Anfilochi che abitavano alla testa del Golfo di Arta. Strabone dice che una razza abitava l'intero paese, dai monti Acrocerauni ai confini della Tessaglia e alla pianura della Pelagonia, sotto il nome di Epiroti o Macedoni, poiché entrambi parlavano la stessa lingua.


L'antico Epiro era pieno di colonie greche e la razza greca è ora più numerosa di quella albanese nella regione immediatamente a nord del Golfo di Arta. Ma, d'altra parte, un quinto della Grecia moderna è attualmente abitato da coloni albanesi. Gli abitanti dell'Albania, della razza Shkipetar, sono costituiti da due rami distinti: i Guegh, che abitano a nord della valle dello Skumbi e la linea della Via Egnatia. Quella grande arteria della vita romana ora forma una desolata linea di separazione tra i Guegh ei Tosk. Si dice che i dialetti di questi due rami non differiscano nella loro grammatica più dello scozzese dell'Ayrshire e dell'inglese del Somersetshire, tuttavia un Guegh e un Tosk sono incomprensibili l'uno all'altro al loro primo incontro. Entrambi i rami sono suddivisi in diverse tribù. Tra i Guegh diverse tribù cattoliche mantengono la loro semi-indipendenza e mantengono la supremazia papale allo stesso modo contro i Guegh maomettani e i loro vicini settentrionali, i feroci uomini liberi ortodossi del Montenegro. I Mirditi sono considerati i cristiani più bellicosi. Sono tutti cattolici e si vantano di essere i discendenti dei compagni e dei soldati di Skanderbeg.


I Tosk, che abitano a sud degli Skumbi, sono i vicini dei Greci. Le colonie albanesi in Grecia sono tutte composte da Tosk. Questo ramo è diviso in tre grandi tribù, che sono di nuovo suddivise in molti sept: i Toskidi veri e propri, i Liapidi e i Tchamidi. I Toskidi sono generalmente musulmani, ma tra i Liapidi e i Tchamidi diverse sette di cristiani ortodossi conservarono il privilegio di portare le armi, anche al tempo di Alì di Joannina.

L'aristocrazia albanese abbracciò il maomettanesimo nel XV secolo, ma una parte considerevole del popolo non apostatò fino alla fine del XVII secolo. La loro conversione fu causata dal loro desiderio di sfuggire al tributo dei bambini cristiani, che li costringeva a fornire reclute al corpo dei giannizzeri e agli schiavi della casa del sultano. Come tra i Greci, l'apostasia era comune tra le classi superiori all'epoca delle prime irruzioni degli Ottomani, e gran parte dei capi albanesi conservarono le loro proprietà cambiando religione. Alcuni dei bey albanesi, tuttavia, affermano di discendere dai turchi ottomani che accompagnarono il sultano Bayezid I. e Murad II. nelle loro spedizioni, e non ci può essere dubbio che Maometto II. fece alcune concessioni di terre e concesse alte cariche in Albania a diversi turchi. Ma, nella maggior parte dei casi, la pretesa di discendenza turca si basa solo su una tradizione secondo cui l'antenato dell'attuale bey ricevette un sanjak o qualche feudo militare da uno dei sultani già menzionati; e, in nove casi su dieci, queste sovvenzioni erano il premio dell'apostasia, non del servizio precedente. Come i nobili bizantini al momento della conquista, la moralità dei capi albanesi era tale che non era probabile che diventassero più malvagi diventando musulmani. Il loro cambio di religione fu poco più che un cambio di nome e il loro matrimonio con altre tre mogli. I legami di famiglia e tribù esistevano senza modifiche, e attestano che i capi e il popolo albanese hanno un'origine comune. la pretesa di discendenza turca si basa solo su una tradizione secondo cui l'antenato dell'attuale bey ricevette un sanjak o qualche feudo militare da uno dei sultani già menzionati; e, in nove casi su dieci, queste sovvenzioni erano il premio dell'apostasia, non del servizio precedente. Come i nobili bizantini al momento della conquista, la moralità dei capi albanesi era tale che non era probabile che diventassero più malvagi diventando musulmani. Il loro cambio di religione fu poco più che un cambio di nome e il loro matrimonio con altre tre mogli. I legami di famiglia e tribù esistevano senza modifiche, e attestano che i capi e il popolo albanese hanno un'origine comune. la pretesa di discendenza turca si basa solo su una tradizione secondo cui l'antenato dell'attuale bey ricevette un sanjak o qualche feudo militare da uno dei sultani già menzionati; e, in nove casi su dieci, queste sovvenzioni erano il premio dell'apostasia, non del servizio precedente. Come i nobili bizantini al momento della conquista, la moralità dei capi albanesi era tale che non era probabile che diventassero più malvagi diventando musulmani. Il loro cambio di religione fu poco più che un cambio di nome e il loro matrimonio con altre tre mogli. I legami di famiglia e tribù esistevano senza modifiche, e attestano che i capi e il popolo albanese hanno un'origine comune.


Tutta l'Albania, dal Golfo di Arta al Lago di Skodra, è divisa in innumerevoli valli laterali da aspre montagne, che rendono le comunicazioni così difficili da limitare il commercio a poche linee di trasporto. La popolazione agricola è scarsamente sparpagliata in queste valli e, come nella maggior parte della Turchia, coloro che coltivano la terra, anche quando sono musulmani, sono considerati un grado inferiore della società. Ma non c'è nulla che impedisca al contadino, poiché è libero, di adottare una vita militare e di salire alla ricchezza e al potere. In generale, però, la terra è coltivata di generazione in generazione dalle stesse famiglie, e da secoli viene coltivata con la stessa routine. Da ogni giogo di terra ( zevgari) il locatore percepisce un canone pagato in prodotti. Le peculiarità della società albanese sono più marcate nel modo di vivere tra coloro che sono i proprietari del suolo. Tutti di questa classe ritengono di essere nati per portare le armi. I grandi proprietari terrieri sono capitani e capi. I contadini proprietari sono soldati o briganti. I proprietari terrieri, grandi o piccoli che siano, possiedono greggi, che forniscono loro latte, formaggio e lana, olivi che forniscono loro olive e olio e alberi da frutto che consentono loro di variare la loro dieta. Ogni proprietario terriero che fosse abbastanza ricco da accumulare considerevoli provviste nei suoi magazzini le spendeva per mantenere quanti più seguaci armati possibile, e se i suoi parenti erano numerosi e il suo pharao guerriero di clan, divenne un capo di una certa importanza politica. Ogni albanese che può evitare di lavorare per il suo sostentamento va costantemente armato in modo che ogni volta che l'autorità centrale era debole, prevalevano faide sanguinose. E all'inizio del presente secolo, l'anarchia sembrava essere la condizione normale della società albanese; Guegh, Tosk, tribù, sept, phara , città e villaggi erano impegnati in incessanti ostilità; si fecero guerre aperte, e si formarono vaste alleanze, a dispetto del potere dei Pascià e dell'autorità del Sultano.


La maggior parte delle città era divisa in gruppi di case chiamate makhalás , generalmente separate l'una dall'altra da burroni. Ogni makhala era abitato da un phara, che era una divisione sociale simile a un clan, ma di solito più piccola. Le abitudini bellicose degli albanesi si manifestavano anche nella vita cittadina. Grandi case si ergevano in disparte, circondate da cinte murarie fiancheggiate da piccole torri. In queste deboli imitazioni di castelli feudali c'era sempre una fornitissima rivista di provviste. Destrieri riccamente bardati occupavano la corte durante il giorno; soldati magri, muscolosi e dagli occhi avidi, coperti di abiti ricamati e braccia ornate, oziavano al cancello; e da un loggiato il proprietario osservava i movimenti dei suoi vicini, fumando il suo lungo tchibouk tra i suoi amici scelti. Il ricco capo viveva come i suoi seguaci bellicosi. I suoi unici lussi erano armi più splendide, cavalli più belli e una pipa più lunga. Il suo orgoglio era in una banda numerosa di servitori ben armati.

La popolazione cristiana dell'Albania è diminuita di età in età. L'anarchia che prevalse durante la seconda metà del diciottesimo secolo spinse molti all'apostasia e molti all'esilio. Colonie di cristiani albanesi erano emigrate nel regno di Napoli nel XV secolo, e questi emigranti furono reclutati nel XVI in numero di fuggitivi dal peso della tassazione severa, dall'estorsione del lavoro non pagato e dal terribile tributo dei bambini cristiani. Tanti cristiani vendettero le loro proprietà, che i sultani furono allarmati dalla diminuzione della tassa di capitazione e dalla difficoltà di trovare le reclute necessarie per i giannizzeri e i bostangee. Questo iniziò così presto che Solimano il Magnifico stabilì che nessun proprietario cristiano doveva essere autorizzato a vendere la sua terra, se la vendita tendesse a diminuire queste fonti del potere ottomano. Se un rayah disponeva della sua terra o cessava di coltivarla, lo spahi o timariot del villaggio era autorizzato a concederla a un'altra famiglia per la coltivazione. Ma nessuna legge può arrestare il progresso dello spopolamento, come testimonia la storia dell'impero romano. L'emigrazione continuò e, quando l'emigrazione era impossibile, l'apostasia aumentò. All'inizio del presente secolo anche il clero greco ha ammesso che il maomettanesimo si stava rapidamente diffondendo in alcune parti dell'Albania che in precedenza avevano aderito fermamente alla fede cristiana. come testimonia la storia dell'impero romano. L'emigrazione continuò e, quando l'emigrazione era impossibile, l'apostasia aumentò. All'inizio del presente secolo anche il clero greco ha ammesso che il maomettanesimo si stava rapidamente diffondendo in alcune parti dell'Albania che in precedenza avevano aderito fermamente alla fede cristiana. come testimonia la storia dell'impero romano. L'emigrazione continuò e, quando l'emigrazione era impossibile, l'apostasia aumentò. All'inizio del presente secolo anche il clero greco ha ammesso che il maomettanesimo si stava rapidamente diffondendo in alcune parti dell'Albania che in precedenza avevano aderito fermamente alla fede cristiana.

Le divisioni amministrative dell'Albania sono variate in diversi periodi della storia ottomana, ma le posizioni di Skodra, Berat e Joannina hanno reso queste città la residenza dei pascià, ai quali i governanti dei distretti di Elbassan, Dukadjin, Delvino e Tchamuria , sono stati generalmente subordinati. Questi tre pashalik sono stati tenuti da visir o pascià di rango più alto. Molti distretti, maomettano, cattolico e ortodosso, godevano di una riconosciuta semiindipendenza locale, protetta dal sultano. Qualsiasi interesse comune univa pharas, makhalá, città, comunità e bey in schieramento ostile contro un pascià e persino contro l'autorità del sultano. Ma quando non esisteva alcun pericolo di un attacco esterno ai loro privilegi, le faide locali e le guerre intestine si ripresentarono più ferocemente che mai.


Il potere e l'influenza degli albanesi aumentarono costantemente nell'impero ottomano. In Oriente, la spada da sola suscita il rispetto popolare e l'influenza politica. Durante il secolo scorso, con l'aumentare della turbolenza dei giannizzeri e il declino del loro valore militare, gli albanesi aumentarono di considerazione e potere. In ogni provincia della Turchia europea la razza ottomana sembrava declinare, in coraggio oltre che in ricchezza e numero. Gli albanesi si impadronirono ovunque del potere militare quando fuggì dalle mani dei turchi. Ogni pascià ha arruolato una guardia di mercenari albanesi, per intimidire gli ayan e i proprietari terrieri turchi nel suo pashalik. La tendenza del governo ottomano verso la centralizzazione era già iniziata, sebbene rimanesse ancora quasi impercettibile in mezzo all'anarchia esistente. I mercenari albanesi furono usati come strumenti per far avanzare questa centralizzazione; ed essendo più evidente la potenza che ottennero che il fine per cui furono impiegati, anche i Turchi, che hanno sempre mutato gusti e costumi militari, divennero imitatori degli Albanesi. All'inizio di questo secolo, i Greci di giorno in giorno temevano di meno i Turchi e di più gli Albanesi.

La storia della rivoluzione greca sarebbe spesso oscura se non si apprezza appieno l'importanza dell'elemento albanese, che pervadeva la società militare nell'impero ottomano. Un segno insignificante, ma sorprendente dell'alta posizione che avevano guadagnato gli albanesi era mostrato dall'adozione generale del loro vestito. Nonostante una forte antipatia per gli albanesi musulmani fosse sempre stata avvertita dai turchi ottomani, verso la fine del secolo scorso iniziarono a rendere un omaggio involontario alla reputazione bellicosa dei mercenari albanesi. Divenne allora non raro, in Grecia e Macedonia, vedere i figli dei più orgogliosi Osmanlee vestiti del fustinello, o kilt bianco dei Tosk. Successivamente, quando Veli Pascià, secondogenito di Alì di Giovanna, governò la Morea, anche giovani greci di rango si avventurarono ad assumere questo vestito, in particolare durante i viaggi, poiché offriva loro l'opportunità di indossare le armi. Anche gli armatoli greci ei cristiani impiegati come guardie di polizia, anche nella Morea, indossavano questo vestito; ma fu la fama degli albanesi – perché la reputazione militare degli armatoli era allora in declino e quella dei Suliot in ascesa – che indusse i greci moderni ad adottare il kilt albanese come loro costume nazionale. È in conseguenza di questa ammirazione dell'albanese che la corte del re Otone assume il suo aspetto melodrammatico, e luccica in pacchiana mimica di orpelli del ricco e splendido abito che catturò l'attenzione di Childe Harold nelle gallerie del palazzo di Tepelin; ma il calico fustinello pende dalle gambe dei Greci come una sottoveste di carta, mentre il bianco gonnellino dei Tosk,

Le relazioni tra musulmani e cristiani albanesi erano molto più amichevoli delle relazioni tra albanesi e turchi. L'albanese, a differenza del greco, sentiva i vincoli di nazionalità più forti di quelli di religione. I sentimenti ostili con cui considerava gli ottomani avevano origine dalla tirannia dei pascià turchi e dall'avarizia dei voevode, cadis e moolah turchi. Contro l'oppressione di questi stranieri, gli indigeni, sia musulmani che cristiani, avevano agito in comune per molte generazioni.

D'altra parte, dove dimoravano insieme Albanesi e Greci ortodossi, come in una parte considerevole dell'Epiro meridionale, la loro comune sorte di Cristiani li esponeva alle stesse esazioni, e cancellava la distinzione di razza. L'ostinazione dell'Albanese, e l'astuzia del Greco furono impiegate per lo stesso scopo, e si mostrarono più come particolarità individuali che come caratteristiche nazionali.

Il potere degli albanesi in Grecia fu notevolmente accresciuto dall'impiego di un grande corpo per reprimere l'insurrezione fomentata dai russi nel 1770. Grandi corpi di mercenari albanesi si mantennero per nove anni in uno stato di dipendenza meramente nominale dal pascià del provincia, riscuotendo contributi da turchi e greci allo stesso modo e sfidando l'autorità del sultano. Alla fine furono sconfitti vicino a Tripolitza da Hassan Ghazi, il grande capitano-pascià, e quasi sterminati; ma nuove bande di albanesi furono nuovamente riversate nella Morea dal sultano durante la guerra russa del 1787, poiché era ben noto che i greci consideravano questi rapaci montanari con un terrore di gran lunga maggiore delle truppe turche.

Fu in questo periodo che Ali Pasha divenne dervendji e più o meno nello stesso periodo tutti i pascià nella Turchia europea aumentò notevolmente il numero di mercenari albanesi al loro servizio. Questa richiesta di soldati albanesi, che andava aumentando da almeno due generazioni, diede un notevole impulso alla popolazione; e così tanti di questi mercenari tornarono ai loro villaggi natii arricchiti dal servizio estero, che si verificò un visibile miglioramento nel benessere del popolo all'incirca nel periodo in cui Ali fu nominato pashalik di Joannina.

La politica di Ali Pasha era di centralizzare tutto il potere nelle proprie mani. Seguì il posto dei suoi predecessori, Suleiman e Kurd, nel deprimere gli armatoli; e lodò una serie di misure tendenti ad indebolire l'influenza de' Turchi ottomani che detengono proprietà in quelle parti della Grecia e della Macedonia soggette alla sua autorità. Il suo obiettivo immediato era quello di indebolire il potere del sultano: il suo risultato diretto era quello di migliorare la posizione della razza greca; poiché gran parte dell'autorità precedentemente esercitata dagli ottomani negli affari civili e fiscali passò nelle mani dei greci, e non in quelle dei musulmani albanesi, la cui autorità militare Ali andava costantemente estendendo.

I Turchi in Grecia e in Macedonia erano una razza arrogante, ignorante e pigra; ma come spahis, timariot o giannizzeri, erano affiliati alle classi più influenti dell'impero ottomano, e Ali non si azzardò ad attaccarli apertamente. Il loro orgoglio di razza, così come i loro interessi personali, li rendevano nemici inconciliabili dell'autorità indipendente che desiderava stabilire. Perciò condusse contro di loro una guerra incessante; ma condusse questa guerra come una serie di affari personali. Si sforzò di nascondere la sua politica generale, ma non risparmiò intrighi segreti per raggiungere i suoi fini e ricorse spesso all'assassinio come mezzo più rapido ed efficace. Di solito iniziava le sue operazioni contro i suoi nemici con quelle che Bentham chiama personalità offensive; e imputando cattivi disegni come prova di cattivo carattere, riuscì generalmente a fomentare liti familiari, perché i Turchi sono puerilemente creduloni. Incoraggiò anche i greci a lamentarsi di atti di ingiustizia, e poi, come rappresentante del dispotismo del sultano, giudicò l'accusato. Se non si riusciva a trovare altro mezzo, accusava i potenti bey di condotta traditrice, fingendo che intrattenessero comunicazioni segrete con i pascià ribelli, poi proscritti dalla Porta; o con bande di klepht, che erano un'istituzione domestica nel suo pashalik tanto quanto lo sono state da allora nel regno di re Ottone. In questo modo, raramente mancava di ottenere dal sultano un mandato che sanzionava l'esecuzione del suo nemico. Perseguendo costantemente questa politica per più di un quarto di secolo, la maggior parte degli Osmanlee in Tessaglia si impoverì, e parecchie delle famiglie principali andarono in rovina. Le città dappertutto mostravano segni di decadenza; le migliori case dei quartieri turchi erano spesso affittate da commercianti greci o valacchi, o occupate da ufficiali albanesi.

Mentre la ricchezza e il numero della razza turca diminuivano, Ali si preoccupò di investire i propri seguaci albanesi con l'autorità militare strappata dalle mani degli Osmanlee; ma la crescente influenza della razza Albanese durante la prima parte del presente secolo non si limitò all'aumento del numero e della potenza delle truppe musulmane, né all'aumento dell'impresa commerciale della popolazione marittima di Hydra e di Spetzas. Diverse tribù cristiane guerriere conservavano ancora i privilegi di portare armi in Albania. Nell'Albania settentrionale queste tribù erano cattoliche, ma nell'Albania meridionale erano ortodosse; e fra gli ortodossi i Sulioti erano preminenti per le loro qualità bellicose, anche fra la popolazione bellicosa da cui erano circondati.

I Suliot erano un ramo dei Tchamidi, una delle tre grandi divisioni dei Tosk. La costituzione della loro comunità merita attenzione. I Suliot abitavano un territorio costituito da ripide catene montuose spoglie e scoscese, che si affacciavano sul corso dell'Acheronte; quel fiume, unendosi al Cocito nel suo corso inferiore forma un lago paludoso e rende il paese alla sua foce così malsano da essere considerato la strada più breve per i regni oltre la tomba. Nelle immediate vicinanze di Suli i monti offrono solo scarsi pascoli per le capre; ma quando salgono, si allargano larghe creste ricoperte di querce; e quando salgono ancora più in alto, le loro cime più alte sporgono in picchi rocciosi sopra foreste di pini.

La forza di Suli risiedeva nella difficoltà di avvicinarsi con un grande corpo di uomini e di attaccare fucilieri ben addestrati in edifici di pietra senza artiglieria. Il profondo e oscuro burrone dell'Acheronte rende Suli inaccessibile di fronte. La tana dei Suliot giace incastonata in una valle successiva coperta da due colline rocciose, dove un confluente si unisce alle acque nere dell'Acheronte. L'accesso è da una gola più in basso, chiamata Kleisura, che separa le solidità della montagna dalle fertili pianure. Sotto gli imperatori bizantini sembra che il suolo ricco e ben irrigato delle basse valli mantenesse una popolazione numerosa. Il quartiere era un tempo sede vescovile, la cui chiesa cattedrale sorgeva vicino all'ingresso della Kleisura. Attualmente l'ex popolazione è rappresentata dai proprietari musulmani di Paramythia e Margariti.

Quando Sultan Murad II. conquistò Giovanna, l'intero paese, fino alle rive dello Ionio, si sottomise alla dominazione musulmana. Il territorio poi occupato dai Suliot fu concesso in feudo militare a un timariot, residente a Joannina. La libertà cristiana e l'indipendenza di Suliot furono in questo distretto la crescita degli anni successivi. Per secoli i cristiani hanno pagato haratch e il tributo dei loro figli. L'anarchia che regnava durante le vittoriose campagne dei veneziani sotto Morosini, e la cessione della Morea con il trattato di Carlovitz nel 1699, costrinsero molti cristiani a formare compagnie armate per proteggersi dalle bande illegali di briganti. Poiché i greci ortodossi a quel tempo erano generalmente poco disposti ad opporsi al governo del sultano quanto ad unirsi ai cattolici veneziani, i pascià dell'Albania e della Grecia settentrionale favorirono l'ardore militare delle comunità ortodosse. Alcune delle compagnie di cristiani armati, che sono state confuse con gli antichi armatoli, risalgono solo a questo periodo, e la comunità dei Suliot non può essere fatta risalire a un'origine precedente.

Nell'anno 1730 il numero delle famiglie Suliot che godevano del privilegio di portare armi era stimato in cento. Non si conosce l'anno preciso in cui il diritto fu ufficialmente riconosciuto dal pascià di Joannina. I Suliot armati erano le guardie di un piccolo distretto cristiano sul quale esercitavano l'autorità di superiori feudali. La loro proprietà era piccola, ma formavano una casta militare e disprezzavano ogni lavoro tanto quanto il più orgoglioso musulmano. Il suolo nella parte più ricca del loro territorio era coltivato da contadini, che erano di razza greca. Il nome di Suliots era riservato ai guerrieri albanesi, che governavano e proteggevano la popolazione agricola come gli antichi spartani. I contadini si distinguevano per il nome del paese in cui abitavano.

L'anarchia prevaleva nella maggior parte dell'Albania meridionale durante la prima parte del diciottesimo secolo, e molti cristiani della tribù dei Tchamidi cercarono rifugio dalla comunità di Suliot. La sua protezione ha impedito alle comunità musulmane del quartiere di ledere i diritti dei cristiani che si riconoscessero suoi vassalli. Ma verso la metà del secolo estesero questa protezione al punto da essere coinvolti in faide con i vicini musulmani. Le ostilità che ne seguirono indussero i Suliot a reclutare le loro forze ammettendo ogni giovane cristiano audace e attivo della tribù dei Tchamidi a servire nei loro ranghi. Se qualcuno di questi volontari si è distinto per questo coraggio e ha avuto la fortuna di guadagnare bottino oltre che onore, fu ammesso come membro della comunità di Suliot e gli fu permesso di sposare una fanciulla di Suli. In questo modo la comunità aumentò di numero e di potere. Fu favorito dal governo del sultano, come freno all'indipendenza illegale delle comunità musulmane di Paramythia e Margariti; e fu rifornita di armi e di munizioni, ed incoraggiata a difendere la sua indipendenza dal Governatore Veneziano di Parga e Previsa.

Molti attacchi furono effettuati su Suli dagli aga musulmani delle vicinanze, ma furono sempre respinti con un tale successo che i Sulio acquisirono gradualmente la reputazione di essere i migliori guerrieri tra i bellicosi Tosk.

Lo stato di Suli ora è diventato l'epitome dello stato dell'Albania. La comunità era divisa in pharas . I capi dei fara formarono alleanze all'estero per aumentare la loro influenza in patria, ei fara furono talvolta coinvolti in brogli civili. L'assistenza de' principali Fara fu sovente sollecitata e riccamente remunerata dai vicini Musulmani nei loro privati ​​feudi. I capi di Suliot, come gli altri capi di fara albanesi, raccolse quanti più seguaci armati possibile; ma le loro entrate erano scarse, e la costituzione della comunità Suliot era democratica, così che l'unico modo per premiare i seguaci era fare incursioni riuscite nelle terre di quei vicini che rifiutavano di acquistare l'immunità dalla depredazione. Come la maggior parte degli altipiani che abitano su montagne aride che dominano pianure fertili, riscuotevano contributi con implacabile rapacità ogni volta che potevano farlo impunemente. Depredavano con il nome di guerra, e consideravano la guerra l'unica occupazione onorevole per un vero Suliot. La povertà di questo territorio, che i Suliot detenevano in proprietà, e il loro numero, rispetto alle entrate del distretto su cui si estendeva la loro protezione,

Quando Ali Pasha assunse il governo di Joannina, nell'anno 1788, furono fatte molte denunce per la condotta illegale dei Suliot. Poco prima della sua nomina, avevano spinto le loro incursioni nella piana di Joannina e si erano resi così impopolari che Ali riteneva che non avrebbero trovato alleati. Perseguendo la sua politica di centralizzare tutto il potere nelle proprie mani, decise di distruggere tutte le comunità indipendenti del suo pashalik, musulmane o cristiane. La prudenza gli richiedeva di iniziare con i cristiani e le circostanze sembravano favorire le sue operazioni contro i Suliot. Ma quando li ha attaccati, tutti i loro vicini si sono allarmati, le recenti ferite sono state perdonate e si sono formate nuove alleanze. I bey musulmani e i governatori veneziani di Parga e Previsa fornirono loro segretamente aiuti,

Gli intrighi degli agenti russi attirarono l'attenzione del sultano sugli affari di Suli nel 1792 e di Selim III. ordinò ad Ali di rinnovare i suoi attacchi in un luogo che ora era considerato alla Porta come un nido di tradimento, nonché un vivaio di brigantaggio. Avendo la Russia abbandonato i suoi partigiani ortodossi alla pace di Yassi, Ali attaccò nuovamente i Suliot. Il loro potere non era così grande che Suli formò una piccola repubblica. Più in alto di sessanta villaggi e frazioni, abitati da contadini cristiani, rendevano omaggio ai Suliot. Quel tributo, è vero, consisteva solo in una piccola parte dei prodotti della terra. Il territorio di Suliot a quel tempo si estendeva su tutto il distretto montuoso su entrambi i lati dell'Acheronte, fino alla sponda occidentale del Caradra. Ma la comunità di Suliots era composta da sole 450 famiglie, suddivise in diciannovepharas , o unioni di famiglie. La forza militare non superava i 1500 uomini. Le controversie locali erano violente tra i capi dei pharas e le gelosie inestinguibili della società albanese avevano indotto i Suliot a dividere le loro abitazioni in quattro villaggi distinti o makhalá, chiamati Kako Suli, Kiapha, Avariko e Samoneva. Il nome di Kako Suli ricorda quello di Kakoilion, nell'Odissea Era un nome di terrore in Albania, oltre che di odio e di cattivo presagio.

L'attacco di Ali a Suli, nell'anno 1792, fallì completamente. Il suo numero gli permise di forzare i Kleisura da sud e di ottenere il possesso temporaneo di Kako Suli con l'assalto. Ma le truppe del pascià non poterono mantenere la posizione conquistata, e la loro perdita nel vano tentativo fu così grave che, ritirandosi dal villaggio, abbandonarono tutte le loro posizioni avanzate nella valle. Molti bey furono abbandonati dai loro seguaci, altri lasciarono il campo di Ali e l'abbandono divenne così generale che egli stesso tornò frettolosamente a Joannina. Le sue ostilità durarono solo tre settimane; ma l'attività e l'audacia mostrate dai Suliot nell'incessante schermaglia ch'essi facevano, accrescevano grandemente la loro riputazione militare. Purtroppo, la loro fiducia nei propri poteri divenne da questo momento così prepotente che perseguirono una politica più egoistica di prima. Cominciarono a pensare che la loro alleanza fosse una questione importante per l'imperatore di Russia e la Repubblica di Venezia, ed esercitarono la loro autorità sui cristiani nel loro territorio con maggiore severità, e saccheggiarono i loro vicini musulmani con maggiore rapacità.

Nel frattempo, il potere di Ali è aumentato costantemente. Si impadronì della ricchezza di molti ricchi aga, uccise molti potenti bey e ridusse alla sottomissione diverse comunità indipendenti. Nella primavera del 1798 prese possesso del territorio di una delle comunità cristiane da cui i reggimenti albanesi al servizio napoletano avevano tratto le loro reclute. Ali sorprese Nivitsa, sulla costa di Chimara, con l'assistenza del generale francese che comandava a Corfù, nel modo più traditore; e quando prese possesso del luogo, con la sua solita crudeltà mise a fil di spada tutti gli abitanti. Nell'autunno dello stesso anno ripagò i francesi delle concessioni criminali che avevano fatto per ottenere il suo favore, obbedendo agli ordini del sultano, e cacciandoli dai loro possedimenti nel sud dell'Epiro.

Ali volse ancora una volta le armi contro i Sulio, i cui intrighi con la Russia e la Francia avevano suscitato l'indignazione del sultano e l'allarme della popolazione musulmana dell'Albania meridionale. Ora utilizzava il tradimento segreto come mezzo di vittoria più efficace dell'aperta ostilità. Le rivalità e i dissensi dei fara gli permisero di conquistare diversi capi, che entrarono al suo servizio come soldati mercenari. Riuscì anche a catturare e trattenere diversi membri delle famiglie Suliot che si opposero ai suoi piani, come ostaggi, a Joannina. Foto Djavella, il più potente Suliot, divenne suo partigiano; e George Botzaris con tutti i suoi phara, entrò al suo servizio, e fu impiegato per custodire le terre dei Mussulmani e Cristiani coltivatori della terra, che giacevano fra il territorio di Suliot e la piana di Joannina, dalle incursioni de' loro concittadini. Con questa defezione la comunità perse i servigi di settanta famiglie, e di un centinaio di buoni soldati.

Le ostilità iniziarono nel 1799. George Botzaris iniziò le operazioni attaccando il posto avanzato dei suoi connazionali a Redovuni con un corpo di duecento truppe cristiane al servizio di Ali, ma fu completamente sconfitto e morì poco dopo. Come al solito in casi simili di tradimento e morte improvvisa, il rapporto diceva che era stato avvelenato. Il rapporto, tuttavia, affermava che la maggior parte delle morti nei domini di Ali Pasha in questo momento erano causate da veleno, così che se questi rapporti meritano credito, il commercio di droghe deleterie deve aver formato un fiorente ramo di commercio nel pashalik di Joannina .

Il tradimento è contagioso e Ali ha fatto tutto il possibile per propagare il contagio. Fece offerte elevate alla maggior parte dei capi Suliot, ma la sua infedeltà era troppo nota perché potesse guadagnare molti partigiani. Infine si rivolse a tutta la comunità. Dichiarò di essere deciso a reprimere tutte le depredazioni; e siccome era difficile per i Sulio ottenere i mezzi di sussistenza nelle loro montagne, li invitò ad emigrare in terre fertili, che si offrì di cedere loro. Se rifiutavano la sua offerta, li minacciava con odio implacabile, ostilità incessanti e inevitabile sterminio. Ai capi dei faraha fatto offerte segrete di denaro e pensioni a coloro che avrebbero lasciato Suli. Le sue offerte furono respinte, perché era evidente che questo scopo era solo di seminare dissenso tra il popolo e impedire ai capi di agire cordialmente insieme.

L'esperienza che Ali aveva acquisito con la sua sconfitta nel 1792, gli impedì di fare qualsiasi tentativo di assaltare la roccaforte dei Suliot una seconda volta. Durante il 1799 e il 1800 si limitò le sue operazioni a circoscrivere le incursioni dei Sulioti, occupando alcune postazioni forti, che fortificò con cura. In questo modo riuscì a rinchiuderli entro limiti angusti. I Suliot in questo momento erano impopolari e né i coltivatori cristiani della terra, né i greci in generale, mostravano molta simpatia per la loro causa. In effetti, molti capitani greci di armatoli prestarono servizio contro di loro nell'esercito di Ali.

Nell'estate del 1801 la fame cominciò a farsi sentire a Suli e molte donne e bambini furono trasferiti a Parga, da dove furono trasferiti a Corfù, che fu poi occupata dai russi, dai quali furono ben accolti. Per impedire ulteriori comunicazioni con Parga, che ora era l'unico luogo amico dell'Epiro, il pascià rafforzò i suoi posti a ovest; e per privare i Sulioti di ogni speranza di aiuto da parte degli Ortodossi, indusse il Clero Greco a dichiararsi contro di loro. Ignazio, metropolita di Arta, scrisse una circolare al suo clero, vietando ai cristiani della sua diocesi di prestare assistenza ai Sulioti, pena la scomunica. Ali stesso dettò una lettera al vescovo di Paramythia, a nome del suo superiore, il metropolita di Joannina.


La lotta finale ebbe luogo nel 1803. Il sultano supponeva, non senza motivo, che Ali fosse connivente al prolungamento della guerra; poiché sembrava impossibile che i Suliot avrebbero potuto resistere al potere del pascià di Joannina per più di quattro anni, se quel potere fosse stato vigorosamente impiegato. Essendo stata trasmessa a Costantinopoli l'informazione che i Suliot si erano procurati considerevoli rifornimenti di munizioni dalle navi francesi, la Porta inviò l'ordine perentorio ad Ali di insistere con maggiore attività sull'assedio di Suli. Finora i Sulioti, assistiti dalle loro mogli, avevano spesso passato di notte le linee degli assedianti, e saccheggiato villaggi lontani. Il bottino e le provviste ottenute in queste spedizioni furono portati indietro dalle donne, che erano abituati a portare sulle spalle pesanti fardelli per sentieri impraticabili per i muli. Nuovi post e vigilanza aggiuntiva interrompono questa risorsa.


L'eroe di Suli era un prete di nome Samuel, che aveva assunto lo strano cognomen de "Il Giudizio Universale". Si diceva che fosse un albanese della parte settentrionale dell'isola di Andros; ma sembra che abbia nascosto la sua origine, perché un eroe in Oriente deve essere circondato da un alone di mistero, sebbene Samuele possa aver voluto cancellare dalla sua memoria tutto ciò che riguardava il passato, per dedicare la sua anima alla lotta con i musulmani, che considerava il suo principale dovere sulla terra. Era un entusiasta della sua missione; e siccome faceva l'opera di Cristo, poco si curava della scomunica de' servili Vescovi greci. I Suliot, che generalmente guardavano con sospetto ogni straniero, ricevettero Samuele, quando venne tra loro per la prima volta come un ospite misterioso, con rispetto e timore reverenziale. Finalmente, nell'ora del pericolo, lo elessero, sebbene sacerdote e straniero, a loro capo militare. Il fervore religioso era l'impulso pervasivo della sua anima. La sua virtù di uomo, il suo valore di soldato, la sua prudenza nell'interesse della comunità e la sua totale abnegazione di ogni oggetto egoistico, lo fecero generalmente riconoscere dai soldati di tutte lepharas come capo comune, senza alcuna elezione formale. La sua condotta personale rimase immutata dal grado che gli era stato conferito, e, tranne che nel consiglio e nel campo, era ancora il semplice prete. Poiché non assunse mai alcuna superiorità sui capi dei fara , la sua influenza non suscitò gelosia.

Il 3 settembre 1803 le truppe di Ali si impossessarono del villaggio di Kakosuli, in conseguenza del tradimento di Pylio Gousi, che durante la notte fece entrare nella sua casa e fienile duecento albanesi musulmani. Gousi vendette il suo paese per la misera somma di dodici borse, allora pari a circa £ 300 sterline, che gli fu pagata da Veli Pasha, il secondo figlio di Ali, che condusse l'assedio. Il traditore pretendeva che il suo scopo fosse ottenere la liberazione di suo genero, che era stato trattenuto da Ali come prigioniero a Joannina. Considerava l'affetto alla sua stessa famiglia una scusa per il tradimento del suo paese, ma si preoccupava di riceverne il prezzo in denaro. Più o meno nello stesso periodo, anche un altro Suliot, di nome Koutzonika, disertò la causa dei suoi connazionali. La difesa del territorio di Suliot era ormai senza speranza.

Uno dei due colli che ricoprono l'accesso al burrone di Suli, chiamato Bira, era stato abbandonato dai fara di Zervas due mesi prima del tradimento di Gousi. Il tradimento mise gli assedianti in possesso di Kakosuli e Avariko. La seconda collina, chiamata Kughni, e il villaggio di Kiapha, erano le uniche roccaforti rimaste ai Suliot.

Samuel aveva la responsabilità delle riviste su Kughni e la posizione era difesa da trecento famiglie. Gli uomini sorvegliavano i sentieri accessibili, apposti dietro bassi parapetti di pietra chiamati meteris , e le donne portavano acqua e viveri a queste trincee sotto il fuoco degli assedianti, che li trattavano come combattenti. Il numero delle donne uccise e ferite durante la difesa di Kughni fu di conseguenza proporzionalmente grande. La piccola guarnigione scavava buche nel terreno al riparo delle rocce, e queste buche, quando erano coperte di pini, di spessi strati di rami e di terra ben battuta, formavano una protezione tollerabile dalla debole artiglieria dell'esercito del pascià.

Ali era estremamente ansioso di mettere al sicuro le persone di diversi capi Suliot. L'indulgenza della sua vendetta era uno dei suoi più grandi piaceri. Ordinò quindi a Veli di trattare con Photo Djavella, determinato, se avesse trovato l'opportunità di impadronirsi di qualcuno dei capi Suliot, di violare il trattato che suo figlio avrebbe potuto concludere. Il 12 dicembre 1803 fu firmata una capitolazione, con la quale i Suliot cedettero Kughni e Kiapha a Veli Pasha e Djavella; Drako e Zerva, con i loro phara, sono stati autorizzati a ritirarsi a Parga. Ali intanto mandò l'ordine di tendere un'imboscata sulla strada per Parga e di sequestrare i capi Suliot; ma gli aga di Paramythia, e alcuni degli armatoli dell'esercito di Veli, venendo a conoscenza del movimento, inviarono un avvertimento segreto ai Suliot, i quali, con una rapida marcia e un improvviso cambiamento di rotta nel punto di pericolo, sconcertarono gli infidi disegni di il pascià.

Samuele si rifiutò di fidarsi di qualsiasi capitolazione con Ali oi suoi figli, che sapeva che nessun giuramento avrebbe potuto vincolare. La caduta di Suli sembrò terminare la sua missione. Quando i Suliot ebbero lasciato la collina di Kughni, si ritirò nella polveriera con un fiammifero acceso, dichiarando che nessun infedele avrebbe mai dovuto usare contro i cristiani le munizioni affidate alle sue cure, e morì nell'esplosione.

Gli egoisti Suliot che avevano concluso trattati separati con Ali Pasha - Botzaris, Koutzonika e Palaska - non ottennero altro che disgrazia abbandonando i loro connazionali. Avevano preso la loro residenza a Zalongo con una promessa di protezione, ma Ali, appena preso possesso di Kiapha, inviò un corpo di truppe per attaccarli di sorpresa. Circa centocinquanta persone furono sequestrate e ridotte alla condizione di schiave. Venticinque uomini furono uccisi mentre si difendevano, e sei uomini e ventidue donne si gettarono su un precipizio alle spalle del villaggio, per evitare di cadere nelle mani dei loro disumani persecutori. I soldati albanesi, tornati a Joannina, dichiararono di aver visto diverse giovani donne gettare i loro bambini dalla roccia, e poi balzare giù a loro volta. Di seguito sono stati trovati i corpi di quattro bambini. Botzaris riuscì a radunare circa duecento persone e la resistenza che lui ei suoi compagni offrirono ai loro assalitori permise a questo corpo di fuggire. I soldati di Ali non erano così sanguinari come il pascià. Dopo alcune scaramucce, Botzaris fu autorizzato a ritirarsi con le donne ei bambini a Parga. Ma la crudeltà di Ali era insaziabile. Ordinò che le famiglie Suliot, che vivevano disperse in luoghi diversi, fossero assassinate; e mandò settanta famiglie, che si erano arrese all'inizio delle ostilità, e che aveva trattato con gentilezza fino alla capitolazione di Suli, ad abitare nei luoghi più malsani del suo pashalik. I soldati di Ali non erano così sanguinari come il pascià. Dopo alcune scaramucce, Botzaris fu autorizzato a ritirarsi con le donne ei bambini a Parga. Ma la crudeltà di Ali era insaziabile. Ordinò che le famiglie Suliot, che vivevano disperse in luoghi diversi, fossero assassinate; e mandò settanta famiglie, che si erano arrese all'inizio delle ostilità, e che aveva trattato con gentilezza fino alla capitolazione di Suli, ad abitare nei luoghi più malsani del suo pashalik. I soldati di Ali non erano così sanguinari come il pascià. Dopo alcune scaramucce, Botzaris fu autorizzato a ritirarsi con le donne ei bambini a Parga. Ma la crudeltà di Ali era insaziabile. Ordinò che le famiglie Suliot, che vivevano disperse in luoghi diversi, fossero assassinate; e mandò settanta famiglie, che si erano arrese all'inizio delle ostilità, e che aveva trattato con gentilezza fino alla capitolazione di Suli, ad abitare nei luoghi più malsani del suo pashalik.

I Suliot che fuggirono a Parga passarono nelle Isole Ionie, dove furono accolti con ospitalità dai Russi. Molti entrarono nel servizio russo; ma quando il trattato di Tilsit trasferì alla Francia il possesso delle Isole Ionie, la maggior parte dei Sulioti passarono dai Russi al servizio francese. Solo pochi che, come Palaskas, furono impopolari per la loro condotta durante la caduta di Suli, lasciarono Corfù con i russi.

Ali Pasha costruì un forte forte a Kiapha e convertì la chiesa di San Donato, il santo patrono di Suli, in una moschea. Alcuni albanesi musulmani, della città natale del pascià di Tepelin, furono stabiliti come guardie del distretto al posto dei Suliot. I contadini cristiani tornarono a coltivare la terra, e per diversi anni trovarono gli agenti del pascià padroni meno esigenti e rapaci dei superbi e bisognosi Suliot.

Le uniche comunità cristiane dell'Albania meridionale che conservavano ora il diritto di portare le armi erano gli abitanti di alcuni villaggi di montagna tra le rocce aride di Chimara.

Tale era la posizione dei cristiani ortodossi di razza albanese, nel pashalik di Joannina, quando Ali Pasha fu dichiarato ribelle dal sultano Mahmud.

 Fonte: https://books.google.it/books?id=KEUOAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=Alexander%20the%20Great&f=false