Senza una donna un rifugio può essere qualsiasi cosa, un magazzino, una grotta, un capannone, un dormitorio, un albergo, ecc, ma non sarà mai una casa. Nella leggenda di Rozafa, il popolo albanese ha codificato con precisione questo credo quasi una fede proveniente dal tempo immemore della nascita umana: la donna è l'anima della casa e della famiglia. Tre fratelli mettono pietre sopra pietre per costruire un castello ma di notte quelle pietre crollavano sempre. Ai fratelli viene consigliato dall’oracolo un sacrificio umano: una donna viva. No, molto di più! Viene chiesto il sacrificio di una madre, di una giovane madre, della ninfa protettrice della vita.
In tutti gli antichi popoli troviamo un fenomeno simile, che è correlato ai sacrifici del mondo pagano, ma anche della religione monoteistica, come è il caso di Abramo, che è pronto a sacrificare il figlio, Isaco, per il bene di Dio. Rozafa (alb: Fato / Destino di Rosa) non si rifiuta e consapevole del fatto che non poteva cambiare il destino della sua tragedia, chiede in occasione della muratura, che il suo petto non venga murato, così che suo figlio neonato possa continuare ad essere allattato ancora per alcuni giorni. Nel flusso logico della storia di Rozafa, per proteggere la sua creatura, lei avrebbe combattuto per rimanere viva. Perché? Proprio perché nella donna, forte come l'istinto materno esiste anche la responsabilità dell'anima verso la casa, verso la famiglia. Anche per questo, lei sacrifica la propria vita continuando la sua maternità anche oltre questa vita! Quella madre vive per suo figlio fino al suo ultimo respiro.
La divisione in due metà uguali di questa giovane madre è la straordinaria metafora di questa perfetta simbiosi della madre - donna. Più precisamente: la famiglia, alla quale lei dà tutto il significato: con amore, con la nascita e la crescita dei bambini, con le sue cure, con i suoi sforzi e in fine con il suo sacrificio. La metà del suo corpo Rozafa lo vuole lasciare fuori dal muro del castello per prendersi cura del suo bambino mentre l'altra metà glielo dona alla casa. Con il gesto di accettare di essere murata viva Rozafa diventerà l’anima del castello e il castello secolare rimarrà in piedi e custodito da una donna. Questa è la lezione di fondo della leggenda: ciò che è in grado di creare una donna non sono in grado di creare e di conservare gli uomini anche se ci mettessero tutta la loro vita. Questa è la forza, l'autorità, la santità delle donne! Bastava la presenza fisica della donna che l'ambiente prendesse la sua forma, che quei muri diventassero casa e immortali. Così la donna albanese ha esercitato il suo potere millenario, senza urla, senza ordini, senza violenza, senza pretese, senza capricci ma semplicemente con la sua autorità assoluta e divina elargiti dalla natura e da Dio.
Il noto filosofo tedesco e l’albanologo Johannes Von Hahn - che si è occupato molto sugli elementi autoctoni degli albanesi nella penisola balcanica - scrisse: "L'antica tradizione albanese ha conservato moltissimi motivi arcaici, i più nitidi e i più fedeli dell’antichità rispetto a quelli dei popoli vicini.” [“Albanesische Studien” 1854.]
Nel patrimonio culturale albanese, nelle storie antiche e nelle leggende che sono giunte fino ai giorni nostri, troviamo molti motivi simili e/o identici ai motivi omerici nell’Iliade e dell’Odissea. La risurrezione è uno dei motivi di carattere pre-biblico nell'epos albanese e nelle fondamenta delle ballate mostrandosi come morte temporanea. Gli eroi dell’epos albanese si alzano dalle tombe dopo 100 anni come se in quel frangente di tempo avessero fatto un riposino. La risurrezione di questi eroi ha uno spirito umanistico ed è una forma di eternità: gli eroi quando la loro epoca finisce non muoiono e non vengono sepolti, non hanno nemmeno posti di pellegrinaggio, ma si chiudono nelle caverne delle montagne. Questo aspetto è visto in un livello comparativo con il motivo della Bibbia, con il sogno dell'uomo per essere eterno, con il concetto di eternità come una maledizione, con il concetto evangelico dell'eternità, con la risurrezione laica nella letteratura umanistica.
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